19/4/2013 ● Cultura
A ridanghete
Ho notato esservi un meccanismo psicologico, dal quale sono immune (ma non
faccio testo, so d’avere una mente bislacca), secondo il quale ci si rivolge con
deferenza al Direttore del presente blog prima d’iniziare una polemica contro
qualcuno … siamo già al secondo “caro Direttore lei sa …”: ma costoro sono al
corrente che il fantomatico Direttore è in realtà un azzeccato éscamotage nel
linguaggio comunicativo, dunque un’astrazione? Attenzione, intrattenendo
pubblicamente colloqui con un essere inesistente (oops, un involontario
ossimoro) è facile imbattersi in una richiesta di T.S.O. (trattamento sanitario
obbligatorio).
Quando leggo certe amenità, all’inizio reputo esser meglio adottare un contegno
tipo “Ho l’orecchio fine, ma faccio il sordo. Mi pare più elegante fingere un
difetto che ammettere di aver sentito rumori volgari (J.Roth)” … purtroppo tra
le mie doti l’eleganza risulta assente.
Allora, veniamo al prof. Leggendo le critiche contenute nel suo ultimo scritto,
in cui non fa nomi, mi sento coinvolto solo per la mia qualifica di cittadino,
dato che quando scrive nel blog indossa quasi sempre la maschera del politico. E
non v’è briciolo d’arroganza che emerga tra le mie pulsioni, anche perché credo
sinceramente che lui “non mi pensi proprio”, non costituendo né volendo il
sottoscritto essere un valido e qualificato interlocutore politico. Inoltre
quando parla di padroni, che io non ho mai asservito, non parla certo di me (tra
i pochi pregi il cui possesso rivendico c’è la mia onestà intellettuale: essendo
stato suo compagno di lista nel 2003, mi ha conosciuto quanto basta per rendersi
conto del fatto che nel mio vocabolario è assente la voce
“clientelismo/servilismo”: in un mondo saturo di leccaculo rivendico senza tema
di smentita la mia verginità). La razza padrona poi, che difende fino alla morte
tale prerogativa, ama per tale motivo circondarsi di mediocri: io, sarò
presuntuoso, ritengo di far parte di tutt’altra categoria.
Da C I T T A D I N O di “Cosa Pubblica” denuncio il solito malcostume–
aridanghete – esibito nella sua che vado ad analizzare.
Premetto che – anche se il mio giudizio non è poi così attendibile data la mia
imperizia nel valutare le doti amministrative d’un politico – lo considero forse
il politico guglionesano più preparato (ho un fratello che pure “se la
difende”). Proprio per questo mi meraviglio degli “autosgambetti” che lo hanno
fatto cadere in posizioni, espresse nel suo ultimo scritto, che non posso non
censurare. Sempre per essere chiari, ribadisco ancora una volta che non ho
padroni, della politica fondamentalmente non me ne frega una cippa e l’istinto
di sopravvivenza mi suggerisce di non sfottere il probabile prossimo sindaco …
ma per il culo non mi faccio prendere.
Caro Direttore a parte, esordire con “in questo momento non sono candidato a
niente” suggerisce al lettore l’esatta dimensione del contenuto a venire: vuole
nella forma apparire una smentita, ma nei fatti è una tautologia, un’ovvietà,
come dire che “l’acqua è trasparente”. Prendersi la briga di smentire senza
smentire, nel linguaggio dei dirigenti di solito equivale ad un’implicita
ammissione, in questo caso chissà ... Ma il mio non è solo un rilievo
logico/linguistico. Un politico, a differenza del sottoscritto che si diletta a
scrivere non per essere capito, dovrebbe architettare una comunicazione
assimilabile da tutti e che presenti novità in tema di contenuti, è una sua
“mission” (caro Direttore, lei sa questo termine esser caro a …).
Riguardo allo slogan esterno gli faccio i miei complimenti, lo condivido appieno
in quanto coglie il vero problema del “dietro le quinte” della politica: di
norma quel processo avviene in ordine contrario. Ovviamente la bontà di questo
metodo deve poi intonarsi con un programma altrettanto valido, quindi non mi
sembra il caso di commissionarlo ad un esperto, ma piuttosto deve rappresentare
il frutto d’una fattiva mediazione d’intenti con i partner politici.
Seconda tautologia a parte (fare i propri interessi in politica è cosa
esecrabile … vale a dire che rubare è gesto da condannare … ma va!), parla di
questo “blog democratico”. Mentre nel suo precedente scritto aveva espresso
paure circa un web che potesse condurre a scenari da G.F., ora ne elogia la
democrazia: se ne è reso finalmente conto, visto che consente addirittura ad uno
stracciaculo come me di esprimere il proprio pensiero. Tuttavia nel prosieguo
del suo scritto pare non apprezzare appieno tale circostanza … troppa democrazia
può per alcuni risultare fastidiosa come un’emorroide!
E infatti il nostro ci rende edotti di alcuni suoi pruriti … i pifferai che si
mettono a disposizione del padrone di turno.
Dapprima evidenzio una paradossale coincidenza: il pifferaio di Hamelin viene
buggerato proprio dal governo, che non lo paga per il suo lavoro, e per vendetta
lui porterà via con sé tutti i bambini. Che paradosso! E’ la stessa condanna
subita dalla nostra comunità, a causa d’un sistema politico resosi responsabile
dell’attuale situazione: giovani come fossero assenti, relegati ai margini della
società, condannati ad un orizzonte di miseria materiale ed esistenziale … il
“Pifferaio magico” è dunque metafora adatta più per i politici che per i loro
critici.
Casualità a parte, siamo comunque alle solite … aridanghete! Come avevo premesso
l’altra volta, se qualcuno muove una critica nei riguardi d’un politico non v’è
occasione in cui questi controbatta sui contenuti. Ciò accade in quanto
giudicano colui che li critica non quale esercitante il diritto d’opinione del
cittadino che fa parte del popolo S O V R A N O: se lo fa è perché ha un padrone
o comunque un interesse personale da perseguire (come il proverbiale ladro che
ha l’ossessione di proteggere la casa dai ladri, ognuno giudica gli altri in
base al proprio orizzonte mentale).
Chi critica dimostra inoltre d’essere un presuntuoso, uno che fa il saccente … e
poi è troppo comodo criticare l’operato altrui senza sporcarsi le mani,
asserisce il nostro. A me sa tanto di ridicolo questa abitudine dei politici di
tacciare come qualunquisti i cittadini. Sono invece le loro considerazioni ad
esserlo davvero, poiché dare del qualunquista ai cittadini è già di per sé
contegno qualunquista!
Eppure il concetto è semplice, anzi elementare: essere personaggi pubblici e
detenere un potere comporta l’implicita eventualità di essere criticati per il
proprio operato. Fa parte delle regole di un gioco che conoscono addirittura i
protagonisti del gossip. Il potere non presenta, come piacerebbe ai politici e
compagnia bella, esclusivamente vantaggi … le responsabilità non le vogliono?
Semplice, non si candidino. Nessuno si sogna di criticare il loro privato, di
invadere quella sfera personale che nel pubblico è invece così ampia da
estendersi al raggio dell’intera comunità di cui l’ente che il politico
amministra è esponenziale: lui ci serve la minestra, se a noi non piace potremo
almeno dirglielo?
Facile da capire, vero? Eppure al nostro fanno prurito le lecite critiche sulla
sfera pubblica, mentre lui impunemente travalica l’altrui sfera privata. Già,
perché dopo aver formulato giudizi sulle reale intenzioni che animano i suoi
critici, arriva a giudicare addirittura il loro stile di vita, da censurare solo
in quanto diverso dal proprio. Lui dice di tenersi lontano da certi posti e
certe persone … esticazzi non ce lo mette? Queste sono considerazioni che ognuno
dovrebbe tenere per sé. Inoltre, se si formulano accuse sarebbe d’uopo
circostanziarle, altrimenti il silenzio è più dignitoso. Quali sarebbero poi
questi posti e queste persone da cui tenersi a debita distanza (e soprattutto,
qual è la pertinenza con la politica?)? Quale sarebbe la caratteristica che li
rende incompatibili con gente e ambiente a lui consoni (anche la nobile
categoria a cui lui appartiene non mi è chiara), che evidentemente pensa di
essere più “fregna” degli altri e per tale via di arrogarsi il diritto di
manifestare la propria intolleranza? A quest’ultima sono particolarmente
allergico, appartenendo il sottoscritto alla categoria “vivi e lascia vivere” o,
per entrare nel dettaglio, “a una spanna dal mio culo puoi fare tutto quello che
vuoi”. Inoltre i politici, che – nomen omen – dovrebbero frequentare la polis,
stare tra la gente per tastarne il polso, si fanno vedere in giro solo il “meseprimadelle”.
L’ultima è sugli adulti-adolescenti, categoria che fa evidentemente riferimento
agli adulti che non vogliono prendersi le proprie responsabilità: è il discorso
sopra affrontato … già, sono i politici.
Si cavalca sempre il paradosso: i politici che le hanno e si comportano come se
non l’avessero, bistrattano chi li critica come coloro che non si assumono le
responsabilità … tanti ne vorrebbero avere ed esser messi alla prova riguardo
alle proprie capacità. Anch’io faccio parte della categoria, intesa però in un
senso lato: ho sempre cercato di tenere viva la curiosità che è un dono che
tutti possediamo in quella fase della vita, e credo si dovrebbe andar fieri se
si riesce in tal senso a restare un po’ bambini.
Voglio riassumere per chiarezza la sola critica che intendevo muovergli nella
sua veste di politico, che poi è l’istanza che dal mondo civile è avanzata nei
confronti dell’intero sistema politico: basta con l’egoismo del potere
costituito (altro che l’”egoismo proprietario” a cui fa cenno il prof e che,
ahimè, non ho capito cosa sia), di chi si accomoda nelle poltrone per poi
appropriarsene, come se il loro deretano ne avesse l’esclusiva … di chi della
“cosa pubblica” fa “cosa nostra”.
L’istanza è chiara: basta con la falcidia dei giovani, con la pratica di
attorniarsi di yes men relegando i meritevoli ai margini della società. Ai
giovani hanno tolto la possibilità di prendere le redini del Paese (nonostante
fosse da tempo giunto il loro turno) nonché il lavoro e ogni sicurezza sociale …
ci manca solo che ristabiliscano lo “ius primae noctis” per trombarsi le loro
donne. Se non oggi, tra pochi anni il prof e l’intero cucuzzaro verranno
travolti.
Il dovere civile ed esistenziale, ad una certa età, è trasmettere il proprio
patrimonio (pater munus = dono del padre) di competenze ai giovani e lasciare
alle nuove generazioni la possibilità di generare; dopodiché, il più tardi
possibile, si può morire serenamente nella consapevolezza di aver fatto il
proprio dovere. Cosa si può fare di più per la propria comunità se non
garantirle un futuro sereno per aver educato la classe dirigente del futuro?
Lui, che è un educatore, queste cose le sa meglio di me, ma “n vò ndrlaquj”.
Ah, riguardo alla frase di chiusura ci sarebbe troppo da argomentare; per dare
solo un’idea di come può giudicarla uno con la medesima mia impostazione
culturale, il prof di italiano (Eliseo) del 1° liceo un tema con quel finale lo
avrebbe appallottolato e me lo avrebbe fatto ingoiare, avvelenandomi con la mia
stessa retorica.
P.S.: invito l’eventuale ingenuo che giudicherà volgari alcune mie espressioni a
riflettere sulla vera volgarità, che risiede in pensieri, gesti e comportamenti,
mai nelle sole parole.
Spero inoltre che il prof – ne sono sicuro – non se la prenda per i toni a volte
ironici, che rappresentano solo una forma d’espressione.
Per chiarire poi chi è davvero nel mirino della mia critica, vale citare una
famosa battuta di Petrolini: rivolgendosi al solito disturbatore seduto in
galleria, inveiva dicendogli: “io non ce l’ho con te, ma con quello seduto
affianco che non ti dà una sberla”.