4/2/2014 ● Scuola
Parità di trattamento economico tra il personale della scuola
La FLC Cgil Molise da tempo ha iniziato una vertenza regionale tendente ad
ottenere la trasformazione dei contatti a tempo indeterminato per i precari con
almeno tre anni di servizio. Con la stessa vertenza si è chiesta la progressione
della carriera per i precari che da tanti anni svolgono un lavoro senza alcun
aumento delle retribuzioni.
A tal riguardo dal 2011 sono stati presentati più di 200 ricorsi che sono
tuttora pendenti presso le competenti sedi Giudiziarie di Campobasso, Isernia e
Larino. L’esito di tale vertenza non è ancora definito, ma resta la validità di
tutte le ragioni che avevano portato a patrocinare i ricorsi. La Commissione
europea, infatti, ha aperto delle procedure d'infrazione nei confronti
dell’Italia per la non corretta trasposizione della direttiva 1999/70/CE sul
lavoro a tempo determinato. I precari della scuola, secondo la Commissione
europea, sono rimasti privi di ogni norma antiabusiva atta a dissuadere lo Stato
italiano dalla illegittima reiterazione del ricorso ai contratti a termine.
Nel frattempo, è arrivata una prima significativa affermazione delle ragioni
portate avanti dalla FLC Cgil Molise; infatti, con il patrocinio dell’Avv. Mario
Mariano, si sono discusse alcune cause relative al divieto di discriminazione
del servizio reso dai precari della scuola. Con ricorso notificato presso il
Tribunale di Larino, in funzione di Giudice del lavoro, due Assistenti
amministrativi chiedevano che fosse accertato e dichiarato il proprio diritto al
riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, di tutti i servizi non di ruolo
prestati anteriormente alla loro assunzione a tempo indeterminato, con
conseguente collocamento nella posizione stipendiale e condanna al pagamento
delle differenze retributive.
Il Tribunale, nel prendere atto che le due ricorrenti avevano lavorato
ininterrottamente e senza soluzione di continuità per anni prima di essere
assunte a tempo indeterminato, ha condannato il MIUR a riconoscere pienamente il
servizio svolto ai fini della ricostruzione della carriera, con contestuale
versamento delle differenze retributive maturate, da quantificare al netto degli
aumenti eventualmente già corrisposti. Il Giudice nella sentenza, rifacendosi
alla giurisprudenza europea, sostiene che la mera natura temporanea del lavoro
del personale della pubblica amministrazione non può configurare una “ragione
oggettiva idonea a giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a
tempo determinato e indeterminato”.
Un significativo risultato che proviene dalle aule di un tribunale e che ora
deve trovare una risposta politica per consentire a tutti coloro che si trovano
in situazioni analoghe di veder riconosciuti i propri diritti e per porre fine
ad un interminabile contenzioso.