BLOG FONDATO NEL GIUGNO DEL 2000
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Un viaggio nella cultura non ha alcuna meta: la Bellezza genera sensibilità alla consapevolezza.

Luigi Sorella (blogger).
Nato nel 1968.

Operatore con esperienze professionali (web designer, copywriter, direttore di collana editoriale, videomaker, fotografia digitale professionale, graphic developer), dal 2000 è attivo nel campo dell'innovazione, nella comunicazione, nell'informazione e nella divulgazione (impaginazioni d'arte per libri, cataloghi, opuscoli, allestimenti, grafiche etc.) delle soluzioni digitali, della rete, della stampa, della progettazione multimediale, della programmazione, della gestione web e della video-fotografia. Svolge la sua attività professionale presso la ditta ARS idea studio di Guglionesi.

Come operatore con esperienza professionale e qualificata per la progettazione e la gestione informatica su piattaforme digtiali è in possesso delle certificazioni European Informatics Passport.

Il 10 giugno del 2000 fonda il blog FUORI PORTA WEB, tra i primi blog fondati in Italia (circa 3.200.000 visualizzazioni/letture, cfr link).
Le divulgazioni del blog, a carattere culturale nonché editoriale, sono state riprese e citate da pubblicazioni internazionali.

Ha pubblicato libri di varia saggistica divulgativa, collaborando a numerose iniziative culturali.

"E Luigi svela, così, l'irresistibile follia interiore per l'alma terra dei padri sacra e santa." Vincenzo Di Sabato

Per ulteriori informazioni   LUIGI SORELLA


23/10/2014 ● Cultura

L’insostenibile leggerezza del pensiero facile


  Mario Vaccaro ● 1360


Sebbene mostri il dovuto rispetto alle altrui opinioni - e ci mancherebbe - nella sostanza non presto molta cura al pensiero degli altri, inteso in quell'accezione che suole definirsi "comune". Non credo influenzi la mia, di opinione, e tuttavia occorre tenerne conto quantomeno per questioni di metodo: quando rifletti su qualcosa è un necessario viatico procedere all'analisi del pensiero diffuso esistente sul tale argomento. E soprattutto credo che, in quanto meditata, la parola scritta porti sulle spalle un onere che l'orale, data l'indefettbile ipocrisia connessa alle dinamiche dei ruoli sociali, non avverte quale obbligo morale: quando si scrive non si fanno prigionieri. Insomma, la scrittura esige crudeltà, così verso se stessi come con gli altri. Già, chè quando si parla di se stessi si dice anche degli altri e viceversa. E crudezza ci vuole, le elaborazioni essendo magari gradite a fini estetici, mentre informazioni ed opinioni vanno riportate genuinamente, senza barocchismi, sofisticazioni ed edulcorazioni che allontanano dal piano della realtà (lasciamolo fare ai giornalisti, pagati anche per questo).

Spero non confondiate le mie intenzioni: nessuna lezione da parte mia - che non farei gratis - solo una precisazione dopo il mio ultimo scritto, mal digerito da qualcuno. Anzi, essendo questo il mio intento, sarò diretto quanto mai: sparare cazzate in giro, tra amici, può risultare assai divertente, e di questo sport sono un acceso fan. Se uno, invece, si prende la briga di mettersi davanti al PC per rendere pubblici pensieri tradotti in parole digitate con pazienza tattile, evidentemente avverte la necessità di esternare un'opinione, in maniera ben più seria di quella che è la contingenza a dettare, quel cazzeggiare che tanto ci garba fare appunto in compagnia degli amici. Ora, una volta assunto l'onere di dire la propria, perché non continuare con lo stesso rigore, reperendo le informazioni idonee per edificare un solido punto di vista? Altrimenti si rischia di aderire a slogan - e a volte fare pure figure di merda - anziché procedere a valutazioni basate su due criteri generalmente riconosciuti, di causa-effetto e di applicazione di un peso ed una misura. Tante di quelle opinioni con l’incipit “nonsonorazzistama” sono invece discriminatorie al di là dell’apparenza se ivi si postula una differenza di trattamento per gli stranieri - in realtà una parte di essi - senza specificarne il fondamento. Quel che osservo - ma magari ho una vista annebbiata - è il serpeggiare di un sentimento di avversione, acuitosi in questi anni di crisi, manifestato in differenti gradazioni: ad esempio nei confronti dei rumeni, su cui pure usiamo spendere considerazioni analoghe, non siamo così severi come per i neri. Personalmente, lungi dal voler giudicare chicchessia, mi piacerebbe vivere in una comunità in cui, almeno quando si toccano argomenti relativi alla dignità umana, i miei “coinquilini” non saltino alle conclusioni senza aver ponderato bene la questione, non giungano ad affermare che taluno sfrutta la situazione senza aver vagliato attentamente le complesse circostanze per determinare chi è che sfrutta chi.

Ma forse sono troppo esigente, avendo le persone, al contrario di me, cose ben più serie su cui concentrarsi. Eccone una, ad esempio, la vicenda di Corona, per la quale molti si sono spesi a favore, ritenendo la sua condanna ingiusta, con Celentano a far da capopopolo. Le esternazioni del Molleggiato sono solito sottoscriverle in pieno, al contrario è probabile ch’io nutra un pregiudizio verso il pensiero dominante, dacché anche stavolta non condivido tale appello. Ma soprattutto ha fatto capolino nella mia mente uno slogan di oltre 30 anni fa: “Curcio libero”. L'accostamento appare bizzarro poiché i due condividono unicamente l'iniziale del cognome. Ma è proprio l'essere agli antipodi l'oggetto del mio interesse, quale spia della differenza profonda tra due società divise da una sola mezza dozzina di lustri. In verità un altro punto in comune c'è, ovvero l'essersi entrambi macchiati di gravi reati, Curcio in particolare. Il suo movente tuttavia era politico. Certo non attenua la gravità dei reati a lui ascritti, ma lo esime quantomeno dall'alone di meschinità che connota le condotte criminose. Non è questa una mera opinione del sottoscritto, bensì una realtà codificata un po’ ovunque nel diritto occidentale: pure l'Italia non concede l'estradizione per siffatti reati, riconoscendo indirettamente una certa qual nobiltà alle azioni - pur gravissime, lo ribadisco - dettate da tale movente. Sui muri e nei cortei di un'Italia che si nutriva di pane e impegno politico veniva esternata, con maggior discrezione rispetto ai filo-coroniani, la richiesta di libertà per un uomo convinto che la lotta armata fosse l’unica soluzione per opporsi alla progressiva affermazione della SIM - questa la denominazione usata dai brigatisti per il nostro Paese: Stato IMperialista.

L'Italia che si preoccupa delle sorti di Corona utilizza invece, quale companatico, la TV. Già, quella che ha fornito molti particolari del processo e più volte, tanto da permettere ad uno come me, che l'elettrodomestico frequenta poco e di Corona gliene frega ancor meno, di essere informato sulla vicenda. Ricordo l'arroganza con cui esternava preventivamente le stesse argomentazioni sbandierate oggi da chi lo vorrebbe libero: sfruttando l'interesse mediatico sulle sue merdate aveva inteso acquisire quella notorietà che gli avrebbe garantito l'impunità. Il suo ragionamento, esternato pure davanti ai giudici, era il seguente: sono nel giro che conta, quello di cui fa parte gente che, pur macchiandosi di reati più gravi, ha conseguito l'impunità, ergo spetta di diritto anche a me. Non che avesse torto. La scritta campeggiante nei tribunali è una sintesi per riduzione, l'originale suona cosi: la legge è uguale per tutti ... quelli che possono permettersi un buon avvocato. Il suo errore, tuttavia, è stato quello di fare pubblicità preventiva a quel gesto dimostrativo che Sordi-marchese del Grillo fece per evidenziare l'iniquità del sistema giudiziario. Ora "perché io sono io e voi non siete un cazzo" provi a dirlo al suo coinquilino che condivide 6 mq di cella con lui. Avesse tenuto presente il finale di un altro film, “Indagini su un cittadino …”, se la sarebbe cavata come Volontè, costretto ad ingurgitare acqua e sale: impunità non fa rima con pubblicità, ma con discrezione.

Anche se non sono un moralista, non ho potuto fare a meno di notare come, complice la TV, abbia fatto del suo squallido comportamento uno show, divertendo gli uni e indignando gli altri. Ma qui m’interessa solo evidenziare nuovamente come siamo usi esprimere opinioni con disincantata leggerezza. Condanna esagerata, dice qualcuno, c'è chi ha fatto di peggio e sta in libertà, affermano altri. Due soli, a mio parere, gli itinerari per giungere a siffatte conclusioni: la voglia di scherzare o l’ignoranza dei fatti. In tali idiozie, inoltre, è lecito intravedere una velata critica al sistema giudiziario. Sì, mi dispiace dirlo ma sono idiozie, e procederò ad un riassunto della fedina penale affinchè comprendiate che non è il caso di offendersi, essendo anzi siffatte opinioni atte ad offendere, se non la morale corrente ed il pubblico decoro, la pura e semplice logica. Estorsioni a gogò, una dozzina circa. Dicesi … l’atto di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, costringendo mediante violenza o minaccia taluno a fare o ad omettere alcunchè. Una robetta da poco, un crimine molto in uso tra i mafiosi: il racket è una delle voci principali tra le entrate nel loro bilancio. Ma vanta pure aggressione a pubblico ufficiale, estorsione aggravata e trattamento illecito di dati personali, detenzione e spendita di banconote false e detenzione e ricettazione di una pistola. Ha poi dei procedimenti in corso per bancarotta ed evasione fiscale, corruzione, diffamazione, truffa e appropriazione indebita. Fatemi capire, se uno così non merita la galera, i carceri per chi dovremmo tenerli aperti, solo per Charles Manson?

E tuttavia neppure questo è quel che davvero mi preme dire. Anch’io non voglio Corona in carcere perché non credo che, così come oggi concepito, sia un valido sistema per emendare gli autori di reati. Mi dispiace tuttavia che la sensibilità della gente avverso un problema insorga sempre in ritardo e per cause traverse. Il sistema carcerario italiano è un'autentica cloaca di cui la società preferisce ignorare l'esistenza, l’importante è tenere il coperchio sigillato. Fu scoperchiata una prima volta nel ‘93, quando Di Pietro usò lo strumento della carcerazione preventiva per far confessare i politici. Quando è toccato ad un gruppo di fighetti farsi mesi di carcere in attesa di giudizio, la stampa si è accorta di un’ingiustizia che sino ad allora avevano subito migliaia di italiani, in silenzio. Cusani all’epoca denunciò i drammi della condizione carceraria, lui stesso simbolo di una palese ingiustizia che noi italiani, come tante altre, siamo usi digerire allegramente fino a quando non ne siamo destinatari: era il sig. Nessuno che consegnava materialmente le tangenti commissionate per i vari Forlani, Pomicino ecc., i quali tuttavia non hanno scontato 7 anni come lui. Ma se il luogo comune recita che in galera non ci va nessuno, quali allora le cause della sovrappopolazione, che fa sì che non si rispetti neppure il già esiguo limite di mq 3 cadauno?

Sono proprio le cause di tale fenomeno a farmi gridare un convinto esticazzi di fronte alla vicenda di Corona. Circa metà della popolazione carceraria è composta da tossici - autori dei piccoli reati che siamo soliti accomunare sotto la voce "microcriminalità" - e da immigrati clandestini. Questo dato ci dà l'esatta dimensione della nostra intolleranza e dell'ipocrisia che è l'effigie campeggiante sull'altra faccia della moneta. A rigor di logica, e per principi di diritto, entrambe le categorie non dovrebbero essere lì. I primi compiono piccoli reati per stato di necessità o incapacità d'intendere che dir si voglia, gli altri per un non-reato che solo da noi è previsto come tale per far fronte alla nostra incapacità di estromettere i clandestini. Fra circa un anno verrà depenalizzato - grazie alle pressioni dell'Europa - ma sino ad allora gli stranieri che non ottemperano all'ordine di espulsione continueranno ad andare in galera. Quelli che rimproverano al nostro paese di trattare troppo bene gli stranieri hanno su questo punto ragione da vendere: gli italiani hanno il problema degli alloggi che agli stranieri concedono con tanta facilità … peccato solo per le sbarre alle finestre. Dopo Berlusconi, Corona vittima di un sistema iniquo. Un commento sintetico? “Pare che usiamo circa il 10-15% del potenziale del nostro cervello. Dai 20 ai 30 milioni di italiani, forse per timore che si scarichi la batteria, lo utilizza al minimo. Sono costoro gli italiani medi, quelli del pensiero facile”. No, in un tweet non ci sta. Il feroce sarcasmo napoletano li definirebbe come “chill ca tenen a cap pe sparter ‘e recchie” … questo sì.
PS: "Robertino" Cianci, nostro compaesano, lui sì che si è fatto tanti mesi di galera per … già, perchè? Per una goliardata. Per chi non sapesse chi è, appartiene ad una rara specie di uomini, quelli di cui, fattane la conoscenza, si è indotti a pensare: “7 miliardi così e il mondo non conoscerebbe guerre e fame”. Parafrasando: “nel paese dei disonesti sono gli innocenti a stare in prigione”.

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