BLOG FONDATO NEL GIUGNO DEL 2000
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Un viaggio nella cultura non ha alcuna meta: la Bellezza genera sensibilità alla consapevolezza.

Luigi Sorella (blogger).
Nato nel 1968.

Operatore con esperienze professionali (web designer, copywriter, direttore di collana editoriale, videomaker, fotografia digitale professionale, graphic developer), dal 2000 è attivo nel campo dell'innovazione, nella comunicazione, nell'informazione e nella divulgazione (impaginazioni d'arte per libri, cataloghi, opuscoli, allestimenti, grafiche etc.) delle soluzioni digitali, della rete, della stampa, della progettazione multimediale, della programmazione, della gestione web e della video-fotografia. Svolge la sua attività professionale presso la ditta ARS idea studio di Guglionesi.

Come operatore con esperienza professionale e qualificata per la progettazione e la gestione informatica su piattaforme digtiali è in possesso delle certificazioni European Informatics Passport.

Il 10 giugno del 2000 fonda il blog FUORI PORTA WEB, tra i primi blog fondati in Italia (circa 3.200.000 visualizzazioni/letture, cfr link).
Le divulgazioni del blog, a carattere culturale nonché editoriale, sono state riprese e citate da pubblicazioni internazionali.

Ha pubblicato libri di varia saggistica divulgativa, collaborando a numerose iniziative culturali.

"E Luigi svela, così, l'irresistibile follia interiore per l'alma terra dei padri sacra e santa." Vincenzo Di Sabato

Per ulteriori informazioni   LUIGI SORELLA


24/7/2013 ● Cultura

Invasioni barbariche


  Mario Vaccaro ● 1774


Avendo appreso dei timori espressi dal redattore Ciliberti circa l’eventualità che orde barbariche provenienti dal Nord Europa invadano il nostro centro storico e, sfruttando il vantaggio logistico, da dentro le mura avviino un processo di colonizzazione dell’antica cultura frentana di cui siamo depositari, vorrei adoperarmi per far rientrare l’allarme.
Io stesso avevo, da ultimo, descritto il fenomeno dell’insorgere d’una protesta montata da più direzioni nei confronti della cementificazione, evocando la “difesa del territorio”. Il mio era un richiamo per analogia ad un archetipo nei cui confronti, nel caso si volesse far sprigionare la potenza insita in siffatta arma culturale, andava condotta un’opera di adattamento in chiave moderna: insomma, il grido di allarme rimandava ad un più consono “mamma le betoniere” che all’arcaico “mamma li turchi”.
Seh! … magari corressimo il pericolo d’esser destinatari delle attenzioni di pensionati stranieri (ho osservato tale fenomeno a Gubbio)! A parte la fin troppo ovvia considerazione relativa all’ossigeno che conferirebbero alla nostra economia terzomondista, la circostanza ha tutto l’aspetto d’una lusinga che potrebbe alimentare l’ego paesano, farci recuperare più d’un briciolo d’orgoglio nell’acquisita consapevolezza di condurre un’esistenza da altri desiderata – addirittura da quei nordeuropei che nel nostro immaginario vivono in un paradiso sociale in terra.

Il rischio che “noi guglionesani saremo costretti a vivere lontano dal fulcro del nostro paese” a causa di tale invasione, caro Ciliberti … tranquillo, non lo corriamo.
Sono altre le invasioni di cui dovremmo preoccuparci, barbariche e ancora in corso.
Nello studio obbligatorio della storia scolastica abbiamo tutti appreso cosa si intenda per invasione barbarica. Il battesimo del fenomeno avvenne ad opera di popolazioni xlo+ nomadi, avvezze a condurre lo stile di vita del virus: sfruttata ogni risorsa del territorio, con annessa popolazione assoggettata e depredata, queste poco+chescimmie non sapevano far altro che spostarsi per parassitare altrove. Giunti in quella che, chissà per quale sorta d’intuizione, compresero essere una terra abitata da uomini che avevano avuto accesso al meccanismo che consentiva a ciascun individuo e alla popolazione nel suo insieme di svolgere la propria esistenza al meglio delle possibilità, decisero di autocolonizzarsi. La Chiesa fu attrice protagonista nel far comprendere loro che la vecchia civiltà in cui s’erano imbattuti avesse tanti valori da recuperare, procrastinare: da allora barbaro (da bar-bar, onomatopeismo riferito al rumore prodotto dai ninnoli metallici a corredo del vestiario) diventa sinonimo di portatore d’una nuova cultura che, sebbene in via d’affermazione, segue una scala di valori di carattere inferiore (laddove una misurazione sia possibile) rispetto alla vecchia.

In seguito all’esito della 2° G.M. non è forse iniziata un’opera di colonizzazione da parte della cultura USA – e getta - per alcuni aspetti barbara (e comunque troppo giovane per diventare, su tanti versanti, il faro per la Vecchia Europa e, che so, per il Giappone)?
E’ un’opera di colonizzazione (termine che proviene dalla stessa radice di cultura) silenziosa, paziente ma inesorabile, una passata di vernice a stellestriscie per omogeneizzare tutta la cd società occidentale. Hanno impiegato trent’anni ma sono riusciti ad annientare le prerogative che vantavamo nell’ambito dei due veicoli culturali in cui eravamo leader, cinema e musica; la nostra TV dagli anni ‘80 è progressivamente diventata come la loro … le redini di etica ed estetica sono nelle loro mani.
E In quali mani siamo caduti? La trasformazione sociale/culturale si è avuta grazie all’impennata del capitalismo: il cd “boom economico” ha trasformato la società contadina in urbanistico/industriale. Quest’opera di imbonimento ha avuto successo grazie all’alto dosaggio del più potente barbiturico mai concepito, la TV: “bambini, a nanna dopo Carosello!”, così da tenere a mente un jingle – “confetto F, basta la parola” - anziché un verso - “per un erbal fiume silente”.
Indottrinati dalla scatola malefica, i miei – come tanti … troppi – decidono di trasferirsi da Vico Seminario in un moderno appartamento, un’”unità abitativa” rivestita di tipico graffiato anni ’70. I mobili di artigianato anni ’40 – di falegnami che adoperavano ancora il legno - praticamente regalati per essere sostituiti da quelli in serie made in “Occhionero”. L’asino e l’amato maiale non sono più nostri coinquilini e iniziamo a nutrirci di cibi preconfezionati (e l’uso creativo del linguaggio genera mondi paralleli e una metalimentazione, fatta di bevande “al gusto di” – la celebrazione d’una assenza – cibi dal “sapore tradizionale” (?) o “di cucina tradizionale” e altre amenità concepite da menti diaboliche, abili nell’evocare il nulla e conferirgli una forma). PPP ci aveva avvertiti, ma il destino dei profeti e/o geni è di non essere ascoltati o riconosciuti.

La parte barbara della nostra mente ha colonizzato l’intero nostro intelletto; quella ci consigliò di abbandonare il “paese vecchio”, e non per la scelta bucolica di vivere in campagna, bensì in una realtà di plastica, un simulacro della realtà … la casa di Barbie o il plastico di Vespa. Se un norvegese comprasse la casa a Largo dei Greci (dove in passato hanno già vissuto gli stranieri), dopo averlo ringraziato occorrerebbe fargli i complimenti per una scelta di civiltà che noi non siamo in grado di esprimere.
Che qualcuno che da 30 anni fa politica si svegli una mattina per salire sul cavallo del centro storico e dar battaglia … come dire, è “carta conosciuta”, ma gli errori che facciamo noi cittadini non c’è motivo di non riconoscerli.

Caro Ciliberti, mi raccomando, non ti crucciare. Questo mio appunto rappresenta la mia modesta opinione, un piccolo contributo che agito dal basso, da cittadino i cui abiti entrambi indossiamo. Quando affiora un problema sarebbe d’uopo cercarne (da cerchio, che allude allo scavare, alla profondità) le vere cause … “Ma s’a conoscer la prima radice del nostro <mal> tu hai cotanto affetto, dirò come colui che piange e dice”.

PS: A chi volesse conoscere dettagli sull’ultima invasione barbarica in atto – in cui i protagonisti sono i nostri ragazzi – consiglio la lettura de “I barbari” di Baricco, saggio pubblicato su Repubblica nel 2006: quegli ometti, seduti sul divano intenti a giocare alla PSP, mentre col pollice bionico inviano un sms e ascoltano musica con le cuffiette e addentano di tanto in tanto il panino – la cd capacità multitasking – non stanno facendo 4 cose male ma, surfando sulle stesse, compiono un’unica azione … e lo fanno bene.

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