18/7/2014 ● Cultura
Direttore pastorale sociale e del lavoro: "Approccio laico alla questione famiglia"
La settimana che è appena conclusa ha visto la famiglia al centro di alcune
iniziative diocesane e non. Dopo la bella festa della famiglia, organizzata
dalla commissione diocesana sulla famiglia, giunta alla sua VII edizione, ho
avuto modo di partecipare ad un interessante incontro, organizzato sempre a
Termoli da due associazioni culturali. “Una, nessuna, centomila: la famiglia
nella società contemporanea” il titolo dell’incontro, con due relazioni tenute
da un sociologo e un assessore regionale.
A margine dei due eventi, vale la pena fare alcune considerazioni.
Primo: contrariamente a quanto si pensa comunemente, imputare alla mancanza di
fondi pubblici il ridimensionamento delle politiche di welfare a favore della
famiglia è fuorviante. Il problema va inquadrato dalla prospettiva esattamente
opposta: la scarsa natalità all’interno delle famiglie (siamo il Paese con il
record mondiale negativo di soli 1,4 figli per coppia) è tra le cause che
rischia di portare al collasso il nostro sistema di welfare. Nel 2000 è avvenuto
il sorpasso dei nonni sui nipoti; nel 2028 avverrà il sorpasso dei bisnonni (over
80) sui pronipoti (under 9). Nel 1951 in Italia c’erano 47,5 milioni di
residenti che avevano vissuto mediamente 31,6 anni e ne avevano davanti ancora
41,7. Nell’Italia di oggi, gli attuali 60,6 milioni di residenti hanno vissuto
in media 43,5 anni e ne hanno da vivere ancora 40,2: è avvenuto il sorpasso tra
passato e futuro. Semplificando: ci sono sempre meno persone in età da lavoro (e
sempre più pensionati), che vuol dire meno lavoratori che producono reddito e
consumano, versano le imposte per finanziare la macchina dello Stato e pagano i
contributi per le pensioni e le varie forme di sostegno al reddito.
Se non si comincia da subito ad invertire la tendenza delle nascite non ci sarà
riforma sanitaria o pensionistica che riuscirà a debellare il declino del nostro
sistema di welfare.
A scanso di equivoci, il problema di una politica a sostegno della famiglia non
riguarda cattolici e non: in questo campo il sistema fiscale della laicissima
Francia è all’avanguardia rispetto al nostro.
Secondo: non bastano i soldi ad incentivare le coppie ad avere figli. C’è una
fondamentale sfiducia nel futuro. Stante la difficoltà a trovare un lavoro
stabile, oggi i giovani si sposano sempre più tardi e, quando lo fanno,
ritardano la decisione di avere un figlio, in attesa di condizioni economiche
più propizie.
Mi domando: ma un giovane precario di oggi vive in condizioni migliori o
peggiori rispetto al suo coetaneo di 40/50 anni fa? La generazione dei nostri
genitori, pur vivendo in condizioni economiche piuttosto modeste, facendo lavori
spesso usuranti, ed essendo non di rado costretti ad emigrare all’estero, aveva
una speranza nel futuro - e anche per questo faceva più figli - che, invece,
l’attuale stato di benessere diffuso sembra aver progressivamente eroso.
C’è una spiegazione ragionevole a questo apparente paradosso per cui “+
benessere = - speranza nel futuro?”
Pasquale Santella
Direttore pastorale sociale e del lavoro