16/9/2001 ● Eventi
Quattro amici al meeting
Al Meeting di Rimini, tra gli oltre 2.000 giovani accorsi come volontari per lavorare alla costruzione dell’evento, c’erano anche alcuni amici molisani. E’ bello scoprire che anche da qui qualcuno, nel pieno dell’estate, parte dal suo paese per Rimini. E non per cercare lavoro: addirittura per offrirlo! Per dare il suo tempo; e gratis. Chi sono? Pasquale, 30 anni, ragioniere, è stato a Rimini dal primo giorno a lavorare per il Meeting. Confessa con un sorriso che il suo pensiero spesso era rivolto alla culletta di Carmine (nato appena venti giorni prima) e alla sua Barbara, neomamma indaffarata tra pappe e pannolini. Viviana, 28 anni, segretaria in uno studio dentistico, dopo un anno di lavoro, anziché godersi una settimana supplementare di ferie, ha preso alloggio a sue spese sulla riviera romagnola, si è sistemata in uno stand del quartiere fieristico tra magliette e gadgets vari a vendere souvenir. Peppino, 31 anni, impiegato presso un’impresa edile, in sedia a rotelle a causa di un incidente accaduto dieci anni fa, ha sgobbato le sue sei ore e mezzo giornaliere nel gran caldo alla cassa di uno dei punti vendita della fiera. Angelo, 26 anni, commerciale in un’azienda di prodotti per l’edilizia, gli ha fatto compagnia volentieri tra scontrini e confezioni regalo, sorvegliando il cellulare (i clienti per fortuna non mancano, neanche quando è in ferie). Se un amico li avesse chiamati nelle pause del lavoro domandando perchè, chi glielo fa fare, cosa ci guadagnano, gli avrebbero risposto più o meno così: «Lo facciamo per gratitudine e per convenienza: gratitudine verso l’esperienza cristiana incontrata e per gli amici che ci hanno reso la vita finalmente una vita da uomini; e convenienza, perchè l’infinito (o l’eternità) che tutta la vita chiede qui si impara a desiderarlo e a chiederlo quotidianamente, scoprendolo possibile, anzi presente». A questo educa, il Meeting: «Il tempo che passa non consuma l’ideale della giovinezza, ma serve a costruire scampoli di eternità sulla terra e in questa vita. Cioè un’umanità nuova, a cominciare da subito, da sè stessi. Nelle favelas di Rio o nell’ufficio della ditta in cui lavori». L’eternità di cui parlano non si misura a chili o a minuti: è un’altra natura, un altro mondo che fa irruzione in questo mondo, nella storia, insieme al fatto storico più inimmaginabile che sia mai accaduto: Gesù di Nazareth, Dio (ciò che chiamiamo anche Destino, Felicità, Bellezza, Verità) che si fa uomo per noi. La felicità che percepiamo come promessa, e che tutti confusamente attendiamo, venuta a visitare la terra per non lasciarla mai più. Questa febbre di vita fa i conti con l’apparente contraddizione in cui sembra sfumare ogni desiderio di grandezza. «Sappiamo infatti che la morte a settanta, ma anche a quindici, venti o trent’anni è capace di negare tutto, compreso l’entusiasmo degli scienziati convinti di essere a un passo dal segreto della vita. La morte conosce e teme una sola sconfitta: l’eternità introdotta nel mondo dall’ebreo Gesù; e i suoi passi, come quelli di un gigante, risuonano nella storia fino a noi attraverso la Chiesa, attraverso gli uomini che lo seguono». Noi che del Meeting pilucchiamo soltanto i dibattiti serali e i ritagli dei telegiornali, e siamo abituati alla gazzarra mediatica e al teatrino della politica, agli insulti e al terrorismo verbale (e non solo) degli ultimi tempi, vedendo discutere amabilmente personaggi di opposti schieramenti, ascoltando gli applausi riservati dal popolo di Rimini tanto a uomini di destra che di sinistra, ad intellettuali e imprenditori, a musicisti e ministri, osservando le facce e i gesti cordiali, le strette di mano e la simpatia profuse in questi giorni, abbiamo avuto davvero l’impressione, lo confessiamo, di essere capitati su un pianeta sconosciuto: non saranno da cercare anche in questa straordinaria capacità di dialogo e in questi incontri imprevisti le prime avvisaglie di “un altro mondo in questo mondo”, amici miei? Davvero sorprendente, se si considera poi che il motore di tale dialogo non è affatto una posizione relativistica alla Veltroni (per la quale tutti i valori si equivalgono), ma, al contrario, un’identità forte, che non arrossisce neppure di fronte alle accuse di integralismo che, a torto, ancora gli vengono rivolte. Bene, ma quando il Meeting chiude? Il lavoro di ognuno, quello che riprenderemo faticosamente a settembre di ritorno dalla calura dei padiglioni di Rimini, ha per noi lo stesso significato dei giorni di lavoro al Meeting: serve a costruire la gloria di Dio fatto uomo nel mondo. Un pezzetto di più ogni giorno. E quel che più colpisce: per tutti e contro nessuno.