15/6/2015 ● Cultura
La possibile filiera corta della pasta tra innovazione e tradizione
Al fine di ricondurre alcune problematiche aperte in un precedente intervento
sull’agricoltura locale e, prima di indurre il tema della “filiera corta della
pasta “ a partire dal grano duro locale , mi è d’obbligo richiamare alcuni dati
perché all’interno degli stessi ci sono le premesse che spiegano le ragioni che,
puntando sulla filiera corta della pasta , motivano l’avvio di un approccio
aziendale innovativo in agricoltura che vada oltre la produzione sul campo
,completando localmente il processo di lavorazione del grano ,prolungandolo fino
al confezionamento del prodotto finito : la pasta essiccata . Ma venendo in
sintesi ai dati ; si riscontra che:
- a Guglionesi sono coltivati a seminativo i terreni di 706 unità agricole
-la quasi totalità delle unità agricole attive è a conduzione diretta
-l’estensione media aziendale ammonta a circa 10 ettari .
-gli ettari coltivati a grano sono 6961
Per quanto attiene l’impiego di capitale umano:
- il conduttore del fondo presta il suo lavoro in tutte le aziende censite
-è invece saltuario il lavoro di collaborazione dei familiari del conduttore ,
aggiungendosi a quello del capoazienda solo nel 17%.
- un dato poco confortante riguarda le aziende che si avvalgono della
collaborazione di un familiare con meno di 40 anni e che contribuisca con almeno
100 giornate di lavoro alla formazione del reddito : si avvalgono solo l’1%
delle aziende.
Per quanto riguarda altra manodopera extrafamiliare censita che presta lavoro in
agricoltura, sono 369 le unità che annualmente vengono impiegate mediamente per
un totale di 38 giornate.
L’ultimo punto in premessa riguarda il grado di scolarizzazione dei capoazienda.
- rappresentano il 5% i capoazienda senza alcun titolo di studio ( mediamente
effettuano 78 giornate lavorative annue)
- sono forniti di licenza elementare il 28% dei capoazienda ( effettuano
mediamente 72 giornate lavorative)
-hanno un titolo di scuola media dell’obbligo il 29% dei capoazienda (
effettuano mediamente 72 giornate lavorative )
- Hanno conseguito il titolo di S.M. Superiore il 26% dei capoazienda
-sono laureati il 10% dei capoazienda
Per quanto concerne il lavoro giovanile prestato in agricoltura: su 100
agricoltori 10 sono giovani ; mentre il 37 % dei lavoratori della terra
guglionesani supera i 65 anni ( un ‘età pensionabile e/o pensionata anche per il
fatto che l’attività agricola è di fatto un lavoro usurante). Cosa mette prin
cipalmente in evidenza questa limitata premessa i socioeconomica ? Certamente la
fuga dei giovani dalle campagne ; il sicuro sottoutilizzo del capitale (terreni
, macchine agricole, case rurali…) ; il sicuro sottoutilizzo del capitale umano
( mediamente un lavoratore dei campi presta 60 giornate lavorative annue); la
scarsa imprenditorialità spiegata dalla stragrande diffusione della monocoltura
(grano)e dal diffusissimo contoterzismo ( per la trebbiatura, aratura...) che
depone per una scarsa capitalizzazione della meccanica agraria aziendale . Tutto
questo impone un radicale cambio di paradigma nel nostro pur imponente settore
primario locale che inevitabilmente deve partire da una soppesata analisi
dell’esistente , in specie riferita alla produzione di grano . E’ un fatto che
nel 2013 sono stati prodotti e conferiti presso le locali agenzie commerciali
che operano del settore ben 340.000 (trecentoquarantamila!) quintali di grano,
frutto di una resa di 45-50 q.li ha ( dati aggregati derivanti da una
comunicazione personale dei commercianti del territorio ). Nel 2014
,complessivamente c’è stata una riduzione del 25% della produzione cerealicola
locale , anche in ragione , si ricorderà di diffusi attacchi di ruggine ); una
produzione che tuttavia resta massiva e sostenuta. Alla luce di tali volumi di
prodotto scambiati sul mercato , ci si chiede; com’è possibile che l’agricoltore
che li ha prodotti si fermi alla fase della vendita sul campo , non immaginando
neppure quale alto profitto, il produttore primario potrebbe generare per sé,
per i suoi figli e per i disoccupati soprattutto giovani locali qualora volesse
proseguire , consorziandosi con altri similari produttori allo scopo di
prolungare le altre fasi della filiera , fino alla collocazione del prodotto
finito, all’ingrosso o al dettaglio sul mercato del territorio . E’ da questa
semplice riflessione già ampiamente sperimentata altrove , (nelle Marche da
oltre vent’anni con il fattivo contributo economico e un corrispondente apparato
legislativo ad hoc della Regione )che vogliamo lanciare un progetto locale di”
filiera corta della pasta prodotta con il grano duro locale” che proponiamo qui
per la sua concreta fattibilità ; riepilogo per comodità del lettore le
carattestiche salienti della filiera corta ; rimette nelle mani del produttore
la molitura del grano ; la lavorazione della farina per il confezionamento di
alcuni formati di pasta essiccata , la sua collocazione sul mercato . E’ appena
il caso di operare un confronto con quanto ho vissuto personalmente in modo
similare ( era la tradizione almeno centenaria dei nostri antenati contadini ) a
livello familiare : ricordo che mio padre alla vendita della scarsa produzione
di grano accantonava due partite ; una per la semina , circa due q,li/ ha ed una
per l ‘autoconsumo familiare; secondo necessità in modo scaglionato durante
l’anno si moliva , al molino Rinaldi ( o Della Porta) , per ricavarne farine che
mia madre lavorava per fare la “pasta fresca” e per la panificazione , insieme
alla crusca per i” brodoloni “ del maiale .Ma , veniamo agli indubbi vantaggi
economici ed al benessere complessivo locale che la filiera corta praticata
potrebbe apportare: la ridistribuzione tra i lavoratori agricoli consorziati dei
guadagni maggiorati alla vendita del prodotto finito. ; l’ampliamento della base
lavorativa in agricoltura attraverso l’ulteriore impegno dei lavoratori non solo
nella produzione sul campo , ma anche nelle altre fasi della lavorazione del
grano; trasporto, distribuzione , contabilità … Non taccio i vantaggi aggiuntivi
che pure hanno una importante ricaduta sul sociale più vasto . Mi premuro di
elencarli al fine di fornire un quadro più esaustivo : riaffida al produttore
primario il controllo dell’intero ciclo di produzione della pasta ; cambia e
riorienta consolidate abitudini produttive ( oggi spesso configgenti con la
tutela ambientale) , sia nella fase di scelta delle varierà da coltivare (
Cappelli …) sia nel protocollo delle procedure, delle tecniche agronomiche da
seguire ad iniziare dalla preparazione del terreno per la semina, la semina, i
trattamenti, la concimazione …; la conservazione e lo stoccaggio in silos di
nuova generazione che impiegano mezzi fisici di conservazione del grano che non
alterano le caratteristiche organolettiche del medesimo ; la molitura del grano
in un mulino a pietra, che esalta le caratteristiche delle farine ; ed ancora...
la lavorazione delle farine in pasta potrà avvalersi dell’esperienza di maestri
pastai che stabiliranno il giusto mix delle farine volto ad ottenere una buona
pasta , che mantenga bene la cottura, ed che esalti le caratteristiche del
cultivar scelto alla semina …
L’ultima nota riguarda l’etichettatura da apporsi sulla carta imbustata che al
termine di una filiera che abbia requisiti di affidabilità e credibilità deve
riportare : Il logo o marchio del consorzio; la denominazione per elencazione
delle aziende che hanno prodotto il grano duro; il molino che ha sfarinato il
grano, l’industria pastaia che ha lavorato le farine . In conclusione , ci
chiediamo, quale possa essere il vantaggio economico degli agricoltori che
vogliano industriarsi per la messa in opera di una filiera corta della pasta. Il
primo è auto evidente : poiché gli agricoltori consorziati sono gli stessi che
seguono tutte le fasi della filiera ad possono guadagnare il valore aggiunto del
prodotto ( ovviamente detratte le spese) ad ogni fase della filiera aumentando
così significativamente il loro reddito individuale. In modo non secondario I
produttori consorziati introducono nel processo di trasformazione del grano in
pasta importanti requisiti di qualità , oltre a recuperare la tradizione locale
del consumare la pasta fatta con un grano duro tracciato . Da ultimo, gli
agricoltori locali che hanno seminativi e che per lunghi periodi dell’anno sono
in genere sottoccupati hanno la concreta possibilità di implementare la loro
occupazione nelle ulteriori fasi di trasformazione del grano fino alla
collocazione sul mercato del prodotto finito. Un tale progetto si realizzerà,
non si realizzerà?...” I have a dream” , che non è il sogno alto di veder
riconosciuti i diritti civili agli afroamericani perorato da Martin Luther King
, bensì io ho un sogno molto più modesto : quello di veder rispettati i diritti
della natura che fa parte del mio paesaggio ( a non essere violentata sul campo
da innumerevoli artificialità …) ed il mio diritto alla prelazione del grano
locale , rispetto alle multinazionali della pasta , perché emergenti ,
intraprendenti, imprenditori locali , mi permettano un giorno, spero non
lontano, di consumare a tavola la pasta fatta con la farina di grano duro
locale.