26/8/2016 ● Cultura
La crescita, il “mondo furioso”, la tecnica e altre questioni
Ho già segnalato un pensiero di papa Francesco (cfr. articolo in data
14.4.2016) che stigmatizza “l’idea di una crescita infinita o illimitata, che ha
tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia.
Ciò suppone la menzogna circa la disponibilità infinita dei beni del pianeta,
che conduce a ‘spremerli’ fino al limite e oltre il limite” (enciclica sociale
Laudato sì).
Abbiamo esaurito le risorse – sottolinea la scrittrice Naomi Klein nel suo libro
“Una rivoluzione ci salverà” (perché il capitalismo non è sostenibile) editore
Rizzoli, 2015. La Klein presenta fatti, cifre. Ad esempio, è un fatto che i
paesi ricchi delocalizzino le produzioni inquinanti nei paesi in via di
sviluppo, emettendo sei volte di più. Abbiamo sognato ad occhi aperti che tanto,
alla fine, la tecnologia ci avrebbe salvato ad appena un passo dal punto di non
ritorno. “La mobilitazione ecologista deve essere mondiale, o non sarà”.
Oggi, come sostiene il professore Umberto Galimberti (cfr. D la Repubblica, 25
giugno 2016), “sia il datore di lavoro che il dipendente, sono dalla stessa
parte, avendo come controparte il mercato. E come fai a prendertela con il
mercato? Il mercato è nessuno, anche se tutti sappiamo che dietro a quel nessuno
c’è l’1% che detiene o governa i soldi di tutti. Il mercato ci allucina poi con
la menzogna della crescita, quando tutti sappiamo che l’Occidente non può più
crescere perché, se è vero come dice il Programma delle Nazioni Unite per lo
Sviluppo, che noi occidentali, che siamo poco meno di un miliardo, per mantenere
l’attuale tenore di vita abbiamo bisogno dell’80% delle risorse della Terra,
cosa pensiamo che facciano gli altri sei miliardi che popolano il pianeta? Che
stiano a guardare inermi una nostra ulteriore crescita?”. Da quanto precede si
può concludere che si insegue ciecamente la crescita economica, ma ci siamo mai
chiesti se questo processo sia sostenibile? La gran parte degli indicatori
ambientali ci dicono che abbiamo superato di gran lunga i limiti della
sostenibilità. Conseguentemente un qualche tipo di decrescita economica appare
inevitabile. “La decrescita è una corrente di pensiero politico, economico e
sociale favorevole alla riduzione controllata, selettiva e volontaria della
produzione economica e dei consumi, con l’obiettivo di stabilire relazioni di
equilibrio ecologico fra l’uomo e la natura, nonché di equità fra gli esseri
umani stessi” (cfr. Wikipedia, l’enciclopedia libera). Come ha affermato Serge
Latouche è necessario ed urgente un “cambio di paradigma”, di un’inversione di
tendenza rispetto al modello dominante della crescita basato sulla produzione
esorbitante di merci e sul loro rapido consumo.
Ora occupiamoci, in estrema sintesi, del libro “Mundus Furiosus” di Giulio
Tremonti in uscita per Mondadori. Internet, le globalizzazioni, la crisi, nel
saggio appena detto. L’avvento della rete ha avviato particolari dinamiche, dove
consenso e dissenso si mescolano. Giulio Tremonti volge lo sguardo indietro di
vent’anni (il mondo, l’Europa non sono più gli stessi). L’autore racconta che
tre codici erano dominanti: quello ‘politico’ (la democrazia occidentale), un
codice economico (il dollaro), un codice l’inguistico (l’inglese). C’era un Gì7
nel quale si concentrava il potere mondiale, non c’era la globalizzazione. I
compiuter aiutavano l’uomo e non gli sottraevano il lavoro, non c’era l’euro e
la finanza faceva quello che doveva fare. Tremonti pensa a un progetto di
Confederazione per rilanciare su basi diverse l’Europa. Furiosus è il mondo di
oggi: dalla crisi della finanza alle migrazioni di massa, dalle macchine
digitali che distruggono il ceto medio rubandogli il lavoro alle nuove guerre
“coloniali”. Insomma il libro ha due chiavi di lettura: una descrittiva degli
avvenimenti in corso, l’altra per dire “io ve l’avevo detto”. Cito il prof.
Galimberti : “oggi la signoria non è più del Signore, ma del Mercato, divenuto
mondiale e alle sue spalle si muovono potenze finanziarie difficile da
individuare, le cui mosse sono imprevedibili…”
Termino la breve rassegna delle questioni di cui al titolo del presente articolo
con Sapere aude!, “abbi il coraggio di servirti del tuo stesso intelletto!”. E’
questo il motto dell’Illuminismo, che, per Kant, <<è l’uscita dell’uomo da una
condizione di minorità di cui è egli stesso responsabile>>. Naturalmente occorre
assumere verso chi non è d’accordo con noi l’atteggiamento di chi ipotizza che
l’altro, con la sua tesi opposta alla nostra, possa avere un potenziale di
verità superiore. “Solo così – sottolinea il professor Umberto Galimberti – è
possibile iniziare un dialogo, che invece è impossibile per chi ritiene di
essere in possesso della verità assoluta”.