11/12/2015 ● Cultura
Creare cittadinanza con il patrimonio culturale: l’eterna lotta tra fame e conoscenza
“Una radicata tradizione vuole che, durante una carestia del Seicento, tanto
dura “da far morire di fame anche i sassi”, un apparente benefattore capitasse a
Dossena, piccolo centro della Val Brembana, con un carico di farina: era un
mercante di quadri, che facendo conto sulla disperazione degli abitanti
intendeva barattare quel cibo con i quadri degli altari nella Pieve, tra i quali
spiccava un Paolo Veronese. Come finì la storia lo racconta una meravigliosa
epigrafe, intorno al 1925, sotto il portico di quella chiesa:
In tempi di dura carestia
al popolo di Dossena
qui adunato a suono di campana,
venne offerto frumento
in cambio di quadri.
Ma la forte gente di questa terra
a una voce il baratto rifiutò
ed i quadri prescelse, e la sua fame.
[Citazione dal “Bollettino del FAI” (2009), in T. Montanari “Privati
del patrimonio”, Einaudi, 2013]”.
Purtroppo in Italia la fame non salvò tante opere d’arte. Leggendo un qualsiasi
catalogo d’arte dedicato, non a caso, a Carlo Crivelli (il maestro di Michele
Greco di Valona), emerge la dispersione del patrimonio quattrocentesco
dell’artista, soprattutto tra l’Ottocento e il Novecento, nell’eterna lotta tra
fame e conoscenza.
Cito un episodio dai documenti della memoria storica di Guglionesi.
Nella prima metà del Novecento a Guglionesi fu deciso, per varie ragioni di
intensa “povertà”, di provare a vendere i quadri rinascimentali di Michele Greco
di Valona. Tra i “quadri antichi” in vendita, anche l’immagine di S. Adamo, la
più antica raffigurazione d’arte conservata “da questa terra” dopo il furto del
capo-reliquiario in argento, l’opera di Nicola de Argentis datata (caso più
unico che raro nel mondo dell’arte!) nel 1153.
Da Roma a Guglionesi giunse un esperto d’arte (uno studioso? Forse un mercante?)
per definire autorevolezze e quotazioni di varie opere della Collegiata di Santa
Maria Maggiore. Pur tuttavia, oltre ad un evidente errore di attribuzione
(almeno leggendo i documenti conservati), le quotazioni furono evidentemente
basse, …da mercante! La ipotizzata vendita non avrebbe permesso la raccolta di
quei fondi economici necessari alle esigenze per le quali si pensò, appunto, di
disfarsi dei capolavori d’arte del primo Cinquecento a Guglionesi.
L’educazione e la formazione all’esercizio dei valori costituzionali nella
creazione della cittadinanza estinguono ogni forma di “carestia culturale”
nell’eterna lotta tra la fame – oggi magari meno di cibo! – e la conoscenza
(cioè la valorizzazione del “genius loci”).
“La Costituzione ha reso il patrimonio storico e artistico della nazione
italiana un insostituibile luogo di incontro, libero dal mercato e dedicato alla
produzione e alla distribuzione della conoscenza” [Tomaso Montanari, in “Privati
del patrimonio”].
Oggi anche la cultura di Guglionesi, nel mondo dell’arte, si nutre di dipinti
straordinari nel loro linguaggio umanistico, in particolare dell’eredità
crivellesca di “Michele Greco di Valona”.
Perciò ogni opera d’arte, in quanto consapevolezza del “genius loci”, oltre ad essere un
luogo libero e insostituibile di incontro, è frumento vitale alla cittadinanza
in ogni forma di carestia non solo culturale.