27/7/2012 ● Cultura
La lirica che sa parlare ai ventenni
Sono stato lo scorso fine settimana a Macerata in occasione della
quarantottesima stagione lirica dell’Opera Festival – Arena Sferisterio e devo
dire che il programma, nel confermare le linee guida delle stagioni precedenti,
ha inserito operazioni registiche giovani e innovative.
Una Bohème capace di parlare ai ventenni di oggi mantenendo intatto il fervore
con cui Puccini descriveva i giovani del suo tempo. Il regista Leo Muscato ha
inserito questa regia d’opera in un suo personale “progetto riscrittura”. Si
tratta, come ha spiegato egli stesso, di “restituire per quanto possibile la
relazione originaria tra l’opera e lo spettatore cui era destinata”. Se il primo
allestimento di Bohème, al Regio di Torino nel 1896, ambientava la vicenda nel
1830, cioè circa 60 anni prima, ha collocato il suo allestimento nel maggio
parigino, tra il 1968 e il 1974.
E’ proprio vero: la gioventù non ha epoche. Puccini volle raccontare con musiche
appassionate e tenerissime la stagione dei sogni e dell’amore di un gruppo di
artisti in una fredda Parigi ottocentesca. E’ una stagione che appartiene a
tutti. E se, come in Bohème, si può contare sull’adattabilità senza tempo della
musica di Puccini, la collocazione temporale della vicenda può astrarsi dalle
indicazioni ad hoc del libretto e trascorrere dal tradizionale primo ottocento
ad età a noi più vicina, a quel sessantotto di lotta e di speranza nella
versione più autentica del maggio parigino. Insomma, nella trasposizione
all’oggi, ognuno dei riquadri di vita vissuta ideati da Puccini viene tenuto in
debita considerazione dal regista con una identica felicità visiva: la soffitta
trasformata in una sorta di “Comune” giovanile nel primo atto; nel secondo atto,
l’ingresso al caffè Disco-Momus viene raffigurato con un tendone da circo; nel
terzo atto, la Barriera d’Enfer trasformata in fonderia industriale, con la
scritta della ‘rivoluzione’ sessantottina senza ‘padroni’. La parte vocale e
strumentale si sono rivelate in simbiosi perfetta di musica e canto. Bellissime
prove di Carmen Giannattasio (Mimì) e di Francesco Meli (Rodolfo).
Il giorno dopo (domenica 22 luglio) anche l’opera Carmen, per la regia di Serena
Sinigaglia, si è rivelata fuori dalle convenzioni. Anche in questo caso la
preoccupazione della regista è stata quella di “trovare il nucleo vitale
dell’opera, mostrando il suo legame con la nostra vita”. Pure questa
rappresentazione ha strappato consensi più che convinti, nonostante l’incombenza
della pioggia fino a poche ore dall’inizio. Poi una schiarita ha riportato
ottimismo e il pubblico ha preso posto nell’Arena, sempre con uno sguardo verso
il cielo. Così, la Carmen ha preso quota.
Dunque, ben vengano le operazioni registiche innovative che sappiano trovare il
gradimento anche dei più giovani spettatori.
“La regia d’opera deve viaggiare oltre i confini e gli stereotipi di un Paese.
Non c’è nulla di sacro in teatro, bisogna mettersi in discussione, senza avere
paura dei maestri che ci hanno preceduti e senza per forza pensare di dover
piacere a qualcuno”. Parola di Damiano Michieletto, il giovane regista veneziano
che, a 37 anni, debutterà il 1 agosto al Festival di Salisburgo con la regia
della Bohème di Giacomo Puccini, segnando il record del più giovane regista
italiano mai approdato alla prestigiosa rassegna austriaca.