29/1/2016 ● Cultura
Fondamento dei diritti umani è la dignità della persona, oggi c'è una crisi di solidarietà
Siamo ancora lontani dalla realizzazione di quel che dice l’articolo 1 della
Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948 : “Tutti gli esseri
umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”. La natura dei diritti
umani, la loro difesa, la loro legittimazione, la loro implementazione, sono
tutte questioni che sollevano problemi, la cui soluzione ha anche natura
teorica. Vale la pena quindi parlarne e provare a chiarire di cosa si tratti,
perché questo è il modo migliore che abbiamo per capire come applicarli, come
difenderli, come garantirli. Da questa premessa chiediamoci : che rapporto c’è
fra l’identità collettiva, l’essere noi parte di un sistema di valori,
tradizioni e cultura, e nozioni tipicamente individualistiche com’è quella dei
diritti umani? E’ possibile sostenere diritti validi per ciascun individuo
universalmente anche in presenza di identità collettive differenti? Tutto questo
in che modo si correla alle condizioni economico-sociali in cui individui e
gruppi si trovano? Papa Benedetto XVI ci ammonisce che “non bisogna affidare i
diritti umani a mutevoli opinioni. Essi abbisognano di un fondamento stabile,
non relativo, non opinabile. Tale fondamento è la dignità della persona”. Il
premio Nobel Amartya Sen sostiene che la natura dei diritti umani è
essenzialmente morale. Questo significa, a suo avviso, che la nozione dei
diritti umani è peculiarmente universale. Esplicita è la sua presa di posizione
quando sollecita a guardare alla povertà come deprivazione delle diverse
dimensioni che costituiscono la vita umana e quando solleva, in prospettiva, il
problema dell’affermazione dei diritti umani sia sotto il profilo civile e
politico sia sotto quello sociale ed economico perché questo significa mettere
ciascuno nella possibilità di praticarli. Un’altra considerazione da fare è che
viviamo in un mondo globalizzato. Un solo sistema interdipendente che deve
ricostruire le regole della convivenza. Non siamo più singoli paesi che
definiscono le loro relazioni alla luce degli interessi interni. La
globalizzazione ci obbliga al confronto con una serie di alterità culturali, con
civiltà ed esperienze diverse. Ciò detto, le presenti considerazioni hanno lo
scopo di fornire un contributo all’analisi della natura e della difesa dei
diritti umani. Nell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 30 settembre 2015
a New York il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon, in merito al tema
dell’immigrazione, ha sottolineato : <<E’ una tragedia umana che richiede una
risposta politica collettiva determinata; è una crisi di solidarietà, non di
numeri. Sono inorridito e straziato per le morti di rifugiati e migrandi nel
Mediterraneo e in Europa. E’ il sintomo di problemi più profondi, violazione dei
diritti umani, fallimento dei Governi, che non lasciano alla gente altra scelta
se non quella di fuggire>>.
Ora qualche cenno sul reato di clandestinità, ovvero di quello che il senatore
Manconi (Pd) definisce un “presupposto perverso”, che trasforma automaticamente
l’immigrato in un criminale. <<Un reato orribile, che punisce non per ciò che si
fa ma per ciò che si è. Non per un delitto commesso, ma per una condizione di
vita : migrante, fuggiasco, povero. (…) Il reato di clandestinità è inutile e
mette l’immigrato appena sbarcato sulle nostre coste in una condizione criminale
per il solo fatto di esistere e non perché abbia commesso qualcosa di contrario
alla legge. Si è criminali in automatico nel momento in cui non si hanno
documenti regolari. (…) Se non si consentono in prima battuta ingressi legali,
si chiudono subito tutte le altre strade conformi alla legge, compresa la
ricerca del lavoro. E si fornisce facile manovalanza alle organizzazioni
criminali. E’ un’utopia negativa e ridicola pensare di fermare i flussi
migratori intensificando i pattugliamenti e aumentando il numero di motovedette…
E’ purtroppo evidente che il “reato di clandestinità” non contribuisce in alcun
modo a contenere i flussi migratori, mentre aggrava ulteriormente il contenzioso
giudiziario penale>>. L’alternativa, secondo Manconi, alla “catastrofe
umanitaria” sia una sola : la capacità di “governare il fenomeno”. Una capacità
che deve essere necessariamente “condivisa”. Senza dimenticare quanto detto da
Gesù: <<Ero forestiero e mi avete ospitato>> (Matteo 25).