29/10/2015 ● Cultura
Il teologo “Fra' Cola di Guglinisi" traduttore paolotta di Martín de Azpilcueta Navarro
Immergendosi negli abissi dell’inedito culturale, il Cinquecento guglionesano
restituisce, con generosità, perle all’identità patrimoniale della comunità.
È il caso del teologo “Fra' Cola di Guglinisi” (Frate Niccolò o Nicola da Guglionesi), traduttore paolotta dell’ordine dei frati Minimi fondato da S. Francesco di Paola.
Nato a Guglionesi, il frate è vissuto nel secolo XVI. Nei documenti della
storia, in diversi testi, archivi e biblioteche internazionali il suo nome è
rievocato in varianti: Cola di Guglinisi, Cola de Golionise,
Cola de Guglinisi, Cola de' Guglinisi, Cola di Gugliusi, Niccola di Guglinisi,
Niccolò da Guglinisi, Niccolò da Guglionesi, Nicolò Gulinise.
Tra gli studi di teologia di Niccolò da Guglionesi compare il “Trattato della
cognitione di Iddio libero arbitrio predestanatione, reprobatione & il valore
delle opere”, pubblicato a Napoli, presso Giuseppe Cacchi, nel 1570 [cfr.
http://ustc.ac.uk/index.php/record/844525].
Tuttavia, quale eccellente teologo di traduzione paolotta, il frate guglionesano
dell’Ordine dei Minimi è spesso citato per il testo del domenicano
spagnolo Martín de Azpilcueta dal titolo “Manuale de' confessori. Composto
dall'eccellente dottore Martino Azpliqueta [sic] Nauarro. Et tradotto di
spagnuolo in italiano dal r. p. fra Cola di Guglinisi dell'ordine di San
Francesco di Paula. Nel quale si contiene la vniuersale et particolare decisioni
di tutti dubbij, che nelle confessioni de' peccati sogliono occorrere. Con
cinque commentarii [...] Nuouamente ristampato, et corretto [...] in Parma :
appresso Seth Vioto, 1577". Nato nel
1493 a Barásoain nel regno di Navarra e per questo conosciuto anche come Doctor
Navarrus, Martín de Azpilcueta è stato “un importante filosofo, teologo ed
economista spagnolo. All’età di solo 26 anni, conclusi gli studi in diritto
canonico, divenne professore all’Università di Tolosa. Ordinato sacerdote, nel
1523 fece ritorno in Spagna per dedicarsi all’insegnamento nell’Università di
Salamanca e poi in quella di Coimbra in Portogallo, della quale divenne anche
Rettore. Trasferitosi a Roma nel 1567, confessore di ben tre pontefici (Pio V,
Gregorio XIII e Sisto V), riuscì in maniera chiara e univoca a puntualizzare,
per primo fra i canonisti, le leggi che governano il mercato.
In sostanza la scienza economica è nata molti secoli prima che lo scozzese Adam
Smith gettasse le basi del pensiero economico moderno e questa nascita, quindi,
non è opera di economisti, ma di teologi cresciuti nella corrente di pensiero di
S. Tommaso, noti come tardi scolastici. Questi pensatori, per la maggior parte
provenienti dalle scuole spagnole, erano favorevoli al mercato libero al pari di
quelli della scuola scozzese nata molto più tardi. Ma le loro concezioni
teoriche erano ancora più solide: essi avevano enunciato in anticipo la teoria
del valore e del prezzo dei marginalisti austriaci dell’Ottocento.
Nel Cinquecento, mentre la Spagna e il Portogallo esploravano il nuovo mondo e
divenivano i più importanti centri del commercio europeo, nelle Università
spagnole, e in particolare in quella di Salamanca che era all’avanguardia,
alcuni allievi di Francisco Vitoria imparavano a considerare il prezzo dei beni
e dei servizi come una conseguenza del mercato, perché si erano resi conto che i
prezzi variano in funzione dell'importanza che gli individui attribuiscono ai
beni e che il valore di un bene dipende da due fattori: la sua disponibilità e
il suo uso. Secondo questi pensatori, fra i quali eccelle proprio Azpilcueta, i
prezzi non sono fissi per natura, né sono determinati dal solo costo di
produzione, ma sono il risultato della valutazione che di essi fanno gli uomini.
Azpilcueta morì a Roma ultra novantenne. Tra le opere di questo intellettuale
spagnolo, ancora oggi conosciute e studiate soprattutto nell’ambito della storia
economica, spiccano i Commentari risolutori e il Manuale de’ confessori al quale
sono legati. Indirizzati soprattutto ai religiosi, nella parte dedicata ai Dieci
Comandamenti, e in particolare al settimo, Azpilcueta prende in esame il
problema dell'usura, mentre nella seconda parte - nel commento alla decretale
del 1234 di Gregorio IX Naviganti, vel eunti ad nundinas - dedica spazio anche
all'assicurazione. A quel tempo l'usura era argomento di viva attualità a causa
della diffusione di nuove forme contrattuali, fra cui anche l'assicurazione, in
cui l'interesse del denaro impiegato veniva ad assumere particolare rilevanza a
fronte di una posizione intransigente della Chiesa al riguardo. Così, era
considerato fondamentale il pensiero di uno dei massimi canonisti dell’epoca.
Il traduttore di queste due opere è il teologo Niccolò da Guglionesi, che prese
il nome dal borgo medioevale in provincia di Campobasso in cui era nato”
[cfr.
http://www.cineas.it/index.php?pag=650]
In un recente libro pubblicato a Ginevra e dedicato ad un celebre editore e
stampatore veneziano, dal titolo “Giolito e la stampa nell’Italia del XVI
secolo” a cura di Angela Nuovo e Christian Coppens [Libraire Droz S. A.,
Genève, 2005], è citato [cfr. pag. 429] il teologo “R. P. Cola di Guglinisi”,
per il libro “Martin de Azpileueta, Manuale de’ confessori et penitenti…
insieme con cinque commentarii, cioè de cambi, dell’Usure, e della Simonia,
della Difesa del prossimo, e del Furto notabile, nuovamente tradotto di spagnuolo in italiano dal R. P. Cola di Guglionesi, in Vinegia, appresso Giovanni, e Gio: Paolo Gioliti de' Ferrari, 1569”.
Il relativo documento in merito al contratto di vendita con l'editore "Giovanni e Gio: Paolo Gioliti de' Ferrari" è conservato a Venezia, e recita: “30.
AsVe, Senato Terra, Registro 47 (1568-1569), c. 3r: Di Detto [M. D. LXVIII. Alli
X. Aprile] (10.IV.1568). Che a Frate Cola di Gugliusi, sia concesso, che niuno
altro che egli, o chi harrà causa o licentia da lui non possa in questa né in
altra città terra o luogo della Signoria nostra stampar, né far stampar, né
stampati vender li Commentarij risolutorij di usure, et cambij di D. Martin
Aspilqueta, et tradotti in lingua Italiana per frate Cola predetto dell’ordine
di San Francesco et il libro intitolato Manuale de Confessori, et Penitenti,
tradotto dal detto Frate Cola, per lo spatio di anni quindici prossimi, sotto
pena a quelli che contrafaranno, di perder esse opere, et di pagare ducati
trecento da esser divisi per terzo, uno terzo all’accusator, uno terzo di
Magistrato, che farà la essecutione, et l’altro terzo alle Convertite di questa
città, essendo obligato di osservar quel tanto che è disposto in materia di
stampe […]”.
Ecco una nuova perla (ri)emersa dal Cinquecento guglionesano: "Niccolò da Guglionesi, che
prese il nome dal borgo medioevale in provincia di Campobasso in cui era nato".