1/8/2013 ● Cultura
O scegliamo il dialogo o perdiamo tutti
Il monito che Papa Francesco ha lanciato ai giovani della GMG in Brasile è straordinariamente attuale per una comunità, la nostra, che sembra aver abbandonato il terreno fertile del dialogo a discapito di divisioni e lacerazioni che aggravano ulteriormente la pesante situazione di una crisi di cui non si intravede al momento alcuno spiraglio. E se a Guglionesi la politica sceglie di offrire il suo profilo peggiore, imboccando una strada il cui percorso condurrà unicamente a divisioni, non arrestandosi tale atteggiamento neppure di fronte alla sacralità dell’appuntamento simbolo del “riconoscersi nella comunità” – la celebrazione del nostro santo Patrono - occorre una reazione di unanime sdegno, al di là d’ogni inopportuna faziosità, verso quella che va considerata una vera e propria offesa. Di fronte al richiamo di un sentimento profondo quale quello dell’appartenenza a una comunità, nessuno può considerarsi ospite, dunque estraneo. Per festeggiare l’esser fieri d’essere guglionesani e manifestare la gioia di condividere tutto ciò che è espressione di appartenenza alla comunità occorre, appunto, far parte, partecipare: inviti, pretesti per dividere anziché “mettere in comune” non ci azzeccano proprio. Tra i tanti clichés abusati dai politici, c’è quello dell’ispirarsi al bene comune nell’esercizio del mandato elettorale; è una dichiarazione d’intenti che subito si abbandona all’atto pratico, quando si prediligono le logiche personalistiche a discapito degli interessi universalistici di una comunità. Il verdetto popolare ha sancito i rispettivi ruoli delle due coalizioni in competizione: una serena accettazione implica, per la minoranza, non solo il fare le pulci all’operato dell’esecutivo ma anche saper proporre programmi e strade alternative efficaci, così da trovare nel tempo quel consenso dei cittadini che è mancato nell’ultimo riscontro elettorale. La qualità di una maggioranza dipende molto anche dal ruolo svolto dalla minoranza, tant’è che qualcuno sostiene che ove non ci fosse bisognerebbe inventarla: in fondo tutta l’architettura istituzionale nazionale si fonda sulla regola dei giusti contrappesi. La visione tecnicistica dell’amministratore pubblico, come realizzatore per lo più di opere pubbliche, è troppo angusta, occorrendo altresì ricreare quel senso di appartenenza a una comunità viva in cui il protagonismo di ciascun cittadino è legato al possesso di conoscenze, competenze ed energie sociali in grado di invertire la rotta di una collettività destinata altrimenti a un lungo declino. La storia di un passato non molto lontano ci sprona ad abbandonare la conflittualità da “guelfi e ghibellini” in favore di un dialogo, pur nella diversità e ricchezza delle varie articolazioni. Abbiamo vissuto negli anni sessanta lunghe crisi amministrative sfociate in ricorrenti periodi di commissariamento per camuffate divisioni politiche legate a perniciosi interessi familistici, mentre a cavallo tra i settanta e gli ottanta il dialogo tra opposte appartenenze ha generato una feconda attività amministrativa. Riassumendo, l’appartenenza s’intona alla perfezione col dialogo, che contribuisce - come afferma il sindaco Renzi - a far sì che cresca “il voler bene alla terra che si governa” e la passione per le proprie radici, altrimenti “si rischia di rimanere semplicemente grigi funzionari della quotidianità”. Si arriva al paradosso di considerare un dono la possibilità di prendersi cura del proprio paese o un’occasione straordinaria e irripetibile quella di incidere un piccolo segno in una storia molto più grande di quella personale. E allora l’unica strada maestra da percorrere è quella del dialogo, che sappia alimentare l’amore per la propria terra e bandire la mediocrità e la banalità che segnerebbero la sconfitta di tutti.
Giuseppe Vaccaro
già Sindaco di Guglionesi