6/4/2012 ● Eventi
Venerdì Santo. Giuda, Pietro e la morte sconfitta...
No, credere a Pasqua non è giusta fede:
troppo bello sei a Pasqua!
Fede vera è al venerdì santo, quando Tu non c'eri lassù
Quando non una eco risponde al suo alto grido
e a stento il Nulla dà forma alla tua assenza
(David Maria Turoldo)
«Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: in verità, in verità vi dico uno
di voi mi tradirà» (Gv 13,21). Il turbamento del Signore prende anche i
discepoli:«si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse» (Gv.
14,22). Il gesto sorprendente della lavanda dei piedi, all’inizio della cena
pasquale, intercalato dall’annuncio del tradimento, apre il discorso di addio,
nel racconto di Giovanni, proclamato al venerdì santo, primo giorno del triduo
pasquale. E’ il giorno del compimento.
Si compie l’amore ostinato del Signore: «ci hai dato la prova suprema della
tua misericordia (Padre) quando il tuo Figlio, il solo giusto, si è consegnato
nelle nostre mani e si è lasciato inchiodare sulla croce» (I preghiera
eucaristica della riconciliazione).
Si compie anche l’ostinata fedeltà di Giuda al proprio modello di Messia: non
può essere colui che parla di morte e vi si consegna. La morte annunciata dal
maestro gli appare come l’ultima parola, che taglia ogni speranza. Sarà bene che
i sacerdoti del tempio lo prendano e fermino la sua opera prima che sia troppo
tardi, prima che la speranza si trasformi in delusione, avrà pensato tra sé..
Nel racconto di Emmaus è ben tratteggiata da Luca: «Noi speravamo che fosse
colui che avrebbe liberato Israele». Giuda passa all’azione concordata con il
custodi della tradizione d’Israele: «conosceva quel luogo, perché Gesù si era
trovato spesso là con i suoi discepoli. Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un
gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei,
con lanterne fiaccole e armi» (Gv18, 2-3).
Si compie la dispersione dei discepoli: anche Pietro “pronto a morire” per il
Maestro, nel gioco degli eventi è sopraffatto dalla paura e giunge a rinnegarlo;
l’entusiasmo non regge alla prova del supplizio.
La storia umana si ripete, nelle pieghe più intime delle relazioni, davanti
all’evento supremo della morte. Davanti ad essa crollano le speranze costruite,
le proiezioni dei nostri entusiasmi, si può arrivare anche a tradire il proprio
percorso di vita, come Giuda, o a nasconderlo per paura di conseguenze, come
Pietro. Davanti alla sfida immediata, se dovesse sovrastare l’angoscia che tutto
sia reso vano nel tempo sovrastato dalla morte, anche la fede di lungo percorso
potrebbe vacillare.
«La fede cristiana è – si potrebbe dire - una fede ostinata, che ogni
volta che si imbatte con la morte proclama che la morte non è l’ultima parola. E
questo lo crediamo, lo affermiamo e vorremmo annunziarlo al mondo, perché
sappiamo che c’è gia stata una prima vittoria della vita sulla morte: nella
resurrezione di Gesù Cristo» (Sofia Cavalletti, dal messaggio lasciato alla
comunità parrocchiale per il giorno della sua morte: Roma S. Giovanni dei
Fiorentini 24 agosto 2011).
don Silvio Piccoli