BLOG FONDATO NEL GIUGNO DEL 2000
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Un viaggio nella cultura non ha alcuna meta: la Bellezza genera sensibilità alla consapevolezza.

Luigi Sorella (blogger).
Nato nel 1968.

Operatore con esperienze professionali (web designer, copywriter, direttore di collana editoriale, videomaker, fotografia digitale professionale, graphic developer), dal 2000 è attivo nel campo dell'innovazione, nella comunicazione, nell'informazione e nella divulgazione (impaginazioni d'arte per libri, cataloghi, opuscoli, allestimenti, grafiche etc.) delle soluzioni digitali, della rete, della stampa, della progettazione multimediale, della programmazione, della gestione web e della video-fotografia. Svolge la sua attività professionale presso la ditta ARS idea studio di Guglionesi.

Come operatore con esperienza professionale e qualificata per la progettazione e la gestione informatica su piattaforme digtiali è in possesso delle certificazioni European Informatics Passport.

Il 10 giugno del 2000 fonda il blog FUORI PORTA WEB, tra i primi blog fondati in Italia (circa 3.200.000 visualizzazioni/letture, cfr link).
Le divulgazioni del blog, a carattere culturale nonché editoriale, sono state riprese e citate da pubblicazioni internazionali.

Ha pubblicato libri di varia saggistica divulgativa, collaborando a numerose iniziative culturali.

"E Luigi svela, così, l'irresistibile follia interiore per l'alma terra dei padri sacra e santa." Vincenzo Di Sabato

Per ulteriori informazioni   LUIGI SORELLA


18/7/2013 ● Cultura

Zona non edificabile d'un paese non edibile


  Mario Vaccaro ● 1675


Lustri trascorsi nella testimonianza silente d’un vaso che andava presto a colmarsi e … voilà, l’improvviso profondo interesse a quella che, così s’è scelto, sarà la goccia che il relativo contenuto farà esondare.
Mi si perdoni la punta di lirismo ma la trovo appropriata ad una vicenda che sembra stia assumendo toni epici: i contorni del dramma sono già ben delineati, dacchè il canovaccio sta svolgendosi secondo una trama che ha coinvolto tutte le principali figure dell’epopea della “difesa del territorio”, un archetipo che finalmente sobilla il sentimento di identità e appartenenza da troppo tempo sopito nella nostra comunità.
Protagonista ne è il cemento, che a Guglionesi – nella parte del vaso – tale lo è fin troppo e da tanto. Sarebbe interessante misurare il rapporto pro-capite e calcolare quante tonnellate spettano idealmente ad un nascituro appena verrà alla luce. Da qualche anno il mercato degli immobili è immobile dato il combinato disposto della crisi e di un’offerta sovradimensionata rispetto ad una domanda che, a meno di un’impennata repentina che solo un miracolo avrebbe potuto e potrà supportare, era prevedibilissimo che corrispondesse a quella d’un paese di e per vecchi.

Mò, il fesso, dove vuole arrivare?
Ribadendo, fuor di metafora, che un intero atto del dramma si è consumato nel racconto della scoperta dell’acqua calda – è stato a lungo argomento da bar quello della Guglionesi/Dubai che approntava alloggi per inquilini dalla misteriosa provenienza e, soprattutto, dai gusti discutibili (trasferirsi qui … perché?) – alla seconda parte plaudo e metto da parte il tono scherzoso.
Trovo questa vicenda assai interessante a prescindere da qualsiasi opinione ci si sia fatti in merito. D’altronde stabilire con un certo grado di approssimazione chi dei “contendenti” detenga una maggior fetta di ragione è, secondo il mio parere, operazione ardua. Ma, e questo è il punto, è questione del tutto secondaria rispetto al fatto d’aver inquadrato la vicenda come la proverbiale goccia, disvelando d’un tratto tutto il contegno pregresso su cui mai s’è discusso: denunciare per la prima volta un comportamento che si suppone sbagliato assume i tratti epici d’una denuncia verso quel modo di fare e che punta dritto il dito su tutte le volte che è stato posto in essere.

Il caso di specie è indubbiamente peculiare: passare dal cementificare nonostante il calo demografico al farlo proprio per contrastare tale tendenza rappresenta senz’altro un progresso nel campo della cultura politica. Riuscire a perseguire lo stesso scopo - a parità di risorse da impiegare - utilizzando il cemento preesistente, è da ciambella col buco e conclusione sin troppo ovvia, “da considerarsi devotamente” direbbe Amleto.
Sebbene una lontananza anni luce dalla situazione creata dalle Mafie del Sud, rappresentata nel suo sommo delirio dall’episodio del “Sacco di Palermo”, dappertutto la politica locale ha coltivato insani rapporti con l’imprenditoria edilizia. Già in sede di campagna elettorale i “registi del mattone” puntano su quella che, scommettono, sarà la squadra vincente, fornendo tutto il loro supporto affinchè, vinta la scommessa, possano in seguito riscuotere la “vincita”.
Chiusa questa parentesi sull’ovvio ed arcirisaputo – motivo per cui non scenderò in sporchi dettagli - discutere di territorio come bene della collettività (un concetto che anche a livello giuridico in Italia stenta ad affermarsi, visto ad esempio il tentativo di volersi appropriare della “nostra” acqua: Ugo Mattei, giurista nostrano di altissimo livello, si sta adoperando per il riconoscimento della formulazione del concetto di “bene comune”, che appartiene alla comunità e sul cui utilizzo e/o destinazione tutti siamo chiamati a decidere) fa uscire dalla latitanza un pezzo di cultura politica: un pezzo alla volta e magari senso civico e grado di civiltà lieviteranno fino a farci sentire pienamente – e responsabilmente - una comunità.
Una presa di coscienza, seppur tardiva, non può che essere accolta dalla cittadinanza con estremo favore.
Sempre in tema di ciambelle e relativi buchi, un po’ d’onestà intellettuale sarebbe stragradita.
Basterebbe, nella dichiarazione d’intenti contenuta nella critica politica, coniugare correttamente i verbi: un sincero imperfetto (adeguato sia come tempo del verbo che come aggettivo qualificativo dell’azione amministrativa esplicata in passato in prima persona) da sostituire a presente e futuro … magari aggiungere delle scuse per gli umani errori fatti in passato, creerebbe un legame di empatia con la cittadinanza, così che il protagonista dell’“outing” troverebbe in ogni bar il caffè pagato.
In ogni caso il contegno di tutti gi attori della vicenda (in particolare del cittadino Rulli), per dirla in stile Facebook, “ci piace”.
Dunque sotto il cartello di benvenuto – non potendo esibire quello di “comune denuclearizzato”, che non ho ancora bene inteso quale messaggio all’atto pratico voglia esprimere – potremmo collocare la scritta “comune deedificabilizzato”.

PS: Tra le tante amenità che la mia mente si diverte a percorrere, una delle preferite è il richiamo – partendo da una parola – ad altre per una qualsiasi affinità si palesi tra le stesse. Se poi è il caso a mettermi di fronte una parola, interpreto il fatto come dettato dal trascendente (che ad un povero di spirito come me si manifesta in queste vesti infime, ma è meglio di niente). La mia lavagna mentale reca ancora la scritta “edificabile” quando, gorgonzola in mano, leggo: “crosta non edibile” - e penso: “incredibile!” (lo so, quest’ultima è un’infiorettatura, ma il cialtrone che è in me non ha resistito). A parte il fatto già curioso che il sostantivo viene fuori al netto delle due sillabe centrali “fi-ca” (e qui mi torna in mente un articolo gaio e originale del buon Raspa, che segnalava il trend negativo della presenza femminile nel nostro paese, inferiore alla media nazionale), la non edificabilità e la non edibilità sono concetti intimamente tra loro collegati: la non commestibilità, melius appetibilità, del nostro paese è tra le cause della superfluità degli alloggi: creare validi motivi per venire a vivere o quantomeno visitare il nostro paese è la grande sfida … perché Guglionesi è sì bella, è una bomboniera, ma i confetti … noi confetti, come siamo … siamo all’altezza del manufatto che i nostri avi ci hanno con premura consegnato?

Cartellone




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