24/7/2013 ● Cultura
Nella fede lo sguardo ci permette di vedere la profondità della realtà
(Da "Sguardi all'Infinito. Paolo Gamba", mostra d'arte e di fede).
La fede è un cammino dello sguardo, diceva De Lubac. In quest’anno dedicato
alla fede è importante ricordarlo. Già naturalmente lo sguardo ci permette di
vedere la profondità della realtà e di spingerci molto più lontano del luogo nel
quale ci si trova. Per questo il conoscere, l’acquisire qualcosa di nuovo, è
sempre stato indicato tramite la metafora del vedere. La teoria, la
contemplazione, la visione, i punti di vista sono tutti modi di dire che
riguardano il conoscere e che poggiano sul vedere. Siamo fatti per vedere tutta
la realtà, nella sua altezza e nella sua profondità. Un altro modo per dire che
siamo fatti per la totalità infinita.
Questa predisposizione naturale dell’uomo diventa ancora più significativa nel
caso della fede. In essa, infatti, l’uomo che scrutava l’orizzonte infinito del
senso, della verità, della bellezza e della giustizia, viene anticipato. Dio
facendosi uomo rende concreto il Suo sguardo, che è lo sguardo di Gesù. “Fissatolo,
lo amò” dice il Vangelo del giovane ricco. È Gesù, Dio fatto uomo, che ci
guarda per primo. Ci incontra nella situazione in cui siamo, bella o brutta,
pieni di bene o di peccato, sani o infermi, e ci guarda, ci fissa. È questo
sguardo su di noi che inizia l’avventura della fede, cioè il riconoscimento di
Gesù come Dio presente nella storia.
I discepoli, come noi, hanno poi dovuto guardare ciò che Gesù faceva e diceva,
guardare pieni di domanda come si comportava, come giudicava i fatti grandi e
piccoli nei quali si imbatteva. Guardando, sono arrivati progressivamente alla
certezza che non c’era un uomo come quello: “Maestro, dove andremo. Tu solo
hai parole di vita eterna!” Alla fine, i più affettivi tra di loro hanno
capito il grande annuncio della Risurrezione guardando il segno delle bende
ripiegate nel sepolcro. Il loro sguardo a tutta la realtà era diventato pieno di
fede, cioè di riconoscimento della presenza di Dio fatto uomo come fatto
determinante di tutto ciò che c’era e accadeva.
Il guardare all’infinito proprio dell’uomo, per noi e per loro, si compie nel
guardare la persona di Gesù.
Il resto della vita dei discepoli è stato l’immedesimarsi nello sguardo ricevuto
da Gesù tanto da compiere gli stessi miracoli. Giovanni e Pietro, quando
guariscono lo storpio fuori dal tempio, gli dicono: “Guardaci!” Così si
trasmette la fede: è uno sguardo finalmente e profondamente umano che uno
innanzi tutto riceve. È un dono che uno deve solo accettare. Il primo modo di
accettare è rispondere a quello sguardo, guardare a nostra volta con il
desiderio di scoprire e capire chi è quell’Uomo che ci ama in modo così
gratuito.