14/7/2016 ● Agricoltura
L'egemonia del neoliberismo è davvero finita?
L'economia capitalistica neoliberale, oscurantista, popolata da squali della
finanza e da opportunisti sanguisughe, per continuare a crescere, ha fondato il
suo concetto sullo spreco delle risorse ambientali e sul costo più basso
possibile; concentrando la ricchezza in pochissime mani, quasi tutte dedite alla
speculazione finanziaria e non agli investimenti produttivi.
La crisi ha prodotto delle diseguaglianze sempre crescenti, ha innalzato
barriere sempre più alte tra la parte ricca della popolazione e la parte che una
volta era il ceto medio; ha creato un terremoto sociale.
Peggio: ha provocato danni quasi irreversibili alla sostenibilità della crescita
e non solo per alcuni.
E'arrivato il tempo, prima era innominabile, ed era ora, che dopo decenni, il
Fmi (Fondo monetario internazionale) ha rinnegato la sua creatura, il
neoliberismo, iniquo e dannoso; quella creatura che ha creato estreme
diseguaglianze.
Questo per quanto si è letto sulla rivista dell'Fmi a firma del vice-economista
capo Jonathan D. Ostry, Prakash Loungani e Davide Furceri.
E' stato scritto che <<.. invece di produrre crescita, alcune politiche
neoliberiste hanno accresciuto la disuguaglianza, mettendo a rischio
un'espansione durevole>>.
I due pilastri che hanno retto per anni questa distruttiva tesi:
- la liberalizzazione dei capitali in altri Paesi;
- il consolidamento fiscale alias l'austerity (il taglio della spesa pubblica in
un Paese indebitato).
Sul primo punto, la improvvisa ricchezza di questi Paesi, per un ben 20%, si è
tradotta poi in un'altrettanto grave impoverimento.
In merito al secondo punto, le politiche di austerità non solo hanno generato
sostanziali costi del welfare dovuti a distorsioni sul lato dell'offerta (salari
e flessibilità ) ma hanno danneggiato anche la domanda, peggiorando così la
disoccupazione.
In pratica una riduzione della spesa pari ad un punto percentuale del Pil
prodotto fa aumentare la disoccupazione di un 0,6% ed un aumento di 1,5 punti
dell'indice Gini (misura la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o
anche della ricchezza). Peggio di così...
Per ritornare al titolo dell'articolo, prove di questo ripensamento sono stati i
titoli di diversi giornali qualificati come il britannico Guardian: " Morte del
neoliberismo dal di dentro", dell'americano Time: " Ripensamenti dei veri
credenti della globalizzazione", o del Fortune: " Anche il Fmi ora ammette che
il neoliberismo ha sbagliato", o Forbes: " Anche il Fmi vede 30 anni di
neoliberismo come uno sbaglio".
E' arrivato il momento di riconsiderare il tutto visto che questa lunga e
distruttiva crisi ha portato a far riflettere, ed era ora, che, visti i pessimi
risultati, il metodo attuato non poteva essere quello giusto.
Ed a nostre spese, in molti, stiamo ancora portando sulle nostre spalle questo
gravoso fardello.
Ci sono state catastrofi (Grecia insegna, come pure in Italia) e le terapie
propinate in tutti questi anni non sono state per nulla efficienti viste le
risultanze.
Si spera che i negoziati sul Ceta ( Trattato economico UE-Canada) ed il TTIP
(Trattato di libero scambio UE- USA) non causino ulteriori danni, l'ennesimo
"anello al naso" colonialista, vista la sbilanciata globalizzazione verso le
multinazionali e che vengano davvero attenzionati da persone competenti e non da
yes-man. Caso contrario,sarebbe davvero la fine.
A questo punto, fortunatamente, essendo stato ammesso l'errore perpetrato in
tanti anni; è opportuno che si rivedano queste strategie economiche e che
prevalga, a vantaggio di tutti, la tutela della dignità umana e dello stesso
lavoro perché: sbagliare è umano ma perseverare è diabolico.
A vantaggio di un Pianeta dove certamente si vivrebbe meglio, per il bene di
tutti.