17/3/2016 ● Agricoltura
Agricoltura italiana? Alla crisi si è unita la disgrazia
L'Italia agricola è danneggiata da tutto e da tutti. E' sulle sabbie mobili.
Così come messa è difficile che possa salvarsi. Questo, visto dal basso, da chi
è a stretto contatto con la terra da oltre 40 anni. Da chi vive ancora ed ha
vissuto con i patemi d'animo e le preoccupazioni che questo mondo dà, da sempre.
La politica odierna sta prendendo per i fondelli il mondo agricolo nascondendo
la verità.
I sottorifugi, le imposizioni, che ci provengono dall'UE, avallate dai "nostri"
e quelle che ci proverranno dal TTIP imposte dagli USA, mortificano i
coltivatori italiani ed acuiscono ancor di più la crisi del settore agricolo.
Che siano arance, pomodori, olio d'oliva, grano duro, miele, latte o carne, la
vittima predestinata rimane sempre l'economia agricola non più sostenibile o
meglio: il mancato reddito.
Lo si ripete per l'ennesima volta: la globalizzazione senza regole ha devastato
il settore che, oramai, è allo stremo.
Non è possibile competere con Paesi dove il costo del lavoro è molto più basso
del nostro, si vuole al mancato rispetto delle regole di assunzione; all'uso di
fitofarmaci o, almeno di quelli da noi non più in uso; al mancato rispetto delle
regole igienico-sanitarie; e non per ultimo, al rispetto dell'ambiente e della
persona.
Questa non può chiamarsi che concorrenza sleale della peggior specie ed a
rimetterci sono sempre la salubrità delle derrate, i consumatori ed i relativi
produttori delle materie prime. Concorrenza che porta a produrre a prezzi sempre
più sottocosto e di bassa qualità.
Unita alla burocrazia ed alla fiscalità, che svantaggia il coltivatore italiano
rispetto a quelli degli altri Paesi, non solo della UE, rischia di dare il colpo
di grazia al settore.
Basti pensare che ogni anno, un'azienda agricola per stare in regola mediamente
produce circa 4 chilometri di carta con una spesa di circa 7.000 euro.
Tutte queste importazioni, che di anno in anno aumentano sempre più, portano
all'abbassamento dei prezzi al coltivatore, prefigurando tre cose:
a) il fallimento dell'azienda agricola e quindi la morte delle piccole e medie
imprese;
b) la fine dei prodotti-simbolo del vero Made in Italy, quelli della dieta
mediterranea.
c) l'interesse ad acquistare e la fortuna a subentrare di chi si trova in una
posizione economica dominante, europeo o no.
Fortuna scaturita anche dall'attrattiva del marchio Made in Italy.
L'imprenditore italiano ha faticato per farlo affermare...ed ha corso per 90
metri; Il nuovo acquirente, estero, ...corre gli ultimi 10 metri e "fresco di
soldi".....vince la corsa. Tutto qui. Questa sarà la nuova Italia del futuro: il
made in Italy in mano ad altri nel disinteressamento di chi governa.
A proposito di importazioni, non si puntualizza, ormai conosciuta da tutti, la
faccenda dell'importazione delle 35.000 tonnellate di olio d'oliva tunisino
senza dazi. Al Parlamento Europeo dei 500 favorevoli sono stati del PD ben 12;
107 contrari e 47 astenuti. Si sanno i loro nomi.
Alcuni, disertano pure i Consigli europei e quando vengono in Italia, per
sponsorizzarsi o sponsorizzare l' amico di turno, nelle varie regioni parlano
pure dei PSR 2014-2020!!! Dicono pure di essere "vicini" al mondo agricolo! Di
aiutarlo! Ma quale? Ma di chi?
Invece, forse, è passata in silenzio la questione del pomodoro concentrato della
Cina che per i primi 11 mesi del 2015 l'Italia ha importato. Ben il 680% in più
rispetto all'anno precedente (dati ISTAT). Il prodotto arriva in fusti da 200
kg, viene rilavorato e quindi confezionato come italiano. Al dettaglio vige
l'obbligo di indicare solo la sede di confezionamento ma non quello di
coltivazione del pomodoro. L'obbligo della etichettatura di origine degli
alimenti? Vale solo per la passata di pomodoro ma non per i sughi pronti o il
concentrato. E d'altronde, è il "rispetto" delle regole comunitarie!
Bisogna vedere con queste regole sopra menzionate e il prezzo del pomodoro da
industria che a dir poco , offende la dignità del produttore, (si vocifera, al
Nord, di € 7,5 ql... salvo imprevisti) quanti ettari verranno coltivati
quest'anno a pomodoro! E dell'acqua che certo non ci regalano i gabellieri
consorzi di bonifica cosa ce ne facciamo? O si coltiveranno le barbabietole da
zucchero a.... prezzi da fame? O le orticole che addirittura vengono lasciate
marcire nei campi?
Dov'è la tutela, il rispetto per il lavoro agricolo? Dove sono i benefici?
Gli onorevoli, i senatori, gli europarlamentari parlino, ci spieghino, ci
delucidino.
Basta a questo stillicidio, a questa guerra tra poveri, a questi conflitti
all'interno della stessa agricoltura europea, africana, del Centro America,
degli USA o del Canada.
Basta alla mercificazione del cibo, perché il cibo non è una merce, non è
sfruttamento di popoli, chiunque essi siano.
Una cosa è certa: il mondo agricolo nazionale muore nell'indifferenza di chi
dovrebbe impegnarsi a tutelarlo.