24/6/2011 ● Cultura
La Bohème: una storia d’amore e una musica suggestiva
In piazza XXIV Maggio a Guglionesi il giorno del Corpus Domini, alle ore 12
dopo la Santa Messa, è prevista l’esecuzione di brani dell’opera La Bohème
di Giacomo Puccini da parte dello Storico Gran Concerto Bandistico Città di
Conversano (Giuseppe Piantoni).
“Più invecchio, più mi convinco che La Bohème è un capolavoro e che adoro
Puccini…” (così Igor Stravinskij, Venezia 1956).
L’opera è ambientata nella Parigi del 1830 dove un gruppo di giovani artisti
conducono un’esistenza gaia, spensierata e ciò costituisce lo sfondo dei diversi
episodi. Nel 1891 Puccini si era stabilito a Torre del Lago, dove con altri
artisti fondò il Club La Bohème, iniziando la collaborazione con Illica e
Giacosa appunto con La Bohème. Rappresentata la prima volta a Torino nel
1896 sotto la direzione del giovane Toscanini con poco successo, l’opera
entusiasmò in seguito a Palermo alla presenza del compositore ed ebbe così
inizio la sua trionfale ascesa. Drammaturgicamente si tratta di un’opera piena
di umorismo e di lievissima malinconia, che racconta l’amicizia tra uomini, la
solidarietà femminile e l’amore. Puccini volle raccontare con musiche
appassionate e tenerissime la stagione dei sogni e dell’amore di un gruppo di
artisti in una fredda Parigi ottocentesca. L’opera è divisa in quattro atti, nel
cui primo si stagliano già netti i due protagonisti con il duetto d’amore tra
Mimì e Rodolfo.
Il poeta Rodolfo, insieme agli amici, abita in una soffitta. E’ la vigilia di
Natale ed è quasi sera quando sente bussare alla porta. Una voce femminile
chiede di poter entrare. E’ Mimì, giovane vicina di casa: le si è spento il lume
e cerca una candela per poterlo riaccendere. Una volta riacceso il lume, la
ragazza si sente male: è il primo sintomo della tisi. Sta per andarsene, quando
si accorge di aver perso la chiave della stanza. Inginocchiati sul pavimento, al
buio (entrambi i lumi si sono spenti), i due iniziano a cercarla. Rodolfo la
trova per primo e la nasconde in tasca. Quando la sua mano incontra quella di
Mimì (“Che gelida manina”), il poeta chiede alla fanciulla di parlargli
di lei. Mimì gli confida d’essere una giovane ricamatrice e di vivere sola (“Sì,
mi chiamano Mimì”). Infine l’idillio dei due giovani viene interrotto dal
ritorno degli amici, gli altri bohèmiens. E qui mi fermo per provare ad
indicare, in sintesi estrema, alcuni tratti caratteristici della musica
pucciniana.
Operista nel senso più completo della parola, Puccini è considerato il più
autentico successore di Verdi nella continuità della tradizione melodrammatica
italiana. “Ogni risorsa espressiva – sottolinea Gustavo Marchesi - è
infatti calata senza trucchi all’interno di un’anima latina, sensuale e
appassionata nella disperazione e nella gioia, bisognosa di espandersi nel canto
melodico allo stesso modo che avevano dimostrato i grandi operisti italiani
dell’800. Per quanto la sua personalità sia inconfondibile anche nella qualità
della tavolozza armonica e nell’agile tessuto orchestrale, è alla voce umana che
egli affida il proprio ritratto interiore: dall’articolazione di un recitativo
duttile, fino all’urlo e al singhiozzo o alla cantilena esangue…”.
Nell’esecuzione dell’Orchestra di Fiati (nel gergo comune la Banda, vero ‘teatro
immaginario’), molti recitativi e connesse suggestioni musicali (come la
dolcezza del corteggiamento tra Rodolfo e Mimì) ce li fanno rivivere i maestri
strumentisti: dai solisti di flicorno tenore, flicorno baritono, flicorno
sopranino, agli altri componenti del complesso. Né può essere dimenticato il
Maestro concertatore, la cui direzione è innanzitutto d’aiuto per la
coordinazione dei musicisti tra loro indicando il tempo, gli ingressi di
strumenti e le dinamiche.
Dunque, non ci resta che attendere domenica 26 giugno.