27/8/2015 ● Cultura
Il museo del cuore
Il 24 agosto scorso in una lettera apparsa sul blog di "Repubblica.it" si
amplificava l'appello culturale delle professionalità nell'ambito della riforma nella gestione
dei musei in Italia, "Legge
Madia: due appelli a Mattarella, dal Mibact". In sostanza, per
il rispetto legislativo dell’Articolo 9, tanti cittadini attenti alle
sensibilità culturali hanno chiesto il rispetto della Costituzione Italiana.
Si legge nell'appello: "[...] La suddivisione tra tutela e valorizzazione,
quindi tra Soprintendenze e Musei Nazionali e Luoghi della Cultura deve ancora
essere realizzata e resa efficace anche perché non è stata accompagnata da
istruzioni operative adeguate che potessero consentire tale scissione senza
danneggiare o rischiare di obliterare porzioni del patrimonio indisponibile
dello Stato. Particolarmente complessa, a questo riguardo, risulta la scissione
tra Musei archeologici, tradizionalmente legati ai beni di provenienza
territoriale, e le relative Soprintendenze Archeologia [...]".
Anche se solo per investire (forse?) di criticità burocratica ciò che è all’atto
pratico (forse?) un eccesso di incertezza collettiva in materia di
tutela e di valorizzazione del bene comune, poiché anche nel nostro contesto
civico si prospetta il tentativo di complicare il confine culturale tra “museo”
e “mostra”, con consapevolezza costituzionale e con autentica forza
civica occorre sostenere le valenze educative che riservano soprattutto i “musei
archeologici” in Italia, storicamente e “tradizionalmente legati ai beni
di provenienza territoriale”.
Quando non funzionano, per (in)opportune (in)giustificabili gestioni, i" luoghi per i
beni della Cultura" (magari abbandonati, purtroppo (rin)chiusi per insensibilità
civiche, e per distrazioni varie non valorizzati e/o non adeguati nel tempo alle
norme di sicurezza in periodica emanazione prescrittiva, etc.), poi davvero non
ha alcun senso civico ridurre i contenitori di conoscenza umana alla definizione di “mostra”
di beni e di cocci, come nel caso dei reperti archeologici, che appartengono,
per storia “patria” e per identità culturale, al patrimonio civico della
comunità che ha custodito la memoria culturale per secoli, prima di riemergere
dalle profonde radici di un’aggregazione generazionale.
Pur (ri)conoscendo le attuali difficoltà oggettive della Pubblica Amministrazione in Italia, complicare di intepretazioni di e da ogni ambito il confine culturale tra “museo” e “mostra” mette(rà?)
in gioco il patrimonio umano della "sensibilità culturale", cosciente e
consapevole dei valori "archeologici" espressi dalle disponiblità del territorio. Ci disse - ai presenti - l'archeologa Angela Di Niro (MiBACT Molise) per le "Giornate del patrimonio" (2006): “Aver trovato questa enorme disponibilità a Guglionesi, da parte del Comune e della comunità di Guglionesi, non poteva spingerci a dare delle risposte […].”
In una piccola o grande comunità, per il principio costituzionale dell'Articolo
9 ma pure per tanti altri svariati motivi, con affetto generazionale un
luogo civico per i “beni di provenienza territoriale” costituisce il vero “museo
del cuore”.