15/10/2015 ● Cultura
Film, "Un mondo fragile" di Cesar Acevedo
L'esordiente regista colombiano Cesar Acevedo, premiato a Cannes con la
camera d'or, ha realizzato un film meraviglioso, in parte autobiografico.
La storia racconta di Alfonso, vecchio contadino, che dopo 17 anni torna a
casaper curare il figlio Gerardo che ha contratto una grave malattia a causa
degli incendi delle foglie delle canne da zucchero.
L'abbandono del focolare domestico, da parte del contadino, scaturisce dalla
mancata accettazione di un mondo che cambia distruggendo le vecchie fattorie a
scapito della natura.
Gli interni sono claustofobici, poiché Gerardo deve vivere con le finestre
chiuse per evitare l'entrata delle polveri. Il paesaggio è limitato in gran
parte dalle alte piante da zucchero che riproducono uno scenario apocalittico.
Bellissimo è il rapporto di Alfonso col nipote, al bambino insegna il rispetto
per la natura e l'imitazione del verso di alcune uccelli che si posano su una
secolare quercia.
Commovente l'episodio della solidarietà tra braccianti, cui è negato ogni
diritto, e la ribellione risulta vana.
Dopo una faticosa giornata i lavoratori ritornano a casa, con volti stanchi,
tristi e rassegnati.
Alla fine Gerardo muore, dopo indicibili sofferenze, confortato dalle carezze
della madre e dal pianto dei familiari, che non sfocia mai in disperazione. La
premonizione della sua morte è annunciata dall'aquilone che il figlio fa volare
in cielo e dal sogno del padre che libera un cavallo.
Lo spettacolo si chiude con una inquadratura della casa e della imponente
quercia, mentre a distanza ardono ancora i fuochi, la cenere cade sul desolato
paesaggio e sembra passare attraverso lo schermo offuscando la sala. Dopo
diversi ripensamenti Alfonso parte col nipote e la nuora, mentre l'anziana
moglie, stanca e desolata ripercorre la sua difficile e precaria esistenza.