22/5/2013 ● Caro Direttore
Vincenti o perdenti? No, bravi o cattivi!
"Io volevo parlarvi di una cosa: noi siamo diventati popolari perché abbiamo
vinto molto. E molte volte ci chiedono come si fa ad avere mentalità vincente.
Io dico una cosa banale: si ottiene vincendo.
Vincendo in che senso: nel senso che molte volte si pensa che vincere è soltanto
battere gli avversari. Invece vincere significa anche superare i propri limiti.
Questa è la prima vittoria che uno deve cercare di fare. Anche quando uno impara
un nuovo sport, quando riesce a farlo, ottiene una soddisfazione come vincere
una partita. Vincere è anche quando si risolvono delle difficoltà. E poi c'è la
vittoria con gli avversari.
Purtroppo noi viviamo in questo momento in una società dove si pretende di
assimilare tutta la vita come se fosse un campionato. Come se lo sport sia
adattabile a tutte le situazioni della vita.
Invece la vita non è un campionato.
Noi facciamo un mestiere particolare, difficile, proprio perché a noi non basta
fare le cose bene, noi dobbiamo farle meglio degli altri. Se noi facciamo le
cose bene e poi perdiamo per un punto come è successo a Barcellona 17 a 16
l'ultimo set, noi abbiamo perso, e pochi si ricordano se abbiamo perso per molto
o per poco. Ed è giusto così, lo sport è così.
Ma la vita non è così.
Non è che se uno fa un punto meno di un altro allora è un perdente. E a questo
noi ci dobbiamo credere.
Lo sport serve ad imparare a perdere oltre che a vincere.
Serve a imparare a vincere nel senso che bisogna fare le cose bene, bisogna
sacrificarsi, bisogna essere efficiente, bisogna dare importanza alle cose
decisive e anche quelle meno importanti quando la posta in palio è molto alta.
Ma serve anche a imparare a perdere. Chi fa sport sa che non si può vincere
sempre. L'eccezione è vincere sempre. La cosa normale è l'alternanza tra le
vittorie e le sconfitte.
Io ho sempre detto che sono molto orgoglioso della nazionale che ha vinto due
mondiali, due europei, ecc ecc, ma sono altrettanto orgoglioso della squadra che
ha perso a Barcellona. Per un motivo: perché ha saputo perdere.
Quando abbiamo perso non abbiamo detto è colpa dell'arbitro, che siamo stati
sfortunati, che la federazione non ci ha appoggiati, che è colpa di un giocatore
o dell'allenatore o del dirigente. Abbiamo detto: l'avversario è stato più forte
di noi. Punto e basta.
Noi abbiamo costruito una mentalità come squadra combattendo quello che noi
chiamiamo la cultura degli alibi.
Che cos'è un alibi: è spiegare che io non riesco a fare una cosa non perché io
non ci riesco ma per colpa di una cosa con la quale non posso far niente, non la
posso modificare. Io non è che non riesco a vincere perché non sono stato il più
bravo. C'è sempre qualcosa di più grande che me lo impedisce.
Noi non siamo la squadra dei sogni ma una squadra che sogna. Sogna di vincere
una olimpiade. E faremo di tutto per vincerla. Se non ci riusciamo, non ci
considereremo dei perdenti, sapremo però che abbiamo fallito un obiettivo.
Aver fallito un obiettivo non vuol dire che siamo nella merda della storia.
E questo è altrettanto valido soprattutto per i giovani.
Voi dovete cercare di vincere il più possibile ma non credete a quelli che
dicono che il mondo si divide tra vincenti e perdenti.
Il mondo soprattutto si divide tra brave e cattive persone. Questa è la dicitura
più importante. Poi tra le cattive persone ci sono anche dei vincenti,
purtroppo. E tra le brave persone, purtroppo, ci sono anche dei perdenti."
Julio Velasco (14 ori - 4 argenti - 1 bronzo)