4/12/2015 ● Cultura
"La famiglia tradizionale" [1/3]: "L'autorità del padre"
L’AUTORITA’ DEL PADRE : UNA DIFFICILE TRANSIZIONE INTERNA AL RUOLO DI
GENERE
Arcangelo Pretore
Tratterò , isolandolo dalla molteplicità di altri aspetti della storia locale
recente, pure concomitanti e concorrenti, la dipendenza economica dei figli dai
padri ; una subalternità che è spesso passata inosservata , data per acquisita
in ragione dalla loro naturale discendenza biologica, nonché dal diritto
consolidato dei figli ad ereditare i beni materiali dei genitori . Un collaudato
esercizio del potere economico sulla discendenza da parte dei “patres ”
facilitato dalla possibilità di ” poter assegnare ” beni in vita ai figli . Una
disponibilità economica personale o familiare che , attivabile soprattutto
attraverso l’istituto giuridico della “donazione”, di fatto un anticipo di
successione ; una diffusa , perfino economica , modalità di trasmissione
patrimoniale che, soprattutto nell’assegnazione dei terreni , ha rappresentato
nel nostro territorio un aspetto rilevante per le prospettive occupazionali
future dei figli, predisponendoli , per estensione , al lavoro dei genitori ;
perpetuandolo , spesso di malavoglia , integrando allo stesso tempo nell’azienda
di famiglia giovanili unità lavorative . Una limitazione in termini di scelte
del futuro dei figli per certi versi paradossale che, pur garantendo occupazione
, qualora fosse stato libero dal condizionamento dall’anticipo patrimoniale o
dalla naturale ereditarietà avrebbe potuto indirizzare altrimenti le mai sondate
altre attitudini dei figli verso più congeniali altre occupazioni .Ma per buona
parte delle nostre discendenze locali , per un’atavica specie di ”maledizione”,
inscritta nella nostra cultura contadina, il sangue richiama lo stesso sangue
sulla terra dei padri ! L’aspetto positivo della trasmissione in linea diretta
dei beni patrimoniali dei genitori che , come si accennava, spesso sin da
ragazzi , già inglobava anche il lavoro del figlio, futuro beneficiario , è da
individuare nel dato di fatto che l’integrazione lavorativa dei figli
all’interno delle proprietà familiari, a livello locale , ha calmierato e in
molti casi occultato il fenomeno della disoccupazione locale , anche se nel
contempo ha condizionato e fortemente compresse le relazionalità familiari
subordinandole ad una sostanziale dipendenza economica presente e futura dei
figli dalla benevolenza del padre . Una dipendenza economica che configura per i
figli un presente che ai fini della disponibilità concreta del patrimonio
individuale non” passa la mano” e trova motivazione , continuità e sostegno
nella promessa di un futuro trasferimento dei beni di cui spesso non è nota con
certezza l’entità della ripartizione . Una modalità, quella dell’istituto della
donazione adottata dai patres proprietari di terreni al fine di modulare in vita
e magari differenziare nel rispetto della “legittima “ ( ammettendo
indirettamente , almeno stando al significato del termine, che la sproporzione
legale delle altre parti di patrimonio attribuite all’uguale discendenza filiale
già si configura come illegittima) le quote spettanti ai loro diretti
discendenti e nel contempo mantenere le “redini “del controllo patrimoniale il
più a lungo possibile, al di là delle reiterate promesse di assegnazione ,
dilazionando , spesso al decesso dei genitori (il de cuius) il lascito
ereditario di beni patrimoniali ai figli . Gli stessi figli , correntemente ,
pur avendo una famiglia neoformata e la concessione in uso dei beni patrimoniali
dei genitori : una prassi,questa, piuttosto abituale, derivante da un diffuso
“diritto muto” da cui comunque annualmente i figli coniugati traggono un reddito
reale ( da nullatenenti per il fisco, poiché i beni , in assenza di
trasferimenti formali, restano intestati e tassati ai genitori). Di fatto , per
una effettiva indipendenza economica dai genitori, corroborata da un passaggio
generazionale di proprietà , i figli , in genere , devono attendere i tempi
biblici di una possibile donazione , se non i tempi del naturale avvicendamento,
causa il decesso dei genitori . Successioni che spesso s’ingarbugliano per
effetto dei diversi “biostorici” contributi lavorativi dei figli che spesso “
s’incarnano” letteralmente attraverso il lavoro sui beni ereditabili al punto da
sentirli affettivamente “propri”, sparigliando, in successione , la rigidità
della legge sulla legale, paritaria, ripartizione delle quote ereditabili . Mi
soffermerò su alcuni degli aspetti che il potere economico, piccolo o grande che
sia , del “ pater familias”, (spesso, paradossalmente esercitato anche in
assenza di possesso di beni propri da parte dei genitori , bensì in virtù di una
consolidata dipendenza economica del “padre” dal proprietario di fatto del fondo
, attraverso la trasmissione della oramai sorpassata mezzadria , l’affitto di
beni altrui , etc. ) che specie in passato ha consentito anche alle famiglie
coadiuvanti , esterne a quelle proprietarie , di mantenere sorvegliata e coesa
la famiglia contadina ; come pure quella bracciantile , anche quando tale
collante si esprimeva in in modo forzoso , consentendo, in alcuni raggruppamenti
familiari locali , attraverso l’instaurarsi di una fitta rete di parentele
inclusive , la costituzione delle grandi famiglie collettive del paese ,
filiazione attenuata della famiglia patriarcale . Da una rapida analisi dei
principali settori produttivi locali a cui rimando ( dati Istat e Camera di
Commercio ) , enucleando per esemplificazione i soli dati riconducibili al
settore agricolo , metto a confronto con l’oggi un passato non molto lontano (
censimento 1951) in cui il settore primario rappresentava la principale fonte di
reddito . Mi limito a questo confronto poiché ritengo , che al di là della sua
odierna residualità occupazionale e reddituale , i dati riportati possano
rappresentare un valido supporto argomentativo alla tesi del declinante ruolo
dell’ autorità del padre in seno alla famiglia attuale . Padre che tuttavia in
qualità di “possidente” ( in passato era un vezzo chiamare boss i nonni che al
ritorno dall’America con i risparmi avevano acquistato terreni mutando così
status economico e sociale) continua a detenere, come in passato, proprietà
immobiliari e depositi bancari di tutto rispetto, ma che per effetto di una
scarsa redditività dei terreni, dei gravami della tassazione sugli stessi (
soprattutto quando non si è coltivatore diretto) unitamente alla particolarità
del lavoro dei campi che prevede spesso ” il necessario chinarsi quotidiano
sulla terra : un tendere curvo, umile, quasi mortificante , e perfino innaturale
per l’uomo , come fanno gli animali a quattro zampe , per trarne frutti
vendibili … e, a ripensarci i genitori che” sanno” poiché lo praticano ,
scuotendo la testa a mo’ di diniego ne sconsigliano la professione . Ai tali
disincentivanti costrutti si aggiunge, non ultimo, la continua variabilità dei
lavori agricoli ; una diversificazione delle attività sul campo che spesso si
alternano lavori diversi perfino nella stessa giornata ; una genericità che
connota fortemente i lavoratori della terra che devono seguire i ritmi delle
stagioni ( ciò non accade nell’industria e nei servizi, settori in cui la
divisione del lavoro ha portato all’alienante, ma pur sempre rassicurante,
ripetitiva , specializzazione delle mansioni ) e della natura , variando di
conseguenza spesso il tipo di lavoro . Stanti tali premesse , spesso sono gli
stessi genitori a non invogliare granché i giovani figli a dedicarsi al lavoro
dei campi , spingendoli a cogliere le maggiori opportunità lavorative e
gratificazioni economiche offerte dalla moderna macchina economica e finanziaria
basata sull’ultraspecializzazione all’interno di un ciclo produttivo chiuso che
si svolge dentro le strutture sorvegliate di un ‘industria , di una struttura di
servizi alla comunità : scuola, ente locale, ospedale… ambienti spesso
climatizzati, fuori dall’imprevedibilità atmosferica cui sottostà la vita dei
campi . Un’autorità, quella del padre , indebolita anche dalla “naturale”
evoluzione della famiglia tradizionale ; in passato codificata dai ruoli
genitoriali di padre , di madre a cui per continuità biologica, naturalmente ,
si aggiungeva quello di figlio . Mutamenti di ruoli complicati da una
molteplicità di riferimenti relazionali già ampiamente in atto nel nostro
sociale reale , per lo più indotti e sollecitati da convivenze , unioni civili …
Cambiamenti di ruoli ancor più ingarbugliati da separazioni, divorzi , dalle
nuove tecniche di fecondazione assistita, dall’ istituto dell’adozione ,
dall’essere coppia di fatto con o senza figli. All’interno della famiglia
tradizionale , della quale, quantomeno per continuità, quella attuale segue
l’impronta , mi soffermo principalmente sul ruolo del capofamiglia, poiché
,storicamente, spettava sostanzialmente al padre gestire al meglio , il
patrimonio familiare , incrementarlo , alienarlo , predisporlo per successivi
passaggi ereditari . Di fatto il termine stesso patrimonio deriva da pater, come
il termine correlato matrimonio deriva da mater , poiché è la madre , che , se
feconda , assicura in modo congiunto la continuità biologica all’interno della
famiglia e quindi l’ereditabilità , secondo diritto, dei beni . Analizzando i
dati a disposizione circa la crescita della popolazione guglionesana e
soffermandomi agli anni che è possibile indagare richiamando le statistiche ;
dati talvolta , supportati anche da una certa facilità di memoria, per averli
sentito raccontare, quegli anni . Andando a ritroso si trova che il picco
massimo della popolazione guglionesana residente è stato raggiunto nell’anno
1951; Guglionesi contava , infatti all’epoca 8007 abitanti ( disponiamo
dell’intero trend almeno dall’unità d’Italia in poi ). Nel 1951 gli occupati in
agricoltura ammontavano a circa l’80% della forza lavoro ; gli altri settori
assorbivano la quota restante che includeva i lavoratori artigiani impegnati in
attività di supporto soprattutto nel lavoro dei campi o in attività lavorative
di mantenimento e di incremento del patrimonio abitativo urbano nonché nel
commercio locale : fabbri, maniscalchi, falegnami, maestri muratori, manovali …
addetti al commercio minuto e in grosso , gli impieghi del personale della
pubblica amministrazione locale , come brevemente riepilogo di seguito
riportando i dati complessivamente comparabili ( tenendo conto che la
popolazione stimata è quella da 10 anni in su) con l ‘ultimo censimento del
20011, che seguiranno .
Attività prevalenti nel 1951
Agricoltura : Maschi e Femmine assommano a 3064 unità ; di cui 1878 sono maschi
.
Industrie estrattive e manifatturiere : maschi e femmine ammontano a 338 unità ,
di cui i maschi sono 314
Costruzioni ed impianti : maschi e femmine assommano a 122 unità , con ovvietà i
maschi sono 122.
Trasporti e tele comunicazioni: maschi e femmine ammontano a 41, di cui 38 sono
maschi .
Credito e assicurazioni: maschi e femmine assommano a 11 unità , di cui 9 maschi
.
Pubblica amministrazione : maschi e femmine ammontano a 130 …
Altre attività : ( non riportate per brevità)
Gli addetti complessivi in agricoltura, compresi i coadiuvanti , sono 3054 unità
e rappresentano all’incirca il 78,26% della popolazione attiva .
Il totale della popolazione attiva ammonta a 3902 unità , di cui i maschi sono
2621.
Abitazioni ed alloggi
Il numero complessivo delle abitazioni nel 1951 ( anno del primo censimento
delle abitazioni dall’unità d’Italia) ammonta a 1695 ; per un numero di vani
pari a 4341 ; circa 2, 5 vani per unità abitativa ; abitazioni che ospitavano
circa 7924 abitanti ; Erano di proprietà 685 immobili, mentre 2206 erano in
regime di usufrutto . E’ rilevante e, per certi versi sorprendente , l’incidenza
dell’usufrutto rispetto alla proprietà, probabilmente l’ opzione per tale
strumento giuridico è indice della scarsa fiducia che nutrivano i genitori nei
confronti dei propri diretti discendenti , per cui in modo cautelativo si
riservavano l’usufrutto dell’abitazione o di una sua parte .
Dai dati emerge la ragguardevole disponibilità di manodopera della forza lavoro
locale nell’immediato dopoguerra , presumibilmente, già solo per questo a basso
costo e, benché l’agricoltura tradizionale dall’analisi della cartografia
mappale dell’epoca avesse conservato nel territorio più o meno la stessa
superficie coltivabile il capitale umano disponibile non poteva essere assorbito
per intero nel settore anche a causa dell’avvio del processo di meccanizzazione
dell’agricoltura : trattori, mietitrici e trebbiatrici azionate a distanza da
lunghe cinghie da trattori … che di lì a poco doveva provocare in modo massiccio
l’espulsione dalle campagne di un numero crescente di addetti nel settore
alimentando l’ emigrazione soprattutto all’estero . Sono in molti,credo , ancora
a ricordare l’agenzia di viaggi ( spesso per solo andata e mai più ritorno ) che
aveva ufficio di fronte all’attuale farmacia del dott. Antonio Sorella ; a
fianco della facciata dov’era l’ingresso esponeva mega cartelli pubblicitari ,i
quali su uno sfondo blu marino , ritraevano un enorme bastimento , che a
guardarlo sembrava un rassicurante paese galleggiante sul mare ; imponente per
stazza , con il risaltante bianco luminoso sagomato delle navi della flotta
Lauro: una pubblicità invogliante che speranzosa sollecitava alla partenza per
raggiungere al di là dell’ Atlantico : “Lamerica“ dei sogni. Da una rapida
analisi dei principali settori economici produttivi locali si evince come
l’economia guglionesana dell’immediato dopoguerra si reggesse prevalentemente
sui proventi derivanti dall’agricoltura alla quale anche in ragione della
maggiore residenzialità rurale , con favorente complementarietà era direttamente
collegato l’allevamento di capi di bestiame . Il settore primario locale
sosteneva in prevalenza in modo diretto o indiretto l’autoconsumo familiare ,
mentre il surplus veniva accantonato in parte per la copertura parziale delle
ricorrenti cattive annate o veniva venduto per favorire l’accumulo del
patrimonio familiare; di rado, per consentirsi qualche agio o soddisfazione
materiale . Le coltivazioni sono state nel nostro territorio tradizionalmente
povere : granaglie , legumi , foraggere( trifoglio, lupinella…) per il
mantenimento di allevamenti , in genere familiari che a macchia di leopardo
sostenevano un allevamento diffuso che oltre a soddisfare l’autoconsumo
praticando la macellazione dei capi nei casolari , nelle masserie ( era
annualmente ricorrente l’uccisione del maiale). Anche qui un’economia , pur
sempre parca ,degli alimenti che garantivano una quota del necessario apporto
proteico derivante dalla carne si basava soprattutto sulla macellazione ,secondo
necessità , del pollame e di altri animali da cortile , ad esclusione degli
animali di grossa taglia ( bovini ed equini) che venivano avviati al mattatoio
comunale il quale aveva il compito di rifornire di carne le diverse macellerie
del paese e del territorio .Ricordo una specie di maniero consistente in un
unico locale spoglio , che si arroccava un po’ lugubre sul tufo dell’attuale
zona che ospita le l’edificio delle Poste; un posto premonitore della sorte che
sarebbe toccata agli animali spauriti , lì portati per essere macellati; animali
che come fossero coscienti della malasorte di lì a poco sarebbe toccata,
riottosi, resistenti , venivano assicurati dal macellaio con lunghe catene ai
ganci di sospensione pendenti dal soffitto attraverso un ingegnoso sistema di
catene e carrucole utili a sollevarli da terra quanto bastava per sacrificarli
Sul pavimento trovavano posto capienti vasche zincate : recipienti che servivano
a raccogliere il sangue, le frattaglie dell’animale sacrificato ; gli scarti
della macellazione venivano abbandonati all’esterno e diventavano facile e
provvidenziale pasto per il diffuso randagismo locale . Queste espansioni
riguardanti i tipi di coltivi e gli allevamenti non rappresentano affatto un
fuori tema , bensì esplicitano in senso anche sociale la circolazione dei beni
di prima necessità all’interno della comunità e quindi l’economia chiusa che
spesso non poteva permettersi un surplus poiché le pessime condizioni viarie del
territorio , la precaria rete di commercializzazione extracomunale , non avrebbe
consentito alle derrate prodotte in più di raggiungere facilmente mercati più
ampi anche per la cronica carenza di infrastrutture viarie regionali di raccordo
alle grandi vie di trasporto. E tornando al cuore del tema che attiene
all’autorità del padre mi preme ricordare come” patrimonio” derivi proprio da
pater , come d’altronde matrimonio mette in campo soprattutto la donna che, per
tradizione , all’interno dell’istituto matrimoniale diventerà madre poiché dovrà
generare i figli che garantiranno la trasmissione nel tempo dei beni posseduti .
Connotare l’uomo e la donna con il nome di padre madre significa pertanto
assegnare un ruolo sociale alla diversità di genere ovvero tener conto delle
strategie culturali che durante il cammino della civiltà la specie homo sapiens
ha elaborato in termini di relazioni sociali al fine di migliorare la cura della
prole e ridurre, almeno ad Occidente , drasticamente la mortalità infantile
.Resta oggi , come in passato, integro il patrimonio terriero locale , a fronte
di una popolazione , complessiva di circa 5350 unità, per giunta tendente ad un
progressivo invecchiamento ; terreni in gran parte sottoutilizzati o
inutilizzati dagli odierni titolari delle circa 750 aziende agricole censite a
Guglionesi. Un patrimonio che probabilmente nel futuro prossimo venturo sarà
ancor più inutilizzato dall’attuale discendenza filiale che non può o non
riuscirebbe a trarci un reddito sufficiente per tirare avanti una famiglia . E’
spesso associato al patrimonio terriero quello abitativo urbano che oggi risulta
accresciuto all’incirca del 64% rispetto agli anni cinquanta del secolo scorso .
Dati recenti ( 2001) lo attestano a 2652 abitazioni ( a fronte di una
diminuzione della popolazione residente di circa il 67%). Un sovrabbondante
patrimonio abitativo in larga parte pensato e costruito dai previdenti genitori
, senza neppure dissimulare il vivo desiderio (egoistico) di vincolare nello
stesso comune insieme alla propria anche l’abitazione dei figli ; non si sa mai…
( vicinorietà abitativa che d’altronde in passato per gran parte eravamo
riusciti ad accordare ai nostri genitori , ma che oggi nelle scelte dei figli
tende a seguire altre destinazioni geografiche ) . Un patrimonio abitativo,
spesso inutilizzabile e di fatto inutilizzato dai figli destinatari
dell’immobile ( realizzato negli anni passati sempre dai genitori attraverso
un’oculata politica di risparmio familiare ne hanno indotto e consentito
economicamente la costruzione) poiché, come dimostrano le statistiche ultime ,
buona parte dei giovani guglionesani tende a non sposare compaesani , ma da
single o in coppia s’ irradia in molte realtà economiche più floride , se non
all’estero , eleggendo spesso la propria residenza altrove , lasciando pertanto
, inutilizzato sia il patrimonio terriero sia quello abitativo disponibile. I
Terreni e la casa a livello locale rappresentano un abbinamento patrimoniale
consueto che in passato per i più è stato l’uno funzionale all’altro . E, quanto
alla terza componente economica : il risparmio postale familiare o il deposito
in banca , frutto di una vita di sacrifici, anche il gruzzolo , probabilmente ,
in ragione della sua facile convertibilità in beni , dissociato da vincoli
patrimoniali locali, seguirà il destino occupazionale dei figli e tornerà utile
per incrementare altre economie territoriali , ma non la nostra . Il risparmio
pro capite accumulato, ragguardevole nel nostro paese , in alternativa
all’utilizzo familiare e personale locale ( che sarebbe altamente auspicabile)
rappresenta una disponibilità che in ragione della sua facile. flessibile
convertibilità in altri beni in effetti viene fatto gestire dal sistema
finanziario bancario-Postale Nazionale ed estero ad interesse ( bassissimo)
favorendo la Grande economia globalizzata ,lasciando al palo la nostra già
stremata economia locale. Ed è proprio il lavoro che non c’è da noi , e che (
colpa nostra) neppure riusciamo ad inventarci , nonché la paradossale,
sfavorente formazione culturale di tipo impiegatizio che condanna le generazioni
che ci avvicenderanno a cercar impiego altrove ; ciò, paradossalmente , a fronte
del cospicuo , stridente l’immobilizzo improduttivo dei capitali e del risparmio
locale :. Un immobilismo economico-finanziario che spinge gran parte dei giovani
guglionesani compresi nella fascia tra i diciannove e trentanove anni purtroppo
all’esodo , minando così alla base la passata attrattiva dell’autorità economica
del patrimonio dei padri. Ciò che si evince da questa breve analisi
socioeconomica locale in merito all’autorità del padre , che qui discende,
almeno in parte, dal fatto che lo stesso nella maggior parte delle famiglie
detiene beni patrimoniali che in passato hanno costituito un forte deterrente ad
assumersi responsabilità filiali rispetto ad un patrimonio che, voglio ricordare
, nel 1951 ancora rappresentava la fonte primaria di reddito per la maggior
parte dei guglionesani . Un ‘autorità, quella del padre qui riferita alle
potenzialità patrimoniali localmente spendibili al fine di orientare
economicamente il futuro dei figli che pur includendo indispensabili e favorenti
fattori produttivi quali sono il patrimonio, il capitale umano e spesso anche il
necessario denaro a disposizione dovuto ai risparmi familiari , allocati in
banca , tale positiva convergenza di beni detenuti dal pater familias ,
frequentemente non riesce a configurare , neppure all’interno della nuclearità
familiare un’ attività produttiva, remunerativa per i figli . Paradossalmente
capita che si scelga di fatto di lasciare incolti i terreni e disoccupate le
braccia che lo dovrebbero coltivare, magari facendoli, nel tempo utilizzare a
terzi aventi una maggiore capacità imprenditoriale , quanto chi detiene beni
familiare non intende utilizzare in proprio . Ciò vale anche per il gruzzolo
depositato alle poste o presso le banche locali. Di fatto capita sempre più
spesso che i padri non incoraggino i figli o i congiunti a mettere a profitto le
proprie risorse economiche , magari perché giustamente inorgogliti e allo stesso
tempo delusi dalla prima tanto attesa laurea o diploma conseguiti in famiglia
che comunque, dopo, non ha portato occupazione. E, quindi sono gli stessi
genitori che vedono come un regressivo ripiego l’impegno del proprio rampollo
nel duro lavoro dei campi . Disincantati , direttamente o indirettamente li
spingono a proletarizzarsi , ovvero a dipendere da strutture private o pubbliche
che abbiano necessità e volontà ad accoglierli da salariati in altri settori
economici . Neppure il commercio altri servizi o startup innovative invogliano
ad impegnare a livello locale i capitali quiescenti accumulati soprattutto in
passato in tante famiglie locali pur sempre potenzialmente attivabili ( i sold
arrzznt ), per cui oggi, Guglionesi vive un quieto ,muto immobilismo economico
all’interno del quale ogni famiglia si arrabatta alla meglio, come può, per
tirare avanti, tornando al vecchio, ovvero sfruttando, quando ciò è possibile ,
al meglio le conoscenze personali, le ascendenze sociali familiari , le cordate
politiche e pseudo tali ( la raccomandazione) al fine di aprire in loco
possibili strade occupazionali per i propri figli. Ed è anche per la sicura
perdita dell’ importante leva economica dell’utilizzo locale delle risorse
economiche che pure ci sono che qualora venissero mobilitate con impegno ,
competenza e lungimiranza potrebbero dare respiro e opportunità lavorative e
risollevare la fiacca economia locale . Si consuma così in modo diffuso un
preoccupante distacco dai fattori produttivi locali da parte dei molti che a
livello locale hanno l’opportunità e la possibilità di combinarli per fare
impresa che hanno di sicuro implementato la graduale perdita dell’autorità e
perfino dell’autorevolezza del padre suggerendo indirettamente e perfino
direttamente ai figli la strada quasi obbligata dell’immigrazione o
dell’emigrazione , dando per scontata l’antieconomicità di due importanti
fattori produttivi che primi in regione deteniamo in rapporto al numero di
abitanti : il patrimonio terre riero e quello abitativo , cui spesso si aggiunge
il risparmio , immettendo sul libero mercato nazionale e del mondo globalizzato
la disponibilità al lavoro dei propri figli ( se non quella propria) . Concorre,
si accennava , paradossalmente ad accentuare la quasi inevitabilità
dell’emigrazione la maggiore scolarizzazione dei giovani che non predispone
all’accettazione dell’umile e poco redditizio lavoro dei campi . Con ovvia
conseguenzialità a lato del potere economico del padre che rappresentava la
struttura materiale del vivere quotidiano delle famiglie , in passato , si
costituiva la sovrastruttura culturale e sociale della famiglia , che implicava
una parallela dipendenza pedagogica e morale dei figli dai padri che ne
informava lo stile di vita. Un ‘ etica contadina di paese che stabiliva le
regole morali del giusto vivere conviviale, emanazione della verticalità
raccordata della cultura materiale della cultura sociale oggi messa in ombra
dallo sgretolarsi della dipendenza economica futura dei figli dai padri . E
saranno proprio le opportunità di lavoro che in qualche modo i padri localmente
non hanno saputo inventare ad allontanare i propri figli dalla nostra terra, per
poco, per tanto per sempre e forse di questa diaspora generazionale dovremo
prenderci qualche responsabilità rispetto a ciò forse non abbiamo fatto e che
forse avremmo potuto fare . Spopola sul Web in questi giorni uno spot
pubblicitario girato in Germania in cui in modo desolante si ripropone il tema
della solitudine del padre anziano i cui figli sono lontani per lavoro ,
impossibilitati a ritornare per festeggiare insieme il Natale nella casa paterna
in cui sono nati .C’è voluta l’audacia e l’inganno dell’ amore di un padre per i
figli che fingendosi morto li ha drammaticamente indotti, direi costretti , a
ritornare tutti a casa,complice una missiva bugiarda che annunciava loro la sua
morte , fatta pervenire tutti i figli ormai dimoranti da tempo in ambienti
lontani . L’informativa li richiamava a casa per le esequie ; figli che
precipitevolissimevolmente nel giorno di Natale , raggiunta la dimora paterna
invece del padre morto, a sorpresa , trovano una bella e ricca tavola natalizia
imbandita appositamente per loro e, al clou del filmato, sul vano della porta
d’ingresso in sala , sorprendendo non poco i figli, compare il “grande vecchio”
che un po’ malandato , ma vivo e vegeto, entra in sala accogliendoli : la bugia
a fin di bene era l’unico modo per avere a Natale tutti i figli con sé .
[Seguirà: "La famiglia tradizionale [2/3]": "L’istintività della madre"]