5/3/2013 ● Caro Direttore
I grillini nella testa
Leggo, ahimé per la prima volta, le riflessioni culturali contenute nella
rubrica “caro direttore”, che nella forma e nella sostanza (eccezion fatta del
Di Tomaso) paiono flessioni, esercizi di tecnicismo politico. Intendiamoci,
politica e cultura sono tessere inestricabili d’un identico mosaico, laddove le
convinzioni circa la prima forniscono l’identikit culturale di base d’ogni
persona.
Quello di cui non riesco a capacitarmi è la totale assenza di rilievi, da parte
di operatori della politica con un occhio ben più allenato del mio, sulla
rivoluzione politico-culturale in atto.
Mi chiedo come possa un Paese come il nostro, in possesso d’una cultura
democratica in recessione (da Dossetti a Casini o da La Pira a Formigoni v’è lo
stesso parallelismo misurabile tra la coppia Dante-Jovanotti), osservare
l’evolversi rapido d’una rivoluzione culturale in campo politico – vera chiave
di volta per risolvere i problemi della società che, attengano essi alla cd.
“questione morale” o ai fenomeni di autentico dominio territoriale legati alle
mafie, gravitano sempre su un distorto orientamento della cultura di massa – e
anziché manifestare l’orgoglio di ospitare, unici al mondo, l’esperimento d’un
autentico laboratorio politico, assecondiamo il contegno dei leader politici
nella loro cieca visione d’un potere che va auto perpetuato. Arroccati nel loro
fortino, hanno decretato con unanimità di giudizio la loro condanna: è
chiaramente un voto populista, ergo un italiano su quattro è un qualunquista che
si è recato a votare unicamente spinto dalla voglia di fare un dispetto ai
partiti tradizionali, che invece annovererebbero nelle loro file elettori dotati
di quelle elevate capacità di giudizio critico che da sempre li hanno guidati in
quella selezione da cui sono emersi i più degni a rappresentarci … che so,
Berlusconi, Scilipoti, Gasparri ecc.
Orbene, ai più attenti il fenomeno, in una lettura in chiave culturale, è parso
assumere un così ampio rilievo che si sono mossi autorevoli sociologi e
psicologi per compiere quell’analisi che il sottoscritto può solo accennare per
chiari limiti di perizia. La democrazia che conosciamo è “delegata”, e si attua
mediante quel meccanismo di rappresentatività per il quale siamo chiamati ad
effettuare quegli esercizi di clientelismo che chiamiamo elezioni. Sebbene in
modo indiretto, questo meccanismo dovrebbe consentire che un concetto astratto
quale quello del popolo sovrano che gestisce la cosa pubblica diventi una dato
di fatto.
Nella realtà si verifica il seguente paradosso: la democrazia è quella forma di
potere in cui il popolo viene preso a calci dal popolo su mandato del popolo. E’
evidente a tutti che il potere è in realtà in mano a pochi, che governano in
regime di plutocrazia assoluta, autoreferente ed irresponsabile (in Europa si è
giunti ad una peculiare Bancocrazia). Gli organismi a cui è demandato il compito
di mediare nel rapporto cittadini-stato, facendo loro da tramite affinché il
volere di tutti si traduca in una corrispondente azione di governo, sono quegli
affettuosi partiti in cui la cd. “base” è usata dalle segreterie quale mero
appoggio passivo e da queste enfatizzata in chiave non partecipativa.
Da qualche lustro il fallimento dei partiti nell’essere esponenziali della
volontà politica degli iscritti è giunta sino allo smarrimento del significato
dei termini destra/sinistra (si pensi alla destra DC che ha predisposto un
welfare che l’attuale sinistra ha concorso a distruggere). E’ in questa
democrazia da operetta che vede i natali M5S, esempio di democrazia popolare
diretta nonché di “intelligenza collettiva”; in essa la partecipazione dei
soggetti avviene per scopi anziché in virtù della tradizionale adesione passiva
a programmi imposti o al carisma d’un leader.
Quello di Grillo è un blog per intenti sociali, un cybergroup che è uno
strumento fluido, dotato di risorgenza continua, di autocritica e innovazione
permanente. Nei diari dei lavori di gruppo si produce un cd. “effetto a
specchio”: il singolo, messo a confronto con gli altri, subisce un’evoluzione
personale e, nel contempo, emerge uno “spirito di gruppo” che rappresenta una
sorta di regista superiore, risultato di un’integrazione che produce un effetto
che va ben al di là della semplice sommatoria delle singole capacità dei
partecipanti.
Per farla breve, ribadendo ancora una volta le peculiarità d’un fenomeno che
rappresenta un’esperienza ancora tutta da studiare in psicologia e sociologia,
M5S è la palestra di una moderna democrazia diretta dal basso (i cui esiti in
campo politico sarà la storia a verificare), di cui non si può non evidenziare,
con le dovute distanze, l’analogia con quella palestra di menti ateniesi che
oltre due millenni orsono diede luogo alla democrazia dell’agorà. Mica pizza e
fichi!
P.S.: “Egli era nel mondo … ma il mondo non l’ha conosciuto” (Giovanni, 1,10)
Mario Vaccaro