30/4/2015 ● Cultura
Adamo e Leo, figure storiche del monachesimo nelle fonti benedettine della "Chronica"
[...] In quali contesti, storico e archivistico, si alimentano le tradizioni che
spingeranno i guglionesani a possedere, nel 1102, le reliquie di un beato monaco
di nome Adamo, secondo la memoria locale “abate”, e il popolo di San Martino in
Pensilis ad accogliere, tra il 1154 e il 1182 le reliquie del beato Leo(ne) al
fine di elevare entrambi i “fratelli” religiosi, nello stesso secolo, a santi
Patroni delle rispettive comunità civiche?
[...] Il racconto della prima traslazione delle reliquie di Sant'Adamo, Patrono
di Guglionesi, segnala quale “beato” il benedettino Adamo sepolto a Petacciato
(1102), come del resto, nella tradizione di San Martino in Pensilis, “beato” è
anche il monaco Leo per l’iscrizione sulla sua lapide di sepoltura (1154-1182)
rinvenuta a Lichiano. Dunque, due monaci “beati”, cioè degni di tanta devozione
popolare tra l’XI e il XII secolo, i quali furono elevati e solennemente
celebrati come santi Patroni alla stessa maniera: con i pellegrinaggi della
carrese, durante e lungo i tragitti delle prime traslazioni delle loro sacre
reliquie. Così, a partire dal XII secolo, dalle sepolture monastiche alle
periferie urbane entrambe le comunitas di Guglionesi e di San Martino in
Pensilis, grazie alla presa di possesso delle reliquie di due “beati” del
monachesimo benedettino, consolideranno giuridicamente le costituende
Universitas nelle rispettive dignità civiche e religiose. Come per la
circostanza della contiguità territoriale all’epoca dell’intendenza benedettina,
nella stessa fonte storica della Chronica monasterii Casinensis – dove
sono constatate la contemporaneità e la familiarità dei due monaci benedettini –
un certo Leo, abate in Roma, fu il custode dell’esclusiva rivelazione sulle
reliquie di San Benedetto, figura universale per la storia patria benedettina.
Una visione mistica confidata all’abate Leo, per ragioni di intime
frequentazioni, da un “fratello” religioso di nome “Adam” e autorizzata ad
essere rivelata solo dopo la morte dello stesso visionario [...].
Nella pietà popolare, grazie alle carresi devozionali per i santi patroni,
restano affetti e tracce della “grande familiarità”: la Laudata di San Leo
della carrese di San Martino in Pensilis [“E Sant’Adame ch’è lu cumpagnone”]
e un antico canto (putroppo non più evocato nella tradizione guglionesana!) della carrese di Guglionesi [“A San Leon di Sammartin mi appello”] reciprocamente intonano le fraterne sante protezioni “ad vocatione” dei monaci benedettini Adamo e Leo.
Una “grande familiarità” vissuta, forse, all’ombra della Chronica monasterii
Casinensis (o Cronache Cassinesi) benedettina e che potrebbe sedimentare sul
fondo – per certi versi ancora ignoto – delle tradizioni locali, su vari livelli
di lettura, storica e agiografica.
Nella Chronica è testimoniata la “seconda rivelazione” attribuita
al monaco di nome “Adam”, custode dell’antica basilica patriarcale e memorabile
per aver confermato in Montecassino la presenza dei resti mortali di San
Benedetto e della sorella Santa Scolastica, dei quali santi scomparvero le
tracce delle reliquie anche a seguito delle distruzioni saracene e del lento
declino monastico del cenobio benedettino a cavallo del primo millennio.
Nella “rivelazione” mistica della Chronica è attestato un legame
affettivo, di monastica “familiarità” benedettina, tra un “domnus Leo” di
“sanctae memoriae” (venerabile abate nel monastero di San Paolo in Roma)
e un certo “Adam religiosissimo ac sanctissimo viro ecclesia suae custodi,
idem beatissimus pater” [...].
[Breve estratto da: SORELLA Luigi, "Fonti benedettine nella Chronica
monasterii Casinensis: il monaco Adamo e l'abate Leo, figure storiche del
monachesimo" (pp. 195-220), in AA.VV. "Le traslazioni dei Santi. Le
carresi. Riferimenti biblici, origini, riti e tradizioni", Città Nuova,
Roma, 2014]