4/5/2013 ● Solitudini d'autore
I figli
A osservare i nostri leader politici, viene fuori un’idea di famiglia che
assomiglia assai poco a quella proposta dalla Chiesa e dalla tradizione, ma
anche troppo a quella praticata da una parte significativa della società.
Un primo aspetto è quello del familismo politico: bisogna garantire un
futuro ai propri figli. Se si ha un’impresa, un negozio, o un laboratorio
artigiano, li si inserisce ad aiutare il papà. Se si è architetti, avvocati,
medici o notai, c’è già il cinquanta per cento di probabilità che seguano le
orme del babbo, con la complicità della corporazione. Se si è in Rai,
praticamente tuo figlio e già assunto. E se si è un leader politico, è ancora
più semplice. Bossi ha già benedetto il Trota come proprio successore,
battezzandolo con l’ampolla del Po, e nel frattempo l’ha messo a far pratica in
consiglio regionale in Lombardia; intanto ha cominciato a brigare per sistemare
anche il secondo. Di Pietro, leader dei moralizzatori, con meno successo, e a
prezzo di una rivolta interna, ha cercato di mettere in lista il proprio
figliolo: dopotutto il suo partito si chiama Italia dei valori, e quale valore è
più importante in Italia della famiglia? Mentre per il dopo Berlusconi si era
parlato di una possibile discesa in campo della figlia Marina. E per carità di
patria ci limitiamo qui ai figli, facendo grazia di mogli, fratelli, nipoti (per
non parlar di amanti, concubine e igieniste dentali).
Un secondo aspetto è quello delle famiglie atipiche. Tutti lì a riverire
vescovi e a osannare la famiglia tradizionale. Poi Casini è cattolico (anche
come etichetta politica), divorziato e risposato. Fini non è cattolico, ma
ugualmente divorziato e risposato. Vendola è abbastanza cattolico, e gay
dichiarato. Bossi e Di Pietro, che abbiamo già incontrato nella precedente
categoria, sono uno pro cattolico a parole e anticattolico per vocazione e
sensibilità, e l’altro, acattolico, diciamo così: ma anche loro hanno in comune
di essere divorziati e risposati. Berlusconi, beh, è presente in tutte le
categorie: è cattolico e non cattolico, quando non si prende per Dio in persona
e per questo si adora, divorziato e… difficile da riassumere – un militante
della patonza, diciamo.
Personalmente, ci fa molto più scandalo il primo aspetto: il familismo
amorale di chi sistema i figli per via politica o corporativa, questa sì una
patologia della società. Il secondo, il semplice vivere in una famiglia non
tradizionale, dopo tutto patologia non è, seguendo un’evoluzione della società,
e scandalo nemmeno (di Berlusconi non parliamo, perché fa categoria a sé, e di
scandalo ne suscita, ma non certo perché divorziato e ri-separato).
Alla fine si scopre che il più tradizionale di tutti è Bersani: che non è un
granché cattolico, ma è normalmente sposato, banalmente con una sola moglie, e
non cerca di far fare carriera alle figlie attraverso la politica. Stai a vedere
che la famosa diversità etica del PD, più che politica, è familistica… Qualcuno
gliel’avrà detto alla Conferenza Episcopale?
Stefano Allievi |
Il familismo dei politici | settembre 2011