18/4/2013 ● Solitudini d'autore
Il lievito
Caro Direttore,
nei giorni scorsi, come spesso avviene nei momenti di svolta della politica
italiana, i rapporti fra Chiesa e mondo politico hanno occupato grande spazio
nei media e nei dibattiti.
La novità più interessante è costituita dal rilievo dedicato a un presunto
unanime appoggio delle gerarchie ecclesiastiche a Monti e al suo ruolo
futuro.Una tesi certamente confortata da una forte esposizione in questo senso
da parte dell’Osservatore Romano e dell’Avvenire, alla quale sono seguite
dichiarazioni altrettanto forti da parte di importanti autorità ecclesiastiche.
Si tratta di avvenimenti di indubbia importanza, dato che tutto questo combinato
disposto sembra mettere definitivamente termine ad un appoggio aperto ed
efficace di un’autorevole parte della gerarchia italiana nei confronti del
presidente Berlusconi e dei suoi alleati di governo.
La presa di distanza da Berlusconi era iniziata ed era divenuta palese già da
qualche mese ma le dichiarazioni in favore di Monti la rendevano più concreta e,
soprattutto, comprensibile in modo inequivocabile da parte di tutti i cattolici
italiani.
Questo nuovo corso ( a quanto si legge nella stampa) avrebbe dovuto essere
solennemente consacrato da un convegno ( il così detto Todi 3 ) nel corso del
quale i più visibili movimenti del cattolicesimo militante avrebbero dovuto
solennemente confermare questa scelta.
È invece partita una dinamica del tutto imprevista perché questa nuova scelta
non è stata condivisa da chi aveva sostenuto e continuava a sostenere le
precedenti alleanze, mentre una rappresentanza non trascurabile per qualità e
quantità dei cattolici militanti ha scelto di candidarsi nelle liste del Partito
Democratico.
L’aspetto più interessante ( e a mio parere positivo ) di tutti questi eventi
e’che nessuno sembra scandalizzarsi dell’esistenza di queste diversità di scelte
e nessuno (come invece avveniva in passato) ha lanciato scomuniche o invettive.
In coerenza e forse in conseguenza di questi avvenimenti il così detto Todi 3
non ha avuto luogo e nessuno si è stracciato le vesti per la revoca di tale
appuntamento.
La collocazione dei cattolici militanti in diverse caselle politiche ( evento
che ritengo importante e positivo per la storia religiosa e politica italiana)
e’ apparsa come un fatto scontato, quasi ovvio.
Come se gli avvenimenti degli ultimi anni avessero silenziosamente insegnato
quanto siano delicate e non sempre positive le conseguenze di una stretta
alleanza della Chiesa con un singolo leader o con uno specifico partito
politico, pur nobile o corretto che esso sia.
Si sta cioè quasi istintivamente affermando nel mondo cattolico italiano
(seppure in grave ritardo rispetto ad altri paesi) la convinzione che a coloro
che operano nella vita pubblica sia sopratutto richiesto di portare un positivo
contributo di esperienza, di etica e di dottrina nelle diverse appartenenza alle
quali si decide di aderire in base alle proprie complesse scelte di carattere
politico e culturale.
Essi sentono soprattutto un dovere: cercare di essere, seguendo la propria
coscienza e i principi elementari del Vangelo, il lievito di una società sempre
più secolarizzata, pluralistica e perciò sempre più bisognosa di un positivo
fermento sviluppato dall’interno.
Forse sto cercando di trarre conseguenze troppo affrettate e generali da
avvenimenti che sono ancora in corso di svolgimento e certamente questa mia
interpretazione e’ influenzata dal fatto che una delle motivazioni principali
del mio passaggio in politica ( verso la quale non sono né salito ne’ disceso)
e’ stato proprio il desiderio di contribuire a che cattolici e laici operassero
assieme nei diversi schieramenti.
Ritenevo e ritengo che, superati gli anni della grande emergenza del dopoguerra
e del comunismo, questo sia un passaggio essenziale per fare operare insieme ,
in modo positivo, i principii che stanno alla base del Cattolicesimo e i
fondamenti della nostra Costituzione.
Si tratta evidentemente di una posizione discutibile e, soprattutto, di una
scelta che richiede un forte impegno di approfondimento e di testimonianza
personale. Tuttavia pensavo e penso che una tale evoluzione possa aiutare la
coesione del paese e una maggiore responsabilizzazione dei suoi cittadini.
La coalizione dell’Ulivo, intorno alla quale avevo cercato di costruire una
proposta politica innovativa, aveva tra i propri principi fondanti anche questo
obiettivo semplice ma di portata storica.
Come è noto le cose sono andate ben diversamente. Sono state infatti compiute
precise alleanze e sono stati fissati confini inclusivi ed escludenti che, pur
avendo provocato dolorose sofferenze, non mi sembrano avere dato risultati
esaltanti. Ma il passato e’ passato. Conta invece il fatto che lo scorrere
naturale degli eventi obblighi tutti noi a riflettere su questi temi e spinga
qualcuno di noi a riscoprire il concetto di “lievito”. Questo e’ per me motivo
di conforto.
Perché tale evoluzione possa produrre frutti di coesione e di miglioramento
etico occorre naturalmente un mutamento altrettanto radicale nel comportamento
dei partiti politici e degli stessi cattolici. Occorre cioè che sia dato un
adeguato spazio al contributo dei cattolici e che essi, da parte loro, si
facciano apprezzare per la qualita’ della proposta politica e non utilizzino l’
appartenenza cattolica come rendita di posizione.
In ogni caso quanto sta avvenendo in questi giorni all’interno del mondo
cattolico e’ certamente un’occasione per una riflessione necessaria e positiva
per tutti gli italiani.
Grazie dell’ospitalita’. Con molta amicizia,
Romano Prodi |
I cattolici in politica si facciano apprezzare per la qualità delle proposte e
non per la loro appartenenza / La politica e il lievito dei cattolici |
Lettera di Romano Prodi al direttore de Il Corriere della Sera pubblicata il 13
gennaio 2013