3/3/2013 ● Solitudini d'autore
Il bene comune
Per una riformulazione del “bene comune”
Occorre, tuttavia, proporre un passaggio ulteriore. Quali espressioni concrete
possiede questo bene pratico comune dell’essere insieme? Importanti espressioni
sono legate alle “pratiche solidali”. Infatti perché abbia senso parlare di
pratiche solidali - volontariato, organizzazioni non profit - occorre
riconoscere il bene comune sociale primario dell’essere insieme. Le pratiche di
solidarietà esprimono la compartecipazione sia nei beni che nei carichi (pesi)
sociali. D’altra parte, se vogliamo godere di questo bene comune in un modo non
lesivo della dignità umana non possiamo mortificare (paternalisticamente)
l’agire degli attori sociali: la sussidiarietà serve proprio a questo scopo,
cioè esprime l’iniziativa (singola o collettiva), altrettanto fondamentale e non
riducibile al tutto sociale stesso.
Per esprimere questo quadro complesso, Benedetto XVI ha fatto riferimento a
quello che possiamo chiamare un vero e proprio schizzo architettonico della vita
sociale. Dice, infatti, il Papa: «possiamo tratteggiare le interconnessioni fra
… quattro principi – dignità umana, solidarietà, sussidiarietà e bene comune -
ponendo la dignità della persona nel punto di intersezione di due assi, uno
orizzontale, che rappresenta la "solidarietà" e la "sussidiarietà", e uno
verticale, che rappresenta il "bene comune"» .
In questo “schizzo” ci sono dunque due assi fondamentali che dobbiamo
trattenere, se vogliamo ripensare attentamente il significato del bene comune e
delle pratiche solidali che lo esprimono:
(a) Sull’asse orizzontale: non è possibile rispettare la dignità umana senza
aver cura solidale di chi è in difficoltà; ma non è possibile una solidarietà
autentica senza garantire alle persone una fondamentale libertà di iniziativa.
Così, se la sussidiarietà corrisponde alla dimensione di singolarità
irriducibile della persona come protagonista e non oggetto della società, la
solidarietà corrisponde alla dimensione della appartenenza sociale: duplice
dimensione, la cui espressione e il cui rispetto sono indispensabili per una
socialità a misura della dignità di ogni persona umana.
(b) Sull’asse verticale: il bene comune è il bene condiviso nella stessa
socialità, che come bene umano non ha automatica attuazione ma va voluto e
praticamente perseguito (la società è maxime opus rationis). Esso sta a
fondamento della società, come un bene di persone il cui valore dà sostanza e
insieme eccede il bene comune. Per questo il bene comune compiutamente inteso
non si conclude con quello storico sociale, ma è aperto al bene comune delle
persone come tali. In questo senso non è possibile rispettare fino in fondo la
dignità umana senza adombrare una prospettiva escatologica di compimento della
persona e di tutte le persone.
Diventa comprensibile quello che già Maritain aveva indicato nel 1947: c’è un
bene comune – come San Tommaso insegna – che vale di più del bene dei singoli
consociati; ma questo bene comune, che Maritain chiama «bene comune immanente»,
vale meno (è infatti “infravalente”) di quel bene cui la comunità umana è
ultimamente ordinata e che per Maritain (come per Tommaso) è il «Bene comune
increato delle tre Persone divine» . Si capisce allora perché Benedetto XVI
affermi che la vera solidarietà compie se stessa quando diviene carità e che la
vera sussidiarietà compie se stessa lasciando spazio all’amore: perché è qui,
nella carità e nell’amore, che Dio “accade” come risposta inaudita alla promessa
inscritta nel bene comune immanente .
Questo schizzo architettonico diventa allora un riferimento essenziale per tutte
quelle dinamiche contemporanee che puntano a un’ipotesi di vita buona umanamente
sostenibile. In particolare, le due coordinate (orizzontale e verticale)
disegnano un framework che sembra diventare irrinunciabile per interpretare lo
spazio sociale in senso autenticamente democratico:
a) l’asse orizzontale (sussidiarietà – solidarietà) è infatti compatibile solo
con un’adeguata valorizzazione del protagonismo tipico nella società civile:
l’idea, verso cui si stanno orientando le più acute interpretazioni sociologiche
contemporanee, è proprio che c’è un capitale di solidarietà che solo gli attori
della società civile sono in grado di generare e di cui nessuno Stato
democratico può fare a meno. Da qui l’accento posto in maniera decisa su assetti
istituzionali in grado di garantire, attraverso il principio di sussidiarietà,
la libertà e le forme civili dell’essere insieme .
b) l’asse verticale (bene comune immanente – Bene comune increato) esige invece
quella libertà che, da più parti ormai, viene riconosciuta sempre più
consapevolmente come irrinunciabile: la libertà religiosa . Si tratta infatti di
giungere a riconoscere che la dimensione socio-politica non può essere
l’orizzonte esclusivo della persona umana .
Rinasce qui la questione: come proporre questo schizzo architettonico emergente
dall’insegnamento sociale della Chiesa in una società pluralistica?
Angelo Card. Scola, Arcivescovo di Milano | IL SIGNIFICATO DEL “BENE
COMUNE” | 26 APRILE 2012
http://angeloscola.it/