22/8/2012 ● Solitudini d'autore
Lo scudo
(...) Da De Gasperi a Fanfani a Moro, lo scudo crociato ha vissuto come asse
centrale di un equilibrio democratico realizzato col concorso, spesso
determinante, delle forze politiche di estrazione laica e poi socialista. Dal
centrismo al centrosinistra fino alla fase dell'emergenza: dalla collaborazione
con Saragat a quella con Nenni o con La Malfa. Nella tradizione della politica
di alleanze che ha sempre caratterizzato la politica italiana, il blocco
democristiano assumeva lo stesso posto delle maggioranze depretisiane o
giolittiane: ma con l'aggiunta di un qualcosa di specifico, quell'anima popolare
e sociale, cui mai De Gasperi rinunciò, che ritornò nella visione di Moro, che
ispirò le giovani generazioni attratte dall'immagine di Zaccagnini.
Ma sempre partito di governo: diversamente dal Partito popolare che era nato in
un'Italia diversa, in un'Italia ostile, in un'Italia in cui i cattolici erano
ancora considerati con sentimenti di prevenzione o di diffidenza collegati alle
lotte risorgimentali.
La grandezza di De Gasperi, fin dagli anni dell'esilio in patria, fin dagli anni
della biblioteca vaticana così cari ad Andreotti, fu quella di intuire il ruolo
e il destino nazionale e di governo del partito democristiano, e in questo senso
del tutto separato dal Partito popolare: forse qui andrà ricercata anche una
parte delle radici di quella diffidenza inconsumabile che divise De Gasperi e
Sturzo.
Vorrei concludere queste mie parole di saluto, con un episodio raccontato da un
collega senatore, Adriano Ossicini, in un suggestivo libro di alcuni anni fa
"Cristiani non democristiani".
L'autore è un cattolico che non fu mai democristiano, figlio di un esponente
popolare antifascista che ebbe un ruolo non secondario nella resistenza
silenziosa e domestica di quell'ala minoritaria dei cattolici in gran parte di
provenienza sturziana che non aveva piegato alla dittatura. Reduce
dall'esperienza della sinistra cristiana che diventò dopo il '41 il gruppo dei
cattolici comunisti, e come tale fu sconfessato dal Sant'Uffizio alla fine del
'44. Ostile allo scioglimento del movimento che coincise al termine del '45 con
la caduta del ministero Parri, con l'avvento del primo ministero De Gasperi.
Ebbene Ossicini, sturziano fino in fondo, e da questo punto di vista piuttosto
critico che ammiratore di De Gasperi - racconta un incontro a Roma nel '37-'38,
- ai confini fra liceo e università, con Alcide De Gasperi. Lo promuove, nel suo
"salotto giallo", uno dei superstiti dell'esperienza popolare che non ha mai
ceduto al fascismo, che ha tenuto vivi i fili di un'opposizione discreta,
prudente, "cattolicamente" ispirata, Giuseppe Spataro: un notabile tanto tenace
quanto guardingo.
Lo studente arriva da De Gasperi con le certezze di un giacobino-cattolico.
Ossicini è per una linea di attacco, di iniziativa; ha coperture all'interno
dell'Azione Cattolica; si ispira al magistero di padre Stefano Bianchi.
De Gasperi lo raggela: "il fascismo cadrà, ma per crisi interna". I cattolici
non possono non essere prudenti, debbono pensare al domani. L'essenziale è
essere pronti all'appuntamento del post-fascismo. Non possiamo ripetere - cito
il senso, non le parole di De Gasperi - l'errore del '22, la rinuncia a guidare
il governo: al momento della caduta di Facta, "quando Meda fu officiato per
prendere il potere". "La successione al fascismo - ecco le conclusioni di De
Gasperi - può essere da noi accettata ma in un ruolo di potere". O meglio di
guida del potere.
Ecco perché De Gasperi seppe essere il leader del governo - dopo la generosa
esperienza di Parri - prima ancora che qualunque verifica elettorale fosse stata
compiuta. Non sapremo mai fino in fondo a che punto l'esperienza fortunata del
governo De Gasperi incise sui risultati sia delle amministrative del '46, sia
del voto congiunto per il referendum e per la Costituente. Certo una nuova
storia nasceva e di quella storia siamo tutti in un modo o nell'altro
compartecipi.
Giovanni Spadolini
7 febbraio 1990
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Discorso tenuto presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani
a Roma, dell'allora Presidente del Senato Prof. Sen. Giovanni Spadolini, in
occasione della presentazione dell'opera in cinque volumi "Storia della
Democrazia Cristiana" delle Edizioni Cinque Lune.