1/4/2015 ● Cultura
L’urlo, del bene e del male, nell’albero della conoscenza
Ci sono affreschi e dipinti della storia dell’arte che è possibile ascoltare, oltre che
osservare, ammirare, meditare, leggere, interpretare...
L’Urlo (1893) è un noto dipinto di Edvard Munch, del quale titolo originale in
norvegese è “Skrik”, appunto “il grido”.
Andando indietro nel tempo, rispetto a Munch, fino alla seconda metà del secolo
decimo sesto, nella cripta romanica di Santa Maria Maggiore di Guglionesi (Molise), nella
cappella del santo Patrono (Sant’Adamo di Guglionesi), si conserva una scena
biblica cinquecentesca (1587) della Genesi che richiama “Il peccato originale”.
«Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni
da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della
conoscenza del bene e del male» (Genesi 2,9).
L’albero della conoscenza del bene e del male è collocato al centro del
giardino di Eden. Confrontando la scena di Guglionesi con altre autorevoli
citazioni, e non solo del manierismo, ho il sospetto recondito – la mia
osservazione pittorica sarebbe un’esclusiva e sensazionale interpretazione nel
panorama artistico in generale! – che l’albero della conoscenza del bene e del
male, al centro della scena secondo la celebrazione biblica, sia stato dipinto
con evidente allusione allo “stupore” verso il peccato, non solo artistico: l'accenno ai due “occhi”
e a una “bocca” spalancata; le “fattezze” emergenti da una sagoma del serpente, che
si avvolge intorno all’albero quasi a disegnare la forma di un volto sul tronco
stesso dell’arbusto paradisiaco. Probabilmente trattasi di un “urlo” ricondotto
artisticamente alla valenza biblica dell’albero della conoscenza non a caso al
centro dell’Eden nel momento del peccato originale commesso da Adamo ed Eva.
Culturalmente lo “stupore” dell’albero della conoscenza nell’affresco manierista
di Guglionesi – ribadisco, caso rarissimo nella pittura rinascimentale italiana!
– rimanda a un’evocazione della Biblia pauperum reinterpretata con
“caratterizzazioni” figurative e tradotte nel linguaggio rinascimentale. Un
“urlo” trattenuto nello “stupore”, come in un cartoon paradossalmente muto,
senza parole e senza sottotitoli. Un dettaglio artistico, in una sequenza
scenica, interpretato per reggere il gesto delle tre mani convergenti nel frutto
proibito.
La consapevolezza della conoscenza del bene e del male è descritta anche nel libro
sacro dell'Islam, il Corano, in una “sura” in cui Maometto avverte Adamo
e Eva di tenersi lontani dai frutti dell’albero proibito.
«E Dio impose all'uomo anche questo comando: «Di ogni albero del giardino puoi
mangiare a sazietà. Ma in quanto all'albero della conoscenza del bene e del male
non ne devi mangiare, poiché nel giorno in cui ne mangerai certamente dovrai
morire» (Genesi 2,16).
Nella Divina Commedia Dante Alighieri cita la cacciata dall'Eden nel Canto XXVI del Paradiso: "Or, figluol mio, non il gustar del legno fu per sé la cagion di tanto essilio, ma solamente il trapassar del segno." - Ora, figlio mio, la ragione della mia cacciata dall'Eden non fu la gola per aver assaggiato il frutto proibito, ma solo l'aver infranto i divieti divini (in materia di conoscenza).
Poi la vicenda della scena biblica è ampiamente descritta, interpretata e
amplificata non solo da autorevoli studiosi di storia dell'arte.
[Breve estratto da: Luigi Sorella "Guglionesi. Appunti di storia dell'arte" in archivio famiglia L. Sorella]
Fotografia di Luigi Sorella