12/7/2014 ● Cultura
Specchi fotovoltaici hanno macchiato colline e paesaggi rurali, sotto la terra inaridisce
In Italia, scrive Mario Pirani su Repubblica, con incentivi straordinari c’è
stata una grande crescita della speculazione finanziaria alimentata con valenza
ventennale da capitali che il governo italiano ha elargito a chi copriva di
pannelli solari le nostre campagne. <<Ad eccezione di qualche lavoratore
extracomunitario utilizzato per il lavaggio dei pannelli solari un paio di volte
l’anno, l’occupazione è nulla. Ma quel che è più grave è aver sottratto alle
coltivazioni un territorio come il Molise! Altrove abbiamo “abbrutito” il nostro
habitat. Le dolci colline leopardiane sono infatti ormai macchiate da enormi
specchi grandi come tanti campi sportivi. Sotto i pannelli la terra inaridisce,
e al ciclo della CO2 (anidride carbonica) non ci pensa più nessuno. E in quale
discarica butteremo i pannelli esausti?>>.
In queste condizioni come si fa a valorizzare la cultura (e le tradizioni
locali) finalizzata a creare un circuito turistico innovativo di originale
interesse? Perché occupare suolo agricolo per realizzare impianti che possono
trovare spazio su superfici già irrimediabilmente compromesse dal punto di vista
naturale. In sintesi, si vuole ricorrere ad una fonte energetica rinnovabile
consumando però un’altra risorsa non riproducibile: il suolo. Installare un
impianto fotovoltaico in zone coltivabili significa ostacolare la politica
ecosostenibile con grave limitazione di zone fruibili per la produzione di
prodotti alimentari. Bisogna sollecitare le amministrazioni comunali affinché si
esprimano con un netto ‘no’ alla costruzione di qualsiasi parco fotovoltaico a
terra che vada ad occupare suolo agricolo individuando nel contempo i luoghi
adatti per la realizzazione di impianti (come i tetti dei capannoni, parcheggi,
supermercati, aree industriali, etc.), così da salvaguardare l’integrità delle
aree naturali, rurali. Insomma, se il paesaggio è un valore storico-culturale da
tutelare (e non c’è dubbio che lo sia), allora tutta la collettività dovrebbe
concorrere alla sua salvaguardia. “Il paesaggio agrario, come effetto della
lenta stratificazione dell’attività agricola sul primitivo paesaggio naturale,
ha acquisito una sua bellezza che va salvaguardata” (cfr. Wikipedia).
Dunque, in parallelo, la salvaguardia dell’azienda agricola diventa un
presupposto essenziale della tutela dell’ambiente e del paesaggio.
Ora una buona notizia. Come riferisce Eleonora Santucci su ‘greenreport.it’ (4
Luglio) <<Il favore legislativo per le fonti di energia rinnovabili non è
senza limiti: i comuni possono esprimere un giudizio di compatibilità
dell’impianto di produzione di energia elettrica da Fer in zona agricola. Lo
ribadisce il Tribunale amministrativo della Puglia (TAR) con la sentenza n.
1570. In riferimento alla realizzazione di un impianto per la produzione di
energia elettrica mediante pannelli fotovoltaici di potenza pari a 986 KWp del
Comune di Copertino ha dichiarato “di notevole impatto ambientale ricadente in
un’area dalla forte vocazione agricola”. Ha, dunque, sospeso la Denuncia di
inizio attività (DIA) – oggi sostituita dalla Scia ossia Segnalazione
certificata di inizio attività - (…). Le P.a. comunali hanno il potere
discrezionale volto a verificare il corretto inserimento di tali strutture nel
rispetto dei fondamentali valori della tradizione agroalimentare locale e del
paesaggio rurale>>. Anche in Molise nella mia cittadina nativa, Guglionesi,
osservando dalla villa comunale i suoi cittadini possono farsi un’idea
dell’impatto visivo-ambientale degli impianti già in essere ricordando
nostalgicamente i colori cangianti dei campi un tempo coltivati. Una seconda
notizia (fonte ‘Molise tabloid.it’): I tratturi e il paesaggio rurale dei
pastori diventano candidatura immateriale internazionale Unesco. Quattordici
regioni europee insieme per un unico obiettivo.
Promuovere la candidatura Unesco della civiltà della Transumanza e del
paesaggio rurale dei tratturi. Iniziativa unica nel suo genere che non ha
precedenti nella storia Unesco. Si è tenuta ad Oporto, in Portogallo, la tre
giorni di lavori dedicati al progetto di cooperazione “Vie e Civiltà della
Transumanza Patrimonio dell’Umanità”. Obiettivo prioritario è la candidatura
immateriale e materiale a patrimonio Unesco. Grande impegno da parte di tutti i
partners per raggiungere a giugno del 2015 questo ambizioso traguardo. I
territori interessati: Italia Centro-Meridionale (Molise, Puglia, Basilicata,
Abruzzo e Campania), Portogallo, Francia, Spagna, Grecia e Svezia.
Valorizzazione della cultura e delle tradizioni locali finalizzata a creare un
circuito turistico innovativo e interessante.