26/9/2012 ● Eventi
Educare, sanare e costruire un ambiente migliore: una Diocesi in prima linea
Educare e sanare, ovvero tema e urgenza cui siamo chiamati a intervenire per
un creato ferito e ignorato dai più: è questo quanto individuato al termine del
seminario di studio che ha avuto luogo il 24 settembre in Termoli, presso il
cinema Sant'Antonio, alla presenza di presbiteri, laici cattolici e non, che
hanno voluto ascoltare e comprendere quello l’ambiente naturale, sociale e il
loro intreccio. La questione “creato” necessita di chiarezza e per questo, il
termine “educare”, si pone quale strumento per far conoscere quelle situazioni
che distruggono il nostro pianeta chiedendoci di “sanarlo”.
Cementificazione scellerata (la natività è pari a zero eppure si costruiscono
migliaia di case), guerre (la “fabbrica guerra” sottrae oltre il 10%
dell'energia prodotta dal pianeta), privatizzazione diffusa (acqua e quant'altro
sono oggetti di privatizzazione), denaro e banche (e con esse le multinazionali
che gestendo il tutto e sopprimendo l'azione dell'uomo, sono diventati il
riferimento e la sola cosa che conta nel pianeta), ma non solo, ci sono le
aziende che producono a scapito della vita (e il riferimento è all’Ilva di
Taranto o anche al territorio molisano che con le sue aziende ha contaminato
l’aria generando un tasso di mortalità per tumori significativamente eccedente
rispetto alla media del Molise) e tante altre situazioni cui siamo portati a
tacere, per pigrizia o disinformazione.
"Ogni cosa necessita di discernimento ed è in questo che siamo chiamati" ha
affermato don Bruno Bignami, presidente della fondazione “Primo Mazzolari” che è
intervento sul tema “Le questioni legate all’intreccio tra realtà ambientale e
comunità umana”. Per il relatore ”uomo e ambiente devono relazionarsi al meglio
per vivere in un bel creato e, di conseguenza, buoni rapporti con gli altri”.
“Dobbiamo avere coraggio”, prosegue Bignami, “perché ambiente e lavoro devono
essere non alternativi, ma complementari: un lavoro che uccide non è un lavoro e
non potrà mai esserlo. C’è paura, paura di cadere strumentalizzati da qualche
livello politico e ciò ha limitato il modo di esporsi dei cattolici. Il
riferimento è alle indicazioni che da vent’anni circa ci sono consegnate in
merito al creato e delle quali non ci siamo accorti, riducendo le nostre
attenzioni alla questione del fine vita, piuttosto che al come percorrerla al
meglio”.
Per don Bignami “la crisi ambientale è soprattutto una crisi etica perché il
“degrado sociale” non è altro che il frutto del “degrado ambientale” che divampa
nella società e crea uomini in grado di generare ambienti invivibili. In questo
contesto, è importante recuperare la capacità di discernere il bene perché siamo
capaci di fare cose belle e accorgersi di esse: una piramide, un bellezza
naturale la riconosciamo, eppure chiudiamo gli occhi dinanzi le storture
architettoniche dell’uomo. Oggi tutto dipende da noi e dalla volontà di pensare
ai nostri stili di vita in modo diverso affinché si torni a vivere in prossimità
delle piazze e non più in recinti. Aria respirabile, terra per produrre cibo e
non combustibili, possono essere un punto d’arrivo, ma la strada è tanta e
chiama ciascuno a fare la propria parte”.
Da Emanuele Fantini, docente dell’Università di Torino, l’invito a “orientarsi a
una cultura più ecumenica per affrontare questa sfida. Già con la campagna
referendaria dello scorso anno si è riusciti ad attuare questa sinergia che ha
dato risultati storici e ha visto pronunciarsi tanti individui. Questo denota la
voglia di esserci, il desiderio di partecipare ed è su questo che occorre
lavorare. Esserci per partecipare quindi, informando e informandosi al meglio,
riuscendo anche a facilitare le relazioni”, ma non solo, prosegue Fantini che
sottolinea: “siamo chiamati a sensibilizzare e informare ciascuno anche nella
scuola e negli oratori”.
“È una cosa possibile, fa eco don Bignami, ed è una possibilità per i nostri
ambienti. Gli oratori devono diventare ‘polo educante’ verso queste questioni:
come comunità cristiana dobbiamo chiederci dove andare e cosa essere”.
A intervenire anche don Mario Fini, parroco di Bologna, che evidenza
l’importanza di credere che il creato sia un dono di Dio affidato a tutti. La
sua esperienza pluriennale in Guatemala lo ha portato a consegnare agli
intervenuti delle esperienze di lotte e di azioni di attivisti che, spesso
sostenuti dalla Chiesa attraverso le figure del Vescovo Ramazzini e della
testimonianza di mons. Juan Gerardi, sono riusciti a ottenere grandi traguardi
che “hanno restituito dignità e vita”.
“Il rischio - prosegue don Fini – è il ritenerci non interessati a queste
problematiche, ma non è così e non può esserlo. Come cittadini e cattolici,
dobbiamo dire la nostra e vivere nel rispetto del creato che ci è stato affidato
dal Nostro Signore. Sobrietà, consumi oculati e tante piccole prassi diventano
importanti nella misura in cui saranno radicati nella nostra mentalità,
recuperando il concetto di “educare” a questi temi per avere gli strumenti
necessari per affrontare un futuro migliore”.
Per Renato Di Nicola, attivista dei Movimenti europei per l’acqua, “dobbiamo
necessariamente informarci su quanto ci accade intorno perché non possiamo
tacere, quanto ci viene sottratto è il futuro dei nostri figli e di noi stessi”.
“È necessario fare chiarezza e rafforzare quell’alleanza sociale vissuta in
occasione dei referendum dello scorso anno. Ambiente, giustizia e società devono
guardarsi e porre le basi per non mettere più in dubbio la nostra esistenza
sulla terra. Occorre uscire dal ghetto, ma per riuscirci siamo chiamati a
informarci, incontrarci, scambiare le nostre idee e attivarci”.
Una spinta e una sollecitazione che, forse, troverà attuazione nelle parole del
vescovo diocesano mons. Gianfranco De Luca che, tirando le conclusioni
all’intenso pomeriggio di studi, ha affermato che “la provocazione che raccolgo,
e di cui mi faccio carico, è che questo gruppo di partecipanti possa dar vita a
un laboratorio tale da avviare un cammino di discernimento e confronto per
produrre riflessioni e iniziative da raccontare e promuovere alla comunità
cittadina”.
Un laboratorio, quindi, che strizzerà l’occhio alle necessità del territorio e
dopo averle individuate, tenterà di consegnare alla cittadinanza la maggior
quantità e qualità d’informazione per, in secondo piano, proporre il da farsi.
L’impegno della diocesi di Termoli-Larino nella questione “privatizzazione
dell’acqua”, come anche evidenziato da Renato Di Nicola, “è stato encomiabile e
ha visto la stessa realtà adriatica tra le prime e maggiormente impegnate nella
diffusione di informazioni e chiarimenti sulla questione in Italia. Ciò
testimonia che dalla Chiesa possono nascere nuove spinte che portano all’uscire
di casa e mettersi insieme”.
“Oggi siamo chiamati a unirci, confrontarci e insieme costruire un mondo
migliore”, ha concluso don Bruno Bignami.
Giovanni Perilli