24/7/2013 ● Cultura
Invasioni barbariche
Avendo appreso dei timori espressi dal redattore Ciliberti circa
l’eventualità che orde barbariche provenienti dal Nord Europa invadano il nostro
centro storico e, sfruttando il vantaggio logistico, da dentro le mura avviino
un processo di colonizzazione dell’antica cultura frentana di cui siamo
depositari, vorrei adoperarmi per far rientrare l’allarme.
Io stesso avevo, da ultimo, descritto il fenomeno dell’insorgere d’una protesta
montata da più direzioni nei confronti della cementificazione, evocando la
“difesa del territorio”. Il mio era un richiamo per analogia ad un archetipo nei
cui confronti, nel caso si volesse far sprigionare la potenza insita in siffatta
arma culturale, andava condotta un’opera di adattamento in chiave moderna:
insomma, il grido di allarme rimandava ad un più consono “mamma le betoniere”
che all’arcaico “mamma li turchi”.
Seh! … magari corressimo il pericolo d’esser destinatari delle attenzioni di
pensionati stranieri (ho osservato tale fenomeno a Gubbio)! A parte la fin
troppo ovvia considerazione relativa all’ossigeno che conferirebbero alla nostra
economia terzomondista, la circostanza ha tutto l’aspetto d’una lusinga che
potrebbe alimentare l’ego paesano, farci recuperare più d’un briciolo d’orgoglio
nell’acquisita consapevolezza di condurre un’esistenza da altri desiderata –
addirittura da quei nordeuropei che nel nostro immaginario vivono in un paradiso
sociale in terra.
Il rischio che “noi guglionesani saremo costretti a vivere lontano dal fulcro
del nostro paese” a causa di tale invasione, caro Ciliberti … tranquillo, non lo
corriamo.
Sono altre le invasioni di cui dovremmo preoccuparci, barbariche e ancora in
corso.
Nello studio obbligatorio della storia scolastica abbiamo tutti appreso cosa si
intenda per invasione barbarica. Il battesimo del fenomeno avvenne ad opera di
popolazioni xlo+ nomadi, avvezze a condurre lo stile di vita del virus:
sfruttata ogni risorsa del territorio, con annessa popolazione assoggettata e
depredata, queste poco+chescimmie non sapevano far altro che spostarsi per
parassitare altrove. Giunti in quella che, chissà per quale sorta d’intuizione,
compresero essere una terra abitata da uomini che avevano avuto accesso al
meccanismo che consentiva a ciascun individuo e alla popolazione nel suo insieme
di svolgere la propria esistenza al meglio delle possibilità, decisero di
autocolonizzarsi. La Chiesa fu attrice protagonista nel far comprendere loro che
la vecchia civiltà in cui s’erano imbattuti avesse tanti valori da recuperare,
procrastinare: da allora barbaro (da bar-bar, onomatopeismo riferito al rumore
prodotto dai ninnoli metallici a corredo del vestiario) diventa sinonimo di
portatore d’una nuova cultura che, sebbene in via d’affermazione, segue una
scala di valori di carattere inferiore (laddove una misurazione sia possibile)
rispetto alla vecchia.
In seguito all’esito della 2° G.M. non è forse iniziata un’opera di
colonizzazione da parte della cultura USA – e getta - per alcuni aspetti barbara
(e comunque troppo giovane per diventare, su tanti versanti, il faro per la
Vecchia Europa e, che so, per il Giappone)?
E’ un’opera di colonizzazione (termine che proviene dalla stessa radice di
cultura) silenziosa, paziente ma inesorabile, una passata di vernice a
stellestriscie per omogeneizzare tutta la cd società occidentale. Hanno
impiegato trent’anni ma sono riusciti ad annientare le prerogative che vantavamo
nell’ambito dei due veicoli culturali in cui eravamo leader, cinema e musica; la
nostra TV dagli anni ‘80 è progressivamente diventata come la loro … le redini
di etica ed estetica sono nelle loro mani.
E In quali mani siamo caduti? La trasformazione sociale/culturale si è avuta
grazie all’impennata del capitalismo: il cd “boom economico” ha trasformato la
società contadina in urbanistico/industriale. Quest’opera di imbonimento ha
avuto successo grazie all’alto dosaggio del più potente barbiturico mai
concepito, la TV: “bambini, a nanna dopo Carosello!”, così da tenere a mente un
jingle – “confetto F, basta la parola” - anziché un verso - “per un erbal fiume
silente”.
Indottrinati dalla scatola malefica, i miei – come tanti … troppi – decidono di
trasferirsi da Vico Seminario in un moderno appartamento, un’”unità abitativa”
rivestita di tipico graffiato anni ’70. I mobili di artigianato anni ’40 – di
falegnami che adoperavano ancora il legno - praticamente regalati per essere
sostituiti da quelli in serie made in “Occhionero”. L’asino e l’amato maiale non
sono più nostri coinquilini e iniziamo a nutrirci di cibi preconfezionati (e
l’uso creativo del linguaggio genera mondi paralleli e una metalimentazione,
fatta di bevande “al gusto di” – la celebrazione d’una assenza – cibi dal
“sapore tradizionale” (?) o “di cucina tradizionale” e altre amenità concepite
da menti diaboliche, abili nell’evocare il nulla e conferirgli una forma). PPP
ci aveva avvertiti, ma il destino dei profeti e/o geni è di non essere ascoltati
o riconosciuti.
La parte barbara della nostra mente ha colonizzato l’intero nostro intelletto;
quella ci consigliò di abbandonare il “paese vecchio”, e non per la scelta
bucolica di vivere in campagna, bensì in una realtà di plastica, un simulacro
della realtà … la casa di Barbie o il plastico di Vespa. Se un norvegese
comprasse la casa a Largo dei Greci (dove in passato hanno già vissuto gli
stranieri), dopo averlo ringraziato occorrerebbe fargli i complimenti per una
scelta di civiltà che noi non siamo in grado di esprimere.
Che qualcuno che da 30 anni fa politica si svegli una mattina per salire sul
cavallo del centro storico e dar battaglia … come dire, è “carta conosciuta”, ma
gli errori che facciamo noi cittadini non c’è motivo di non riconoscerli.
Caro Ciliberti, mi raccomando, non ti crucciare. Questo mio appunto rappresenta
la mia modesta opinione, un piccolo contributo che agito dal basso, da cittadino
i cui abiti entrambi indossiamo. Quando affiora un problema sarebbe d’uopo
cercarne (da cerchio, che allude allo scavare, alla profondità) le vere cause …
“Ma s’a conoscer la prima radice del nostro <mal> tu hai cotanto affetto, dirò
come colui che piange e dice”.
PS: A chi volesse conoscere dettagli sull’ultima invasione barbarica in atto –
in cui i protagonisti sono i nostri ragazzi – consiglio la lettura de “I
barbari” di Baricco, saggio pubblicato su Repubblica nel 2006: quegli ometti,
seduti sul divano intenti a giocare alla PSP, mentre col pollice bionico inviano
un sms e ascoltano musica con le cuffiette e addentano di tanto in tanto il
panino – la cd capacità multitasking – non stanno facendo 4 cose male ma,
surfando sulle stesse, compiono un’unica azione … e lo fanno bene.