5/10/2015 ● Cultura
Sinistra, eguaglianza, liberismo. Renzi e i timori per la riforma del sistema politico
Su Repubblica di sabato 3 ottobre si può leggere l’intervista completa di
Claudio Tito a Matteo Renzi. Una delle domande che l’intervistatore ha posto è
la seguente: “Se lei dovesse definire in una parola la sinistra, quale
utilizzerebbe?”. Risposta: <<Per me la sinistra è giustizia, ma non
giustizialismo. E’ libertà, ma non liberismo. E’ eguaglianza, ma non
egualitarismo.(…) Paradossalmente proprio mentre viene contestato in patria il
PD costituisce un modello in Europa e nel mondo della sinistra. E il PD italiano
accoglie le migliori tradizioni del riformismo nostrano…>>.
Ciò riferito, occorre un chiarimento. Il liberalismo viene spesso confuso con il
liberismo; diciamo dunque con il professor Giovanni Sartori che il ‘liberalismo’
è nozione politica e il ‘liberismo’ è nozione economica. Tutti i testi del
liberalismo non hanno niente a che fare con la libera concorrenza e la libertà
di fare quel che si vuole in economia. In ultima analisi, è la distinzione tra
sistema politico liberale e sistema economico-liberista, ma soprattutto “di
mercato” – che risulta fondamentale. “Guai a non farla” ammonisce
Sartori. Premesso ciò, personalmente trovo delle contraddizioni rispetto a
quanto sottolineato da Renzi in un recente passato nell’ambito della sua
rilettura di Bobbio (cfr. articolo su Fuoriportaweb, in data 28.02.2014, dal
titolo “Due modi di leggere la società: la distinzione destra/sinistra, Renzi
rilegge Bobbio”). Riportavo il pensiero della politologa Nadia Urbinati per
meglio comprendere le coordinate ideali e culturali del nuovo presidente del
Consiglio e segretario del PD. <<Sono due – ha scritto Urbinati – i
paradigmi centrali che fanno da architrave della sinistra renziana: la revisione
a trecentosessanta gradi della filosofia dell’eguaglianza sulla quale Bobbio
aveva costruito la dicotomia e, in conseguenza di ciò, la ridefinizione della
coppia destra/sinistra… Oggi il liberismo – ha detto Renzi nella predetta
sua rilettura di Bobbio – è nelle cose. La nuova sinistra deve ripartire di
qui, da quel che c’è per andare avanti: e quel che c’è è appunto il lascito
liberista dal quale non si può prescindere>>.
(Dunque ora non più‘liberismo’? L’interrogativo è di chi scrive queste note,
alla luce dell’intervista a Repubblica). <<Ecco perché – ha precisato
Nadia Urbinati - la dicotomia di Bobbio è passè (…). La diade di cui la nuova
sinistra sembra aver bisogno è più marcatamente liberale di quella bobbiana e
attenuata dalla solidarietà morale cristiana>>. Insomma, gli ‘ultimi’, una
categoria che non appartiene nè alla sinistra né alla politica, ed è morale ed
evangelica. La solidarietà giunge quando gli individui cadono. <<E’ una
prospettiva – annotava Urbinati - che non fa centro sull’eguaglianza
delle opportunità ma su una base di energia personale in una lotta quasi
darwiniana per salire su, per non essere “ultimi”, per vincere >>. In verità il
merito se dissociato dall’eguaglianza delle opportunità <<che il mercato non
crea spontaneamente, esso diventa un passaporto per l’affermazione di chi si
trova già in condizioni di vantaggio>>. Il filosofo Salvatore Veca
interpreta il concetto di eguaglianza nel solo modo a essa compatibile, come
eguaglianza delle opportunità. La quale, a sua volta, coerentemente con le
posizioni di fondo del socialismo liberale, deve caratterizzare l’agenda
politica delle forze progressiste per “mirare a rendere eguale o meno
diseguale il valore che la libertà ha per le persone”. E veniamo ai timori
per la riforma del sistema politico. Al riguardo cito l’articolo di Piero
Ostellino dal titolo “La legge Acerbo di Matteo” (cfr. Il Giornale, 1
ottobre 2015), riferendone alcuni passaggi. <<Renzi non sta riformando il
sistema politico per renderlo più veloce ed efficiente. Renzi sta letteralmente
cambiando la forma e la natura dello Stato uscito nel 1948 dall’Assemblea
costituente, in funzione del potere personale di chi ricoprirà la carica di capo
del governo dopo le prossime elezioni. Se, poi, si pone mente alla riforma del
sistema elettorale – palesemente destinata a conferire al presidente del
Consiglio in probabile competizione con Grillo un potere assoluto – le
analogie diventano ancora più inquietanti (…). E’ sufficientemente furbo da aver
capito che cosa pensano e vogliono gli italiani che di lui sono entusiasti e,
cinicamente, glielo dà. Forse (forse) i miei quattro amici liberali non hanno
tutti i torti…>>. E in questa rassegna non può mancare l’opinione di Eugenio
Scalfari (cfr. Repubblica, 4 ottobre 2015). <<.. Renzi vuole comandare da
solo e non lo nasconde. Non con editti ma con la capacità di farsi amare. A Roma
uno come lui lo chiamano”piacione”… Vuole la sinistra purchè sia moderna, alla
moda di Tony Blair che ereditò e mantenne viva nella sua essenza la politica
della Thatcher, non più di destra ma di centro. Questo è Renzi…>>.
Personalmente sono più pessimista.
Si scivolerà verso un governo del Primo ministro senza i necessari pesi e
contrappesi previsti dai nostri costituenti. Insomma Renzi vuole che l’Esecutivo
sia “nettamente più forte del legislativo”. Fin quando la legge non sarà
definitivamente approvata voglio coltivare una sia pur flebile speranza di
modifiche riequilibratici da parte dei senatori. Al termine di queste note
ritengo opportuno segnalare la necessità che non vada sottaciuto il rischio che
corre la democrazia quando i rappresentanti votati in Parlamento non incidono
sulla vita effettiva delle persone. Ciò può comportare lo scivolamento verso
forme di populismo. “La deriva populista ha l’effetto controproducente di
scavare un solco sempre più profondo tra potere e società rendendo il primo
ancora più indipendente dalla seconda” (così Roberto Esposito, Repubblica 4
ottobre).