1/3/2013 ● Cultura
Un governo di minoranza aperto al nuovo
Ma Grillo vuole fare il cantore della contestazione o il poeta della
rivoluzione?” (così Rosario Crocetta, l’inventore del modello Sicilia). Lo
invita a rivedere il no a un eventuale voto di fiducia a Bersani. In Sicilia
“c’è sempre stata un’affinità elettiva fra me e gli esponenti di 5 stelle. Ci
siamo trovati sull’idea di taglio dei privilegi senza massacrare lo Stato
sociale. E abbiamo scoperto ‘convergenze parallele’ su norme di carattere
ambientale, come quella sull’acqua pubblica, e sulla revoca dell’autorizzazione
del Muos (il sistema radar americano di Niscemi, provincia di Caltanissetta) che
pare sia nocivo per la salute dei cittadini. Io fra i grillini ho trovato solo
persone perbene con le quali si può dialogare”.
Dunque se non si può governare da soli, come in molti avevamo sperato, è meglio
aprire ai giovani e al nuovo. Le grandi coalizioni – dice il professor Piero
Ignazi – necessitano di alcune condizioni per dare buona prova di sé, condizioni
che attualmente non esistono. L’abbraccio tra Pdl e Pd si scontra soprattutto
con “una concezione della democrazia e del funzionamento delle istituzioni
totalmente divergente: populista e irrispettosa dei checks and balances (pesi e
contrappesi, n.d.r.) il Pdl, parlamentare-rappresentativa il Pd. Se non c’è
accordo sui fondamentali ogni intesa non regge… Legarsi a un partito siffatto
significa candidarsi al suicidio politico. Cosa rimane allora? Semplicemente, un
governo di minoranza… una pratica corrente nelle democrazie consolidate. Nel
dopoguerra, i 2/3 dei governi nei paesi scandinavi sono stati governi di
minoranza (…). In Canada dal 2004 al 2011 si sono alternati governi liberali e
conservatori di minoranza… Anche in Spagna sia il primo governo Aznar che il
primo governo Zapatero non avevano la maggioranza alle Cortes. Quindi, il
governo di minoranza non è un ‘monstrum’ ma una prassi corrente dei paesi
democratici”. I governi di minoranza – aggiunge Piero Ignazi – possono
muoversi in diverse direzioni. “La più proficua, è quella di un accordo
limitato su alcuni punti qualificanti di riforma della politica che sono
condivisi sia dal partito di Bersani che da quello di Grillo: riduzione dei
costi della politica, taglio delle cariche rappresentative, riforma elettorale,
conflitto di interessi, incompatibilità e ineleggibilità… Ma non si tratta di
cercare un’alleanza organica. Si tratta di trovare una via di uscita praticabile
ad una inedita impasse, attraverso un governo di minoranza che assicuri la
governabilità per un periodo transitorio in vista di un inevitabile ritorno alle
urne”.
Molti elettori dei 5 Stelle sarebbero d’accordo. Dal blog di Beppe Grillo scelgo
un paio di opinioni. “Scusa Beppe, senza polemizzare, ma mi spieghi dove sta
la ‘Democrazia della rete’? A me pare che qui scegli tutto tu” (Patrick,
elettore 5 Stelle). “Stavolta non sono d’accordo! Ognuno vale uno: imporre il
voto a un parlamentare significa per noi cadere in contraddizione” (Loris,
elettore 5 Stelle).
Concludendo, un governo minoritario potrebbe reggersi in presenza di
un’opposizione responsabile disposta a contribuire per la risoluzione di alcuni
problemi come quello della cassa integrazione, quello degli esodati, tagli
sostanziali dei costi della politica, difesa dell’ambiente, ripresa produttiva,
solidarietà sociale, confermi gli impegni europei purché sostenibili e coerenti
con la nostra realtà, elegga il capo dello stato ed i presidenti di camera e
senato e poi si vada al voto appena possibile. Naturalmente si dovrà trovare il
necessario accordo su una nuova legge elettorale.
Si tratta dunque di comprendere che un dialogo a distanza col Pd, sul terreno
istituzionale e su alcuni punti del programma, non lede la visione complessiva
del progetto Paese; ma una garanzia anche per i grillini di salvare le premesse
per quell’Italia diversa a cui dicono di aspirare.