BLOG FONDATO NEL GIUGNO DEL 2000
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Un viaggio nella cultura non ha alcuna meta: la Bellezza genera sensibilità alla consapevolezza.

Luigi Sorella (blogger).
Nato nel 1968.

Operatore con esperienze professionali (web designer, copywriter, direttore di collana editoriale, videomaker, fotografia digitale professionale, graphic developer), dal 2000 è attivo nel campo dell'innovazione, nella comunicazione, nell'informazione e nella divulgazione (impaginazioni d'arte per libri, cataloghi, opuscoli, allestimenti, grafiche etc.) delle soluzioni digitali, della rete, della stampa, della progettazione multimediale, della programmazione, della gestione web e della video-fotografia. Svolge la sua attività professionale presso la ditta ARS idea studio di Guglionesi.

Come operatore con esperienza professionale e qualificata per la progettazione e la gestione informatica su piattaforme digtiali è in possesso delle certificazioni European Informatics Passport.

Il 10 giugno del 2000 fonda il blog FUORI PORTA WEB, tra i primi blog fondati in Italia (circa 3.200.000 visualizzazioni/letture, cfr link).
Le divulgazioni del blog, a carattere culturale nonché editoriale, sono state riprese e citate da pubblicazioni internazionali.

Ha pubblicato libri di varia saggistica divulgativa, collaborando a numerose iniziative culturali.

"E Luigi svela, così, l'irresistibile follia interiore per l'alma terra dei padri sacra e santa." Vincenzo Di Sabato

Per ulteriori informazioni   LUIGI SORELLA


4/12/2015 ● Cultura

"La famiglia tradizionale" [1/3]: "L'autorità del padre"


  Arcangelo Pretore ● 1389


L’AUTORITA’ DEL PADRE : UNA DIFFICILE TRANSIZIONE INTERNA AL RUOLO DI GENERE
Arcangelo Pretore

Tratterò , isolandolo dalla molteplicità di altri aspetti della storia locale recente, pure concomitanti e concorrenti, la dipendenza economica dei figli dai padri ; una subalternità che è spesso passata inosservata , data per acquisita in ragione dalla loro naturale discendenza biologica, nonché dal diritto consolidato dei figli ad ereditare i beni materiali dei genitori . Un collaudato esercizio del potere economico sulla discendenza da parte dei “patres ” facilitato dalla possibilità di ” poter assegnare ” beni in vita ai figli . Una disponibilità economica personale o familiare che , attivabile soprattutto attraverso l’istituto giuridico della “donazione”, di fatto un anticipo di successione ; una diffusa , perfino economica , modalità di trasmissione patrimoniale che, soprattutto nell’assegnazione dei terreni , ha rappresentato nel nostro territorio un aspetto rilevante per le prospettive occupazionali future dei figli, predisponendoli , per estensione , al lavoro dei genitori ; perpetuandolo , spesso di malavoglia , integrando allo stesso tempo nell’azienda di famiglia giovanili unità lavorative . Una limitazione in termini di scelte del futuro dei figli per certi versi paradossale che, pur garantendo occupazione , qualora fosse stato libero dal condizionamento dall’anticipo patrimoniale o dalla naturale ereditarietà avrebbe potuto indirizzare altrimenti le mai sondate altre attitudini dei figli verso più congeniali altre occupazioni .Ma per buona parte delle nostre discendenze locali , per un’atavica specie di ”maledizione”, inscritta nella nostra cultura contadina, il sangue richiama lo stesso sangue sulla terra dei padri ! L’aspetto positivo della trasmissione in linea diretta dei beni patrimoniali dei genitori che , come si accennava, spesso sin da ragazzi , già inglobava anche il lavoro del figlio, futuro beneficiario , è da individuare nel dato di fatto che l’integrazione lavorativa dei figli all’interno delle proprietà familiari, a livello locale , ha calmierato e in molti casi occultato il fenomeno della disoccupazione locale , anche se nel contempo ha condizionato e fortemente compresse le relazionalità familiari subordinandole ad una sostanziale dipendenza economica presente e futura dei figli dalla benevolenza del padre . Una dipendenza economica che configura per i figli un presente che ai fini della disponibilità concreta del patrimonio individuale non” passa la mano” e trova motivazione , continuità e sostegno nella promessa di un futuro trasferimento dei beni di cui spesso non è nota con certezza l’entità della ripartizione . Una modalità, quella dell’istituto della donazione adottata dai patres proprietari di terreni al fine di modulare in vita e magari differenziare nel rispetto della “legittima “ ( ammettendo indirettamente , almeno stando al significato del termine, che la sproporzione legale delle altre parti di patrimonio attribuite all’uguale discendenza filiale già si configura come illegittima) le quote spettanti ai loro diretti discendenti e nel contempo mantenere le “redini “del controllo patrimoniale il più a lungo possibile, al di là delle reiterate promesse di assegnazione , dilazionando , spesso al decesso dei genitori (il de cuius) il lascito ereditario di beni patrimoniali ai figli . Gli stessi figli , correntemente , pur avendo una famiglia neoformata e la concessione in uso dei beni patrimoniali dei genitori : una prassi,questa, piuttosto abituale, derivante da un diffuso “diritto muto” da cui comunque annualmente i figli coniugati traggono un reddito reale ( da nullatenenti per il fisco, poiché i beni , in assenza di trasferimenti formali, restano intestati e tassati ai genitori). Di fatto , per una effettiva indipendenza economica dai genitori, corroborata da un passaggio generazionale di proprietà , i figli , in genere , devono attendere i tempi biblici di una possibile donazione , se non i tempi del naturale avvicendamento, causa il decesso dei genitori . Successioni che spesso s’ingarbugliano per effetto dei diversi “biostorici” contributi lavorativi dei figli che spesso “ s’incarnano” letteralmente attraverso il lavoro sui beni ereditabili al punto da sentirli affettivamente “propri”, sparigliando, in successione , la rigidità della legge sulla legale, paritaria, ripartizione delle quote ereditabili . Mi soffermerò su alcuni degli aspetti che il potere economico, piccolo o grande che sia , del “ pater familias”, (spesso, paradossalmente esercitato anche in assenza di possesso di beni propri da parte dei genitori , bensì in virtù di una consolidata dipendenza economica del “padre” dal proprietario di fatto del fondo , attraverso la trasmissione della oramai sorpassata mezzadria , l’affitto di beni altrui , etc. ) che specie in passato ha consentito anche alle famiglie coadiuvanti , esterne a quelle proprietarie , di mantenere sorvegliata e coesa la famiglia contadina ; come pure quella bracciantile , anche quando tale collante si esprimeva in in modo forzoso , consentendo, in alcuni raggruppamenti familiari locali , attraverso l’instaurarsi di una fitta rete di parentele inclusive , la costituzione delle grandi famiglie collettive del paese , filiazione attenuata della famiglia patriarcale . Da una rapida analisi dei principali settori produttivi locali a cui rimando ( dati Istat e Camera di Commercio ) , enucleando per esemplificazione i soli dati riconducibili al settore agricolo , metto a confronto con l’oggi un passato non molto lontano ( censimento 1951) in cui il settore primario rappresentava la principale fonte di reddito . Mi limito a questo confronto poiché ritengo , che al di là della sua odierna residualità occupazionale e reddituale , i dati riportati possano rappresentare un valido supporto argomentativo alla tesi del declinante ruolo dell’ autorità del padre in seno alla famiglia attuale . Padre che tuttavia in qualità di “possidente” ( in passato era un vezzo chiamare boss i nonni che al ritorno dall’America con i risparmi avevano acquistato terreni mutando così status economico e sociale) continua a detenere, come in passato, proprietà immobiliari e depositi bancari di tutto rispetto, ma che per effetto di una scarsa redditività dei terreni, dei gravami della tassazione sugli stessi ( soprattutto quando non si è coltivatore diretto) unitamente alla particolarità del lavoro dei campi che prevede spesso ” il necessario chinarsi quotidiano sulla terra : un tendere curvo, umile, quasi mortificante , e perfino innaturale per l’uomo , come fanno gli animali a quattro zampe , per trarne frutti vendibili … e, a ripensarci i genitori che” sanno” poiché lo praticano , scuotendo la testa a mo’ di diniego ne sconsigliano la professione . Ai tali disincentivanti costrutti si aggiunge, non ultimo, la continua variabilità dei lavori agricoli ; una diversificazione delle attività sul campo che spesso si alternano lavori diversi perfino nella stessa giornata ; una genericità che connota fortemente i lavoratori della terra che devono seguire i ritmi delle stagioni ( ciò non accade nell’industria e nei servizi, settori in cui la divisione del lavoro ha portato all’alienante, ma pur sempre rassicurante, ripetitiva , specializzazione delle mansioni ) e della natura , variando di conseguenza spesso il tipo di lavoro . Stanti tali premesse , spesso sono gli stessi genitori a non invogliare granché i giovani figli a dedicarsi al lavoro dei campi , spingendoli a cogliere le maggiori opportunità lavorative e gratificazioni economiche offerte dalla moderna macchina economica e finanziaria basata sull’ultraspecializzazione all’interno di un ciclo produttivo chiuso che si svolge dentro le strutture sorvegliate di un ‘industria , di una struttura di servizi alla comunità : scuola, ente locale, ospedale… ambienti spesso climatizzati, fuori dall’imprevedibilità atmosferica cui sottostà la vita dei campi . Un’autorità, quella del padre , indebolita anche dalla “naturale” evoluzione della famiglia tradizionale ; in passato codificata dai ruoli genitoriali di padre , di madre a cui per continuità biologica, naturalmente , si aggiungeva quello di figlio . Mutamenti di ruoli complicati da una molteplicità di riferimenti relazionali già ampiamente in atto nel nostro sociale reale , per lo più indotti e sollecitati da convivenze , unioni civili … Cambiamenti di ruoli ancor più ingarbugliati da separazioni, divorzi , dalle nuove tecniche di fecondazione assistita, dall’ istituto dell’adozione , dall’essere coppia di fatto con o senza figli. All’interno della famiglia tradizionale , della quale, quantomeno per continuità, quella attuale segue l’impronta , mi soffermo principalmente sul ruolo del capofamiglia, poiché ,storicamente, spettava sostanzialmente al padre gestire al meglio , il patrimonio familiare , incrementarlo , alienarlo , predisporlo per successivi passaggi ereditari . Di fatto il termine stesso patrimonio deriva da pater, come il termine correlato matrimonio deriva da mater , poiché è la madre , che , se feconda , assicura in modo congiunto la continuità biologica all’interno della famiglia e quindi l’ereditabilità , secondo diritto, dei beni . Analizzando i dati a disposizione circa la crescita della popolazione guglionesana e soffermandomi agli anni che è possibile indagare richiamando le statistiche ; dati talvolta , supportati anche da una certa facilità di memoria, per averli sentito raccontare, quegli anni . Andando a ritroso si trova che il picco massimo della popolazione guglionesana residente è stato raggiunto nell’anno 1951; Guglionesi contava , infatti all’epoca 8007 abitanti ( disponiamo dell’intero trend almeno dall’unità d’Italia in poi ). Nel 1951 gli occupati in agricoltura ammontavano a circa l’80% della forza lavoro ; gli altri settori assorbivano la quota restante che includeva i lavoratori artigiani impegnati in attività di supporto soprattutto nel lavoro dei campi o in attività lavorative di mantenimento e di incremento del patrimonio abitativo urbano nonché nel commercio locale : fabbri, maniscalchi, falegnami, maestri muratori, manovali … addetti al commercio minuto e in grosso , gli impieghi del personale della pubblica amministrazione locale , come brevemente riepilogo di seguito riportando i dati complessivamente comparabili ( tenendo conto che la popolazione stimata è quella da 10 anni in su) con l ‘ultimo censimento del 20011, che seguiranno .

Attività prevalenti nel 1951
Agricoltura : Maschi e Femmine assommano a 3064 unità ; di cui 1878 sono maschi .
Industrie estrattive e manifatturiere : maschi e femmine ammontano a 338 unità , di cui i maschi sono 314
Costruzioni ed impianti : maschi e femmine assommano a 122 unità , con ovvietà i maschi sono 122.
Trasporti e tele comunicazioni: maschi e femmine ammontano a 41, di cui 38 sono maschi .
Credito e assicurazioni: maschi e femmine assommano a 11 unità , di cui 9 maschi .
Pubblica amministrazione : maschi e femmine ammontano a 130 …
Altre attività : ( non riportate per brevità)
Gli addetti complessivi in agricoltura, compresi i coadiuvanti , sono 3054 unità e rappresentano all’incirca il 78,26% della popolazione attiva .
Il totale della popolazione attiva ammonta a 3902 unità , di cui i maschi sono 2621.
Abitazioni ed alloggi
Il numero complessivo delle abitazioni nel 1951 ( anno del primo censimento delle abitazioni dall’unità d’Italia) ammonta a 1695 ; per un numero di vani pari a 4341 ; circa 2, 5 vani per unità abitativa ; abitazioni che ospitavano circa 7924 abitanti ; Erano di proprietà 685 immobili, mentre 2206 erano in regime di usufrutto . E’ rilevante e, per certi versi sorprendente , l’incidenza dell’usufrutto rispetto alla proprietà, probabilmente l’ opzione per tale strumento giuridico è indice della scarsa fiducia che nutrivano i genitori nei confronti dei propri diretti discendenti , per cui in modo cautelativo si riservavano l’usufrutto dell’abitazione o di una sua parte .

Dai dati emerge la ragguardevole disponibilità di manodopera della forza lavoro locale nell’immediato dopoguerra , presumibilmente, già solo per questo a basso costo e, benché l’agricoltura tradizionale dall’analisi della cartografia mappale dell’epoca avesse conservato nel territorio più o meno la stessa superficie coltivabile il capitale umano disponibile non poteva essere assorbito per intero nel settore anche a causa dell’avvio del processo di meccanizzazione dell’agricoltura : trattori, mietitrici e trebbiatrici azionate a distanza da lunghe cinghie da trattori … che di lì a poco doveva provocare in modo massiccio l’espulsione dalle campagne di un numero crescente di addetti nel settore alimentando l’ emigrazione soprattutto all’estero . Sono in molti,credo , ancora a ricordare l’agenzia di viaggi ( spesso per solo andata e mai più ritorno ) che aveva ufficio di fronte all’attuale farmacia del dott. Antonio Sorella ; a fianco della facciata dov’era l’ingresso esponeva mega cartelli pubblicitari ,i quali su uno sfondo blu marino , ritraevano un enorme bastimento , che a guardarlo sembrava un rassicurante paese galleggiante sul mare ; imponente per stazza , con il risaltante bianco luminoso sagomato delle navi della flotta Lauro: una pubblicità invogliante che speranzosa sollecitava alla partenza per raggiungere al di là dell’ Atlantico : “Lamerica“ dei sogni. Da una rapida analisi dei principali settori economici produttivi locali si evince come l’economia guglionesana dell’immediato dopoguerra si reggesse prevalentemente sui proventi derivanti dall’agricoltura alla quale anche in ragione della maggiore residenzialità rurale , con favorente complementarietà era direttamente collegato l’allevamento di capi di bestiame . Il settore primario locale sosteneva in prevalenza in modo diretto o indiretto l’autoconsumo familiare , mentre il surplus veniva accantonato in parte per la copertura parziale delle ricorrenti cattive annate o veniva venduto per favorire l’accumulo del patrimonio familiare; di rado, per consentirsi qualche agio o soddisfazione materiale . Le coltivazioni sono state nel nostro territorio tradizionalmente povere : granaglie , legumi , foraggere( trifoglio, lupinella…) per il mantenimento di allevamenti , in genere familiari che a macchia di leopardo sostenevano un allevamento diffuso che oltre a soddisfare l’autoconsumo praticando la macellazione dei capi nei casolari , nelle masserie ( era annualmente ricorrente l’uccisione del maiale). Anche qui un’economia , pur sempre parca ,degli alimenti che garantivano una quota del necessario apporto proteico derivante dalla carne si basava soprattutto sulla macellazione ,secondo necessità , del pollame e di altri animali da cortile , ad esclusione degli animali di grossa taglia ( bovini ed equini) che venivano avviati al mattatoio comunale il quale aveva il compito di rifornire di carne le diverse macellerie del paese e del territorio .Ricordo una specie di maniero consistente in un unico locale spoglio , che si arroccava un po’ lugubre sul tufo dell’attuale zona che ospita le l’edificio delle Poste; un posto premonitore della sorte che sarebbe toccata agli animali spauriti , lì portati per essere macellati; animali che come fossero coscienti della malasorte di lì a poco sarebbe toccata, riottosi, resistenti , venivano assicurati dal macellaio con lunghe catene ai ganci di sospensione pendenti dal soffitto attraverso un ingegnoso sistema di catene e carrucole utili a sollevarli da terra quanto bastava per sacrificarli Sul pavimento trovavano posto capienti vasche zincate : recipienti che servivano a raccogliere il sangue, le frattaglie dell’animale sacrificato ; gli scarti della macellazione venivano abbandonati all’esterno e diventavano facile e provvidenziale pasto per il diffuso randagismo locale . Queste espansioni riguardanti i tipi di coltivi e gli allevamenti non rappresentano affatto un fuori tema , bensì esplicitano in senso anche sociale la circolazione dei beni di prima necessità all’interno della comunità e quindi l’economia chiusa che spesso non poteva permettersi un surplus poiché le pessime condizioni viarie del territorio , la precaria rete di commercializzazione extracomunale , non avrebbe consentito alle derrate prodotte in più di raggiungere facilmente mercati più ampi anche per la cronica carenza di infrastrutture viarie regionali di raccordo alle grandi vie di trasporto. E tornando al cuore del tema che attiene all’autorità del padre mi preme ricordare come” patrimonio” derivi proprio da pater , come d’altronde matrimonio mette in campo soprattutto la donna che, per tradizione , all’interno dell’istituto matrimoniale diventerà madre poiché dovrà generare i figli che garantiranno la trasmissione nel tempo dei beni posseduti . Connotare l’uomo e la donna con il nome di padre madre significa pertanto assegnare un ruolo sociale alla diversità di genere ovvero tener conto delle strategie culturali che durante il cammino della civiltà la specie homo sapiens ha elaborato in termini di relazioni sociali al fine di migliorare la cura della prole e ridurre, almeno ad Occidente , drasticamente la mortalità infantile .Resta oggi , come in passato, integro il patrimonio terriero locale , a fronte di una popolazione , complessiva di circa 5350 unità, per giunta tendente ad un progressivo invecchiamento ; terreni in gran parte sottoutilizzati o inutilizzati dagli odierni titolari delle circa 750 aziende agricole censite a Guglionesi. Un patrimonio che probabilmente nel futuro prossimo venturo sarà ancor più inutilizzato dall’attuale discendenza filiale che non può o non riuscirebbe a trarci un reddito sufficiente per tirare avanti una famiglia . E’ spesso associato al patrimonio terriero quello abitativo urbano che oggi risulta accresciuto all’incirca del 64% rispetto agli anni cinquanta del secolo scorso . Dati recenti ( 2001) lo attestano a 2652 abitazioni ( a fronte di una diminuzione della popolazione residente di circa il 67%). Un sovrabbondante patrimonio abitativo in larga parte pensato e costruito dai previdenti genitori , senza neppure dissimulare il vivo desiderio (egoistico) di vincolare nello stesso comune insieme alla propria anche l’abitazione dei figli ; non si sa mai… ( vicinorietà abitativa che d’altronde in passato per gran parte eravamo riusciti ad accordare ai nostri genitori , ma che oggi nelle scelte dei figli tende a seguire altre destinazioni geografiche ) . Un patrimonio abitativo, spesso inutilizzabile e di fatto inutilizzato dai figli destinatari dell’immobile ( realizzato negli anni passati sempre dai genitori attraverso un’oculata politica di risparmio familiare ne hanno indotto e consentito economicamente la costruzione) poiché, come dimostrano le statistiche ultime , buona parte dei giovani guglionesani tende a non sposare compaesani , ma da single o in coppia s’ irradia in molte realtà economiche più floride , se non all’estero , eleggendo spesso la propria residenza altrove , lasciando pertanto , inutilizzato sia il patrimonio terriero sia quello abitativo disponibile. I Terreni e la casa a livello locale rappresentano un abbinamento patrimoniale consueto che in passato per i più è stato l’uno funzionale all’altro . E, quanto alla terza componente economica : il risparmio postale familiare o il deposito in banca , frutto di una vita di sacrifici, anche il gruzzolo , probabilmente , in ragione della sua facile convertibilità in beni , dissociato da vincoli patrimoniali locali, seguirà il destino occupazionale dei figli e tornerà utile per incrementare altre economie territoriali , ma non la nostra . Il risparmio pro capite accumulato, ragguardevole nel nostro paese , in alternativa all’utilizzo familiare e personale locale ( che sarebbe altamente auspicabile) rappresenta una disponibilità che in ragione della sua facile. flessibile convertibilità in altri beni in effetti viene fatto gestire dal sistema finanziario bancario-Postale Nazionale ed estero ad interesse ( bassissimo) favorendo la Grande economia globalizzata ,lasciando al palo la nostra già stremata economia locale. Ed è proprio il lavoro che non c’è da noi , e che ( colpa nostra) neppure riusciamo ad inventarci , nonché la paradossale, sfavorente formazione culturale di tipo impiegatizio che condanna le generazioni che ci avvicenderanno a cercar impiego altrove ; ciò, paradossalmente , a fronte del cospicuo , stridente l’immobilizzo improduttivo dei capitali e del risparmio locale :. Un immobilismo economico-finanziario che spinge gran parte dei giovani guglionesani compresi nella fascia tra i diciannove e trentanove anni purtroppo all’esodo , minando così alla base la passata attrattiva dell’autorità economica del patrimonio dei padri. Ciò che si evince da questa breve analisi socioeconomica locale in merito all’autorità del padre , che qui discende, almeno in parte, dal fatto che lo stesso nella maggior parte delle famiglie detiene beni patrimoniali che in passato hanno costituito un forte deterrente ad assumersi responsabilità filiali rispetto ad un patrimonio che, voglio ricordare , nel 1951 ancora rappresentava la fonte primaria di reddito per la maggior parte dei guglionesani . Un ‘autorità, quella del padre qui riferita alle potenzialità patrimoniali localmente spendibili al fine di orientare economicamente il futuro dei figli che pur includendo indispensabili e favorenti fattori produttivi quali sono il patrimonio, il capitale umano e spesso anche il necessario denaro a disposizione dovuto ai risparmi familiari , allocati in banca , tale positiva convergenza di beni detenuti dal pater familias , frequentemente non riesce a configurare , neppure all’interno della nuclearità familiare un’ attività produttiva, remunerativa per i figli . Paradossalmente capita che si scelga di fatto di lasciare incolti i terreni e disoccupate le braccia che lo dovrebbero coltivare, magari facendoli, nel tempo utilizzare a terzi aventi una maggiore capacità imprenditoriale , quanto chi detiene beni familiare non intende utilizzare in proprio . Ciò vale anche per il gruzzolo depositato alle poste o presso le banche locali. Di fatto capita sempre più spesso che i padri non incoraggino i figli o i congiunti a mettere a profitto le proprie risorse economiche , magari perché giustamente inorgogliti e allo stesso tempo delusi dalla prima tanto attesa laurea o diploma conseguiti in famiglia che comunque, dopo, non ha portato occupazione. E, quindi sono gli stessi genitori che vedono come un regressivo ripiego l’impegno del proprio rampollo nel duro lavoro dei campi . Disincantati , direttamente o indirettamente li spingono a proletarizzarsi , ovvero a dipendere da strutture private o pubbliche che abbiano necessità e volontà ad accoglierli da salariati in altri settori economici . Neppure il commercio altri servizi o startup innovative invogliano ad impegnare a livello locale i capitali quiescenti accumulati soprattutto in passato in tante famiglie locali pur sempre potenzialmente attivabili ( i sold arrzznt ), per cui oggi, Guglionesi vive un quieto ,muto immobilismo economico all’interno del quale ogni famiglia si arrabatta alla meglio, come può, per tirare avanti, tornando al vecchio, ovvero sfruttando, quando ciò è possibile , al meglio le conoscenze personali, le ascendenze sociali familiari , le cordate politiche e pseudo tali ( la raccomandazione) al fine di aprire in loco possibili strade occupazionali per i propri figli. Ed è anche per la sicura perdita dell’ importante leva economica dell’utilizzo locale delle risorse economiche che pure ci sono che qualora venissero mobilitate con impegno , competenza e lungimiranza potrebbero dare respiro e opportunità lavorative e risollevare la fiacca economia locale . Si consuma così in modo diffuso un preoccupante distacco dai fattori produttivi locali da parte dei molti che a livello locale hanno l’opportunità e la possibilità di combinarli per fare impresa che hanno di sicuro implementato la graduale perdita dell’autorità e perfino dell’autorevolezza del padre suggerendo indirettamente e perfino direttamente ai figli la strada quasi obbligata dell’immigrazione o dell’emigrazione , dando per scontata l’antieconomicità di due importanti fattori produttivi che primi in regione deteniamo in rapporto al numero di abitanti : il patrimonio terre riero e quello abitativo , cui spesso si aggiunge il risparmio , immettendo sul libero mercato nazionale e del mondo globalizzato la disponibilità al lavoro dei propri figli ( se non quella propria) . Concorre, si accennava , paradossalmente ad accentuare la quasi inevitabilità dell’emigrazione la maggiore scolarizzazione dei giovani che non predispone all’accettazione dell’umile e poco redditizio lavoro dei campi . Con ovvia conseguenzialità a lato del potere economico del padre che rappresentava la struttura materiale del vivere quotidiano delle famiglie , in passato , si costituiva la sovrastruttura culturale e sociale della famiglia , che implicava una parallela dipendenza pedagogica e morale dei figli dai padri che ne informava lo stile di vita. Un ‘ etica contadina di paese che stabiliva le regole morali del giusto vivere conviviale, emanazione della verticalità raccordata della cultura materiale della cultura sociale oggi messa in ombra dallo sgretolarsi della dipendenza economica futura dei figli dai padri . E saranno proprio le opportunità di lavoro che in qualche modo i padri localmente non hanno saputo inventare ad allontanare i propri figli dalla nostra terra, per poco, per tanto per sempre e forse di questa diaspora generazionale dovremo prenderci qualche responsabilità rispetto a ciò forse non abbiamo fatto e che forse avremmo potuto fare . Spopola sul Web in questi giorni uno spot pubblicitario girato in Germania in cui in modo desolante si ripropone il tema della solitudine del padre anziano i cui figli sono lontani per lavoro , impossibilitati a ritornare per festeggiare insieme il Natale nella casa paterna in cui sono nati .C’è voluta l’audacia e l’inganno dell’ amore di un padre per i figli che fingendosi morto li ha drammaticamente indotti, direi costretti , a ritornare tutti a casa,complice una missiva bugiarda che annunciava loro la sua morte , fatta pervenire tutti i figli ormai dimoranti da tempo in ambienti lontani . L’informativa li richiamava a casa per le esequie ; figli che precipitevolissimevolmente nel giorno di Natale , raggiunta la dimora paterna invece del padre morto, a sorpresa , trovano una bella e ricca tavola natalizia imbandita appositamente per loro e, al clou del filmato, sul vano della porta d’ingresso in sala , sorprendendo non poco i figli, compare il “grande vecchio” che un po’ malandato , ma vivo e vegeto, entra in sala accogliendoli : la bugia a fin di bene era l’unico modo per avere a Natale tutti i figli con sé .

[Seguirà: "La famiglia tradizionale [2/3]": "L’istintività della madre"]

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