4/12/2013 ● Caro Direttore
La Cultura al ribasso: è questa la novità?
Caro Direttore,
alla domanda “lei, assessore, perché si trova in carcere? Aveva una delega
alla Cultura?”, il miserabile ex assessore, nel suo accento meridionale da
(in)coscienza elettiva, rispose: “…potevo essere così ingenuo da finire in
galera per la Cultura? Lavori pubblici! In politica io mi interesso solo e
sempre di lavori pubblici!”
Premessa: nel mio orizzonte educativo, caro Direttore, in una visione di trasparente
investimento civico, l’autorevolezza della Cultura necessità di…
“autorevolezza”, appunto.
L’autorevolezza (pro)viene dalla conoscenza, dalla coscienza, dalla sapienza e…
dalla consapevolezza concreta del “genius loci”.
Nella manualistica del politichese meridionale medio assistiamo alla (ri)distribuzione
della delega alla Cultura sotto un insolito principio numerico. Pur essendoci
altre esigenze (che personalmente ignoro!), noto che, in generale anche nel
nostro Molise “culturalmente medio”, il candidato alle prese con una difficoltà
elettiva (dai pochi consensi, per intenderci meglio) “(si) becca” la Cultura,
come estremo gesto di generosità e di malinconica consolazione elettorale.
Il paradosso culturale consiste in un eccentrico declassamento della propria
maggioranza (politica e, aggiungerei, sociale) per il candidato in difficoltà
elettiva. Un’espiazione che potrebbe verificarsi nonostante una brillante
esperienza politico-amministrativa, magari nella stessa maggioranza, a fianco
dello stesso Governatore/Presidente/Sindaco, nella stessa formazione civica,
benché in altri assessorati “più ambiti e più considerevoli” (di consensi?)
della delega alla Cultura.
Selezionando così l’assessorato alla Cultura per una comunità da presiedere,
cioè espresso nei limiti di un puro (ri)conteggio elettivo, a volte il
“declassato” politico di turno – giovane o meno che sia! – entra in un diabolico
vortice elettorale di eventuale non rielezione alla sua (eventuale?) prossima
ricandidatura!
Giudizio trasversale del popolo? Esilio elettorale dalla propria aggregazione
politica e/o sociale? Perdita di consensi in portafoglio? Insufficienza di
elettori nell’ambito della politica per la cultura locale (come pensava il
miserabile ex assessore ai Lavori pubblici dall’accento meridionale)? O,
fondamentalmente, carenza di “autorevolezza” (come io proverei anche a
sospettare)?
Ponderata dal “minor consenso”, caro Direttore, l’autorevolezza della Cultura
per l’investimento generazionale appare, dunque, un’operazione al ribasso, una
dequalificazione civica in grado di disgregare, a lungo andare, le potenzialità
concrete del “genius loci”.
Tanto… chi più e chi meno… chi (politicamente sempre) dentro e chi (autorevolemente sempre) fuori dalle istituzioni… cristianamente siamo
tutti miserabili peccatori, anche l'ex assessore dall'accento meridionale.
È questa la novità!