29/11/2010 ● Cultura
Prima del voto un governo di alleanza costituzionale
Premesso che l’eventuale alleanza per l’emergenza democratica sarebbe un atto
di consapevole responsabilità per il bene del Paese, ritengo utile incominciare
queste note dall’unico punto fermo che ci resta: la nostra Costituzione. Ma,
come ci ricorda l’illustre studioso di politica Giovanni Sartori, “anche la
nostra Costituzione viene sempre più ‘forzata’ da letture che la distorcono”.
Un dato incontestabile è che “le democrazie moderne non sono democrazie
dirette”. Sono invece democrazie indirette fondate sul principio della
rappresentanza, e perciò democrazie rappresentative. L’eletto rappresenta la
nazione (non i suoi elettori) “senza vincolo di mandato”, e la nostra è
una repubblica parlamentare. Tuttavia si tende a gridare al ‘ribaltone’ in
previsione di una nuova maggioranza in Parlamento. “E’ una parola (il ‘ribaltone’)
– osserva il professor Sartori (Corriere della sera, 18 novembre) – che non è
accolta in nessun testo di nessun’altra democrazia parlamentare, visto che
cambiare governo e cambiare maggioranza (o anche cambiare partito) costituisce
parte integrante del loro modus operandi, del loro funzionamento. I sistemi
parlamentari sono per eccellenza sistemi flessibili che nel corso del loro
cammino possono benissimo cambiare personale e politiche”.
Ciò detto, è auspicabile un governo di alleanza costituzionale che ‘raggiusti’
le istituzioni prima del voto e con un solido accordo programmatico che vada
oltre la correzione della sola legge elettorale. Il governo Berlusconi ha deluso
ampiamente, ha fallito in maniera fragorosa. Questo governo si è distinto per
aver realizzato tagli massicci alla cultura, alla ricerca, alla scuola pubblica.
Al contempo ha mostrato una particolare attenzione alle leggi ‘ad personam’.
Quel che ha reso anomala l’Italia – osserva Barbara Spinelli (Repubblica, 17
novembre) - “è l’ascesa irresistibile di un uomo che fa politica come magnate
mediatico. Berlusconi ha conquistato e retto il potere non malgrado il conflitto
d’interessi, ma grazie ad esso. Il conflitto non è sabbia ma olio del suo
ingranaggio, droga del suo carisma”.
Non bisogna perdere ancora altro tempo. Il Paese sembra disistimare la classe
politica ogni giorno di più. Ci si adoperi dunque a creare le condizioni per
un’alleanza costituzionale larga che comprenda PD, UDC, API, FLI, IDV e le altre
opposizioni (ivi compreso Vendola il quale ha dichiarato di voler convergere in
un ‘disegno di salvezza del Paese’), al netto dei movimenti ‘antipolitici’ (come
quello di Grillo). Casini, da parte sua, già partecipa a governi locali e
regionali di centrosinistra (a Venezia come in Liguria), pertanto vinca le sue
incertezze sulla base di un programma concordato e di un’ etica della
responsabilità. Anche Fini dovrà trovare le giuste motivazioni traendo forza e
convincimento nei valori costituzionali da salvaguardare e richiamati nel
recente ‘manifesto futurista’.
Il governo istituzionale di cui si discute dovrà aprire un percorso di confronto
coinvolgendo le forze del lavoro e quelle delle imprese per un nuovo ‘patto
sociale’. Altre misure s’impongono. Esse riguardano il settore
dell’informazione, il conflitto d’interessi, la conoscenza (scuola, università,
ricerca), l’ambiente, i diritti di cittadinanza, il rilancio dell’agricoltura
(come auspicato dal Papa).
Naturalmente il desiderio di cambiamento del quadro politico esistente ha
bisogno di un soprassalto morale della “società civile”. Come è stato osservato
(Gian Enrico Rusconi, La Stampa, 22 novembre), non basta che milioni di
telespettatori assistano maliziosamente divertiti alla messa in berlina o al
match di alcuni potenti per segnalare un potenziale risveglio alternativo.
Limitarsi a ridere dei potenti, e stare a guardare come va a finire, senza
esporsi, significa consolidare un certo (mal)costume italico. “Che fanno
– si chiede il prof. Rusconi - i cattolici che sono la parte più consistente
e qualificata della ‘società civile’”? A ben vedere, il mondo cattolico
appare diviso. Conseguentemente, l’esito della riscossa civica di cui sopra
dipende molto dai cattolici. Personalmente spero che i credenti non scelgano una
sponda antilaica e antisinistra nel berlusconismo. Nel centrosinistra esiste una
laicità positiva e rispettosa dei valori della fede cattolica (mi limito a
ricordare che De Gasperi, cattolico/laico, si definiva ‘uomo di centro che
guarda a sinistra’). Come riferisce Angelo Bertani su Europa del 26 corrente,
nel marzo 2004 padre Sorge (Aggiornamenti sociali) scrive un editoriale
coraggioso: ”Non c’è dubbio che alla base della Chiesa italiana vi sia un
certo malessere per il silenzio dei vescovi sulla grave situazione del paese”.
E Bertani aggiunge: “Tra i vescovi coraggiosi c’è Tommaso Valentinetti. Nel
2006 Bondi aveva inondato le parrocchie con un opuscolo di Forza Italia sui:
“Cinque anni di governo Berlusconi letti alla luce della dottrina sociale della
Chiesa”. Il vescovo risponde: “ Non possiamo tacere lo sconcerto e lo stupore
per questa pubblicazione… Non possiamo accettare che alcun partito si presenti
come garante della dottrina sociale della Chiesa… Non si tenti di comprarci.
Rispettate la nostra libertà di coscienza”. E Pax Christi aggiunge: “Ci indigna
l’arroganza, la mancanza di pudore, la presunzione nel presentarsi come
interpreti fedeli del magistero…”.
“…Ma ci sono segni nuovi e importanti: Bagnasco ammonisce che “non c’è una
buona politica senza un vivere retto”. Famiglia Cristiana (21 nov.)
riassume: “I cristiani non hanno la pretesa di essere, essi soli, i salvatori
della patria; ma sono consapevoli che l’Italia non potrà uscire dalla difficile
situazione in cui si trova senza l’apporto dei cattolici”. Ripartiamo da qui”.
Sì, ripartiamo da qui con la speranza che l’Italia intera non si rifiuti di
vedere la realtà e voglia perciò voltare pagina.