26/4/2012 ● Cultura
Grillo e “l’infantilismo politico”
Gli ultimi sondaggi danno in grande ascesa il movimento di Grillo, unitamente
a un fortissimo astensionismo. C’è da essere preoccupati. Sono due sintomi di
declino in cui all’indignazione di molti si contrappone la demagogia.
“Grillo propone liste civiche spontanee ‘certificate’ da lui… E poi? E poi
niente perché in ogni caso Grillo si dispiega soltanto nella politica che dico
‘orizzontale’ che culmina nelle elezioni, ma non ha nessuna ricetta né
comprensione sensata della politica ‘verticale’ che partendo dalle elezioni deve
creare, o anche ricreare ma pur sempre gestire, una immensa organizzazione
gerarchica: appunto, lo Stato (…) Grillo, spesso efficace nel criticare, è
incapace di progettare (…) Quando propone le cose che sarebbero da fare, il più
delle volte propone assurdità o sciocchezze. Con Grillo la politica liquefatta
ci riporta all’’infantilismo politico’ del quale parlava Lenin” (così
Giovanni Sartori, professore emerito della Columbia University).
Certo, se i partiti non prenderanno coscienza che dovranno dimezzare il numero
dei parlamentari, e l’ammontare dei finanziamenti pubblici, daranno ragione ai
demagoghi come Grillo che contribuiranno a desertificare i seggi elettorali con
il risultato di prefigurare un attacco non già ai partiti ma alle istituzioni.
I partiti sono essenziali per una normalità politica ma urge che sia attuato
quanto previsto dal nostro ordinamento. L’articolo 49 della Costituzione recita
così: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti
per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
Quindi viene affermato il principio della ‘libertà di associazione’ in partiti,
il principio della ‘pluralità di partiti’, il principio dell’adozione del
‘metodo democratico’ nella propria organizzazione interna e il principio del
‘libero concorso’ di ciascun partito alla formazione della politica nazionale.
Invece, l’art. 49 della Costituzione è sempre rimasto privo di una necessaria
normativa di attuazione per quanto riguarda l’obbligo che esso impone ad ogni
partito di adottare il metodo democratico nella propria organizzazione interna.
I motivi della non attuazione del modello costituzionale sono molti, ma crediamo
si possa individuare nella mancata emanazione di specifiche norme che
garantissero il rispetto di quello che sopra è stato definito il “principio
della democrazia interna” dei partiti. Pertanto, di fatto, l’organizzazione
interna è diventata organizzazione ‘oligarchica’. Di talché il meccanismo che
deve legare la sovranità popolare alla democrazia dei partiti e la democrazia
dei partiti alla democrazia delle istituzioni pubbliche non regge più. La
carenza di democrazia all’interno dei partiti diventa carenza di democrazia
nelle pubbliche istituzioni. I gruppi dirigenti di qualsiasi partito tendono a
conservare la propria posizione direttiva ed esercitano le funzioni di controllo
del rispetto dello Statuto. Quindi questa prassi consente ai gruppi dirigenti di
scegliere i candidati, e quindi gli eletti, alle cariche pubbliche.
L’introduzione, poi, della nuova legge elettorale ha comportato una gravissima
violazione dell’art. 49 della Costituzione. Gli effetti ‘anticostituzionali’ e
‘antidemocratici’ prodotti dal sistema elettorale appena detto si aggiungono
così agli effetti dannosi della mancata attuazione del principio della
democrazia interna ai partiti. Occorre, dunque, applicare l’art. 49 della
Costituzione! Chi pensa a una democrazia senza partiti (una ‘democrazia
telematica’) con una infrastruttura di supporto (internet, blog ecc.) coltiva
un’illusione. Il web può stimolare, può formare una rete territoriale formata da
gruppi di incontro ma non costruire politiche.
“Intendiamoci: anche se travestiti i partiti esistono e devono (dovrebbero)
esistere. Ma se la società liquida approda al ‘liquidismo’, a un calderone nel
quale tutto è disfatto e nulla rifatto, allora arriviamo a Grillo, che è
emblematico di questo processo” (Giovanni Sartori).