1/6/2012 ● Cultura
Molise, che farne?
Ecco una mia recensione, vecchia di qualche anno. La invio a Fuoriportaweb,
convinto come sono, che non ha perso nulla della sua attualità. Mi auguro che
sia lo spunto e sprone per iniziare un dibattito sulla realtà molisana di oggi e
sul suo futuro. La mia tesi di base è che l’autonomia della regione Molise si è
rivelata, da ogni punto di vista, fallimentare e che vada "sic et simpliciter"
abolita. Solo chi pensa piccolo ed ha il suo ‘piccolo particulare’ da difendere
si opporrà al ritorno agli Abruzzi.
Giuseppe Tabasso, Il Molise che Farne?, Campobasso, Edizioni Cultura e
Sport, 1998.
Giuseppe Tabasso, affermato giornalista campobassano, ma residente a Roma, ha
raccolto in questo volume i suoi migliori pezzi apparsi sul mensile Molise (da
giugno 1992 a novembre 1993) che aveva condiretto con l’isernino Tarquino
Maiorino, anche lui perspicace giornalista. Il libro consta di una introduzione,
delle seguenti tre parti: “Caro Molise, Molisolamento, E se domani” e di
un’appendice, definita “galleria”, una serie di ritratti di personaggi illustri
(il giornalista Gaetano Scardocchia o il cantante Fred Buongusto, tra gli
altri). La prefazione è di Federico Orlando che definisce il libro, con un
pizzico di apodittica certezza, “ il primo libro serio scritto sul Molise”.
Tabasso adotta uno sguardo non contemplativo, non compiaciuto, non
convenzionale, non sentimentale nei confronti della sua regione di origine e si
pone, al contrario, problematicamente nei suoi confronti. Tabasso rifugge così
dalle memorie storiche sannitiche, così care ai retori, e si chiede quale debba
essere l’avvenire di una terra in gran parte montuosa e radicata nella cultura
del recinto, ossia in una forma di auto-isolamento storico. A suo avviso occorre
“rompere il MOLISOLAMENTO e proiettare il mondo nel Molise ed il Molise nel
mondo” per far sì che si arrivi all’autogestione ed al rinnovamento della classe
dirigente. Un buon punto di partenza sarebbe l’inserimento del Molise nella
Regione Adriatica ( che dovrebbe comprendere le Marche, l’Abruzzo ed il Molise).
Se la raccomandazione della Fondazione Agnelli venisse realizzata, costituirebbe
un ottimo canale collettore per far defluire il Mezzogiorno nell’ Europa e far
irrompere l’Europa nel Mezzogiorno e così “ sottoporci all’elettrochoc civile ed
imprenditoriale di cui c’è bisogno”.
Un’altra raccomandazione, fatta questa in tono faceto, è di eleggere alla
Regione – secondo la raccomandazione del sociologo De Masi- “ solo i candidati
che sanno parlare almeno due altre lingue”.
Il tema ricorrente di Il Molise Che Farne è la necessità di
“sprovincializzazione” che non deve limitarsi a scimmiottare la cultura
americana. Il discorso che il Tabasso fa in filigrana in tutto il volume è che
il Molise ha tanto bisogno di un discorso critico per svegliarlo dal torpore e
dall’accidia cui è in gran parte ancorato da decenni. Deve sapersi mettere in
sincronia con il mondo post-industriale, approfittando dell’occasione unica che
la cibernetica offre come rivoluzione nelle comunicazioni. Il Molise deve
diventare un magnete di cervelli e deve ad ogni costo salvaguardare l’integrità
del territorio da fasulle e inquinanti forme di tardo-industrialismo.
Tabasso definisce questo suo libro un “ antologico zibaldone di spunti,
riflessioni e provocazioni”. Non avrebbe potuto dargli definizione migliore.
L’apparente frammentarietà acquista una logica precisa quando si tratta di far
valere le ragioni delle “risorse immateriali su cui sarebbe vitale programmare
gli investimenti, pena la definitiva condanna al fanalino di coda nazionale”.
Il discorsi del Tabasso oscilla tra la schietta simpatia ed ammirazione della
ricchezza umana presente nel Molise – i suoi ritratti ne sono la conferma- ed il
sottile “postumo spirito di polemica – anche se lo nega- nei confronti di una
classe dirigente che avrebbe dovuto fare di tutto per assicurare la continuata
pubblicazione del mensile Molise, veicolo privilegiato per creare una coscienza
sociale nuova, in vera sincronia con il mondo che conta.
Giuseppe Tabasso ha il merito di aver saputo guardare dall’esterno la realtà
molisana e di aver saputo cogliere in maniera lucida i suoi valori, ma anche i
suoi tanti limiti. La delusione di un’operazione di svecchiamento intrapresa ma
finita male, è presente soprattutto nell’introduzione che funge da sintesi
concettuale al volume. Tabasso ha il merito, veramente raro, di aver non solo
criticato, ma di aver proposto alternative concrete per fare in modo che la sua
terra d’origine venisse a far parte del novero del mondo civile con tutti i
crismi. Il libro finisce così col diventare un grido d’amore, che, c’è da
sperare verrà ricambiato ( Purtroppo non è stato il caso)..
Primo Post Scriptum: 2008
Post Scriptum: Cos’è diventato il Molise nel 2008? L’analisi impietosa di
Giuseppe Tabasso è ancora attuale? A che serve mantenere in vita una Regione
come il Molise, senza una precisa identità, malgrado i tentativi agiografici
fatti per dargliene una? Il mio convincimento è che in un’Italia che si avvia a
diventare un Paese federale, piccole realtà come il Molise dovrebbero scomparire
e venire a far parte di enti amministrativi geograficamente più estesi. La
classe dirigente molisana si è rivelata politicamente inetta, rissosa, pronta a
difendere solo i suoi tanti privilegi. E lo stesso vale per l’Università del
Molise. Né c’è da aspettarsi cambiamenti se la classe dirigente avrà come base
un piccolo territorio che riesce a controllare fino all’ultimo voto o all’ultimo
studente. C’è bisogno di un choc collettivo, di un confronto critico, di una
selezione dei quadri capace di competere con altre realtà, sia a livello
nazionale che internazionale.
Il Molise è una realtà in letargo che ha bisogno di svegliarsi. Come riuscirci?
Apriamo un dibattito pubblico, libero, indipendente, aldilà della logica di
partito e della faziosità che la difesa del proprio piccolo ‘particulare’
comporta.
Secondo Post Scriptum: 2012
Non toglierei nel 2012 una virgola a quanto detto nel 2008, anzi. La situazione
è peggiorata e con i tagli previsti dal governo centrale e il clientelismo
galoppante, che ha invaso come metastasi cancerogene tutto il territorio,
diventa sempre più impellente per la cittadinanza obbligare chi si vuole
candidare alle (molto probabili) elezioni di fine estate, mettere al centro del
dibattito politico il mantenimento o meno dell’ autonomia regionale del Molise.
Tanta retorica fasulla verrà fatta, ma sarebbe anche l’occasione giusta per far
valere le ragioni della riunificazione all’Abruzzo.
Sarebbe auspicabile che Fuoriporta facesse un sondaggio per sapere come i
molisani, non la loro classe politica, vedono il loro avvenire istituzionale.