14/10/2014 ● Scuola
Il populismo e la buona politica: i problemi complessi non si risolvono con gli slogan
Strano paese il nostro, nel quale si fa a gara a rimuovere il passato. In
ambito nazionale sentiamo ogni giorno dire dai nuovi governanti (eletti da chi?)
che bisogna cambiare tutto, perché vecchio e compromesso. Stesso discorso in
Molise dove i nuovi governanti, dimenticando la loro provenienza, richiamano
sempre a responsabilità di altri e mai alle proprie. Tra i cittadini, in tanti
ci si affida al messia di turno, senza fare i conti con la storia e dunque anche
con il contributo dato da ciascuno per modificare lo stato di cose esistente.
Manca l’etica della responsabilità e del controllo democratico sulle decisioni
prese.
In queste settimane si sta sviluppando sia in abito nazionale che in quello
regionale, un fuoco incrociato sul ruolo dei sindacati, sulla loro marginalità,
sul fatto che non rappresenterebbero i giovani ed i precari e sulla loro
sostanziale inutilità. Nel dibattito, ovviamente approssimato e fatto solo di
luoghi comuni, non si analizzano le funzioni, ma genericamente si ritiene i
sindacati responsabili, al pari della politica, dell’attuale situazione di
difficoltà in cui versa il nostro paese.
E’ un discorso vecchio: la generica condanna di tutti porta alla assoluzione di
ciascuno. Più difficile è distinguere le responsabilità, graduandole in ragione
di quanto fatto da ciascuno. Proviamo ad ampliare l’ambito entro il quale
inserire, ad esempio, il ruolo del sindacato. La Costituzione repubblicana
assegna ai sindacati funzioni importanti. Nell’art. 35 è scritto “La Repubblica
promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad
affermare e regolare i diritti del lavoro.” L’Art. 36 stabilisce: “Il lavoratore
ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo
lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia
un'esistenza libera e dignitosa.” L’Art. 39 disciplina che l'organizzazione
sindacale è libera. E che i sindacati: “Possono, rappresentati unitariamente in
proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con
efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il
contratto si riferisce.”
Tale ruolo è frutto di lotte e di conquiste a partire dalle prime leghe dei
lavoratori di fine Ottocento per arrivare alla formazione del sindacalismo
moderno con Di Vittorio e Pastore. I tempi sono cambi ed anche per il sindacato
si aprono nuove sfide.
Oggi, in un periodo in cui vanno di moda gli slogan (ad esempio: riduciamo i
diritti ed avremo più occupazione) e non le analisi supportate da riscontri
obiettivi, si vorrebbe eliminare il ruolo di rappresentanza sociale (individuale
e collettiva) del sindacato. Ma forse, più subdolamente, si vorrebbe un
sindacato disposto a sottoscrivere qualsiasi cosa, indipendentemente dal
contenuto, con ricatti e pressioni, com’è accaduto per il caso FIAT. A
legislazione vigente ciò non è possibile. Ci sono leggi ed accordi che hanno
bisogno, per districare i loro effetti, dei sindacati. Si pensi alla
sottoscrizione della cassa integrazione, al ruolo delle commissioni INPS, agli
enti bilaterali, alla contrattazione nazionale ed a quella integrativa. La lista
è lunga. Dunque, se non è pensabile eliminare la rappresentanza sociale,
l’azione che si sta portando avanti è quella di delegittimarla. Dire cioè che
non serve o che si è tutti collusi con il potere. La solita semplificazione che
lava le coscienze sporche.
A questi soloni della complessità si può rispondere in maniera semplice: entrate
nelle sedi dei sindacati e vedrete quanta gente vi si rivolge per assistenza,
tutela individuale, rivendicazione di diritti, volontà di migliorare il contesto
nel quale lavora. Il ruolo di supplenza dello stato, delle sue inefficienze,
della sua stressante burocrazia, del suo cattivo funzionamento, obbliga tanti
lavoratori e pensionati a rivolgersi anche ai sindacati. Ad esempio, nelle sedi
della FLC CGIL Molise sono arrivati nelle scorse settimane oltre 3.000 persone
che volevano fare domanda per inserirsi nelle graduatorie di terza fascia
d’istituto per il personale docente ed ATA, per chiedere un aiuto nella
complessa compilazione dei moduli che prevedono conoscenze e competenze al di
fuori dal comune. Ai governanti che non vogliono riconoscere il ruolo del
sindacato chiediamo semplicemente: perché non snellite le procedure? A chi dice
che il sindacato non rappresenterebbe i precari ricordiamo alcune cose. Avete
letto le nostre proposte per superare il precariato? Avete visto quante
iniziative abbiamo fatto sul tema? Sapete che oltre il 30% degli iscritti alla
FLC CGIL Molise, è composto da personale precario? Ed infine, sempre a titolo
d’esempio, a proposito della formazione professionale in regione. Da anni
abbiamo chiesto di cambiare registro, di fare una legge regionale che contenga
le competenze in ambito di istruzione e formazione professionale, impegnandoci
con specifiche proposte di merito. Adesso, nel momento in cui i problemi si sono
aggravati, si chiede di condividere percorsi fumosi senza prospettive.
La crisi è grave e le emergenze sono diffuse. I cittadini molisani non devono
essere illusi con formule che rappresentano scatole vuote. Devono prendere in
mano il loro destino, sapendo che a problemi complessi non si può rispondere con
la banalizzazione; avendo chiaro che occorre esercitare il diritto di critica e
di intervento, con la responsabilità che è propria di chi non delega ma vuole
fare la propria parte non solo nella scelta di chi deve governare e del
sindacato che deve rappresentarlo, ma anche nel vigilare costantemente che
quanto promesso venga realizzato.
Questo comporta che anche il sindacato deve essere sempre più un soggetto attivo
e propositivo, che non rincorre solo le emergenze, non si accontenta solo di
essere invitato a tavoli concertativi, non fa interventi a difesa dello status
quo, ma presenta proposte di merito, progetti concreti che tengano conto del
contesto produttivo, interviene per dare il proprio contributo in situazioni
obiettivamente complesse. Operazione difficile ma che in tanti casi si sta
facendo.
Di fronte alla crisi occorre sparigliare il campo. Non bastano gli schemi
classici per affrontarla. Bisogna pensare pure ad altri strumenti; lo ricorda
anche la nostra Costituzione all’art. 46. “Ai fini della elevazione economica e
sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica
riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti
stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.”
I cittadini hanno bisogno di una regione efficiente che funzioni e che
garantisca i servizi pubblici, di amministratori pubblici che si assumano
pienamente le loro responsabilità, di imprese che siano messe in condizioni di
poter investire per assicurare crescita e sviluppo e di sindacati che
rappresentino i diritti costituzionali di chi un lavoro lo cerca e di chi lo ha
trovato. Smarcarsi dal proprio fardello di oneri non fa fare al Molise alcun
passo avanti.