15/3/2016 ● Cultura
Il mondo del lavoro: raccomandazioni e clientelismi, cosa è cambiato?
Un Vescovo vive tra la gente, ascolta e incontra quotidianamente tante
persone che gli chiedono un colloquio; la maggior parte delle volte si tratta di
richieste di lavoro da parte di giovani, e di non giovani disoccupati con
famiglie da mantenere.
Ma il vescovo non ha la bacchetta magica né poteri che erroneamente gli vengono
attribuiti; le raccomandazioni personali non sono moralmente accettabili perché
ogni volta si offende e si fa un torto a un escluso.
Si sperimenta però un senso di impotenza e di frustrazione per non poter
rispondere alle appassionate richieste di aiuto, ma anche di forte critica e
contestazione di un sistema ancora inquinato da miopie, discriminazioni,
inefficienze, soprusi, autoritarismi, particolarismi campanilistici e
clientelari.
La Diocesi negli ultimi anni ha affrontato il problema del lavoro (soprattutto
giovanile) promuovendo alcune esperienze (servizi Caritas, Policoro, Un Paese
per giovani e altre sono in progetto) che in qualche modo possono essere
occasione per alcuni di uscir fuori dal tunnel della disperazione, ma è una
goccia nel mare magnum dei bisogni e delle urgenze.
Nel nostro territorio la disoccupazione giovanile raggiunge percentuali
abbastanza preoccupanti; sono molti i giovani,che pur in possesso di diplomi e
lauree e titoli professionali importanti, sono costretti ad emigrare, non solo
in altre città italiane ma anche all’estero. In questo panorama triste e
deludente persiste la convinzione che per accedere al mondo del lavoro sia
necessario ricorrere al vecchio metodo della raccomandazione, al sistema
collaudato del clientelismo politico, di amicizie importanti in certi ambienti.
Tocchiamo purtroppo quasi quotidianamente che questo, che è un vero e proprio
tarlo del mondo del lavoro, inquina le coscienze, distrugge le speranze di tanti
giovani. Non di rado questo sistema mostra l’aspetto crudele e vergognoso della
corruzione: bisogna “pagare pedaggio” per ottenere ciò che spetterebbe di
diritto o che si potrebbe ottenere attraverso percorsi onesti di selezione,
regole chiare di assunzione, trasparenza di metodi e richieste di
professionalità. Tanti giovani non sono trattati con dignità, le loro richieste
trovano muri e opposizioni, i loro curricula sono carta straccia se non si ha un
protettore.
E la politica sembra non aiutare, anzi, alimentare un sistema che sembrava
prerogativa di altri tempi, quando nel nostro territorio tutto era deciso da
pochissimi, ogni nomina, ogni incarico, dal più semplice fino all’alto
dirigente.
La svolta non c’è stata, la rivoluzione culturale è stata una illusione; il
consenso è generato dai voti, questi vengono da favori personali, soprattutto
promesse di lavoro (che tra l’altro spesso non vengono mantenute e quindi si
rivelano inganni).
Accanto alla politica, gli altri settori delle istituzioni e della realtà
pubblica non sono esenti da questi retaggi che di fatto umiliano e calpestano la
dignità delle persone.
Papa Francesco incontrando sabato 27 febbraio la Confindustria in Vaticano ha
avuto parole chiare:
“E che dire poi di tutti quei potenziali lavoratori, specialmente dei
giovani, che, prigionieri della precarietà o di lunghi periodi di
disoccupazione, non vengono interpellati da una richiesta di lavoro che dia
loro, oltre a un onesto salario, anche quella dignità di cui a volte si sentono
privati? … Dinanzi a tante barriere di ingiustizia, di solitudine, di sfiducia e
di sospetto che vengono ancora erette ai nostri giorni, il mondo del lavoro, di
cui voi siete attori di primo piano, è chiamato a fare passi coraggiosi… La
vostra via maestra sia sempre la giustizia, che rifiuta le scorciatoie delle
raccomandazioni e dei favoritismi, e le deviazioni pericolose della disonestà e
dei facili compromessi”.