21/7/2010 ● Cultura
"Argenti di Guglionesi", argenteria e oreficeria dal XVI al XXI secolo
Giovanissimo, lessi il libro “I
giorni della speranza” (Cappelli editore, Bologna, 1978) del noto scrittore
Giuseppe D’Agata ("noto" al grande pubblico per il libro "Il medico della mutua"
(1964), poi trascritto in sceneggiatura per il film (1968) di Alberto Sordi), affascinato dalla ricerca del “tesoro di Sant’Adamo” tra i
ricordi della sua gioventù vissuta a Guglionesi. Da ragazzini si fantasticava
ingenuamente sul “tesoro di Sant’Adamo”, immaginando uno scrigno di bagliori, di
ori, di argenti e di pietre preziose. Non ancora ci illuminava in fondo
all’anima - a quella giovane età! - la consapevolezza del riflesso della
Bellezza, raggiungibile pure attraverso il dono alla genialità di un artista.
“Con la pala sulla spalla”, come nel capitolo del libro di Giuseppe D’Agata
intitolato “Il tesoro di Sant’Adamo”, cercavamo di immaginare dove fosse, tra i
ruderi del castello o dentro un pozzo, il luogo che conservava il segreto di
quei manufatti in metallo prezioso, piuttosto che il sogno della loro visione.
Eravamo tra quei “poveri di spirito che si affannavano a scavare alla ricerca
del tesoro di Sant’Adamo” nelle “notti del ventitrè di luglio”, come
il nonno racconta al nipote.
Dal 23 luglio al 14 agosto 2010 la mostra gli “Argenti di Guglionesi” – forse
per la prima volta nella storia culturale di Guglionesi – espone il “tesoro”
della parrocchia di Santa Maria Maggiore, offrendo alla sensibilità dei
visitatori il riflesso della Bellezza nella visione della creatività artistica.
Un pregevole corredo di argenteria e di oreficeria dal XVI al XXI secolo, come
testimonianza storica di arte e di fede, in particolare degli argenti funzionali
alla celebrazione eucaristica: il calice, per consacrare il vino durante la
messa; la patena, ove giace l’ostia nella consacrazione eucaristica; la pisside,
nella quale si conservano le particole consacrate; l’ostensorio, che nel
ricettacolo mostra, alla contemplazione della Bellezza, l’ostia consacrata. Ma
anche capolavori di arte sacra, in uso da secoli a Guglionesi, nei vari riti
liturgici: la navicella e il turibolo, destinati all’incenso, per conservarlo e
per incensare; il reliquiario, per custodire le reliquie dei santi; la pace, con
il quale si identifica l’istrumentum pacis e che rievoca il bacio dei
fedeli prima della comunione; le lampade pensili, per illuminare le cappelle; le
corone e le teche a cornici, per glorificare la santità e per custodire i
riferimenti simbolici del culto.
Ad arricchire la valenza culturale della mostra – non solo la qualità e la
quantità delle argenterie esposte – contribuiscono i maestri che hanno
artisticamente creato e firmato nel tempo vari capolavori: Nicola De Angelis (la
croce d’altare, 1704; la coppia di cartegloria, 1730; la corona della tavola
dell’Assunta, prima metà XVIII secolo), Andrea De Blasio (la cornice dell’icona
dell’Assunta, 1724), Domenico Manzone (la coppia di lampade pensili, 1747),
Giuseppe Palmentiero (la cartagloria, prima metà del XVIII secolo; l’ostensorio,
1730-1731; il calice, 1730), Gennaro Iaccarino (la navicella, 1832), Gennaro
Mannara (il calice, 1832; il pugnale della statua dell’Addolorata, 1832),
Domenico Capozzi (il calice, 1832), Alessandro Nelli (il busto reliquiario di
Sant’Adamo, 1886) e il medaglista guglionesano Felice Paolone (le medaglie
celebrative, 1986 e 2002). Alcuni dei citati maestri argentieri, il De Angelis,
il De Blasio e il Palmentiero avevano la propria bottega nella rinomata “via
degli Orefici” di Napoli.
Ancora leggibile, taluni argenti conservano il triplice punzone: il bollo
dell’Arte (riferito all’intendenza territoriale e all’anno di realizzazione), il
bollo dell’argentiere (riferito all’artista) e il bollo consolare (riferito al
console dell’Arte). Nel ruolo di “console” tra gli “Argenti di Guglionesi”
figurano i punzoni di Giovan Battista Buonacquisto (console negli anni 1704,
1708, 1711 e 1715), di Geronimo Di Benedetto (1710, 1729 e 1733), di Andrea De
Blasio (1714, 1719 e 1723), di Cristoforo Mellino (1722) e di Diodato Avitabile
(1735 e 1751).
La gran parte dell’argenteria e dell’oreficeria è di pertinenza dell’Insigne
Collegiata di Santa Maria Maggiore, sebbene in tale custodia, alla fine del XIX
secolo, sono stati integrati sia il documentato “tesoro di Sant’Adamo” –
costituito da vari reliquiari, dalla croce d’altare, dalle lampade pensili della
cappella dedicata al Patrono e dalle artistiche carteglorie – sia il corredo
liturgico di altre chiese dell’unica parrocchia di Guglionesi. Infatti, una
parte dell’argenteria sacra, come puntualmente indicato nella presentazione,
proviene dalla chiesa di Sant’Antonio di Padova (ostensorio, calice, pisside,
giglio, aureole, etc.), dalla chiesa del SS. Rosario (turibolo, navicella,
cucchiaino, croce processionale), dalla chiesa della Buona Morte o della
Natività di Maria (corona e pugnale della statua dell’Addolorata), dalla chiesa
di San Felice (il calice della duchessa D’Avalos) e dalla chiesa di San Nicola
(reliquiari, collana d’oro con la croce pettorale, aureola, etc.). Tra gli
argenti più interessanti in esposizione c’è la croce d’altare firmata da Nicola
De Angelis nel 1704. Il Cristo “patiens” – scelto come immagine simbolica della
mostra “Argenti di Guglionesi” – esprime, nel cesello a sbalzo, le doti
artistiche del maestro napoletano. Storicamente degno di nota è il calice
offerto da Maria Teresa D’Avalos duchessa di Celenza, che nel 1765 commissionò
l’opera ad un ignoto argentiere napoletano e nel 1767 ne fece dono alla chiesa
di San Felice a Guglionesi. Culturalmente rilevante, per imponenza artistica, la
teca a cornice d’argento sbalzato e cesellato, realizzata nel 1724 da Andrea De
Blasio e destinata all’esposizione dell’icona dell’Assunzione della Vergine
di Michele Greco da Lavelona (1505). Sul piede della cornice sono incisi gli
stemmi del cardinale Caracciolo e della municipalità di Guglionesi con
l’iscrizione alla base: DIE IV MEN.IS AUGU.TI ANNO DOM.NI MDCCXXIV (Giorno 4
Mese Agosto Anno Domini 1724). Il manufatto conserva ancora il vetro originale.
Nella mostra “Argenti di Guglionesi” viene esposta l’icona Madonna con Bambino e
San Giovanni Battista (XV-XVI secolo), la quale, dopo il restauro, è stata
recentemente restituita al Comune di Guglionesi dalla soprintendenza del Molise.
La mostra è allestita nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie, storicamente
appartenente all’ex convento dei Cappuccini. Il complesso conventuale dei
Cappuccini fu edificato nel 1643 sulle rovine del Castello da Piedi, a spese del
duca Giovanni Caracciolo e della moglie Lucrezia D’Avalos, che elessero la
cappella laterale a ponente della chiesa come tomba di famiglia. Soppresso nel
1809, la presenza a Guglionesi dei Cappuccini risale fino al 1868, allorché fu
definitivamente chiuso il convento francescano. Nella chiesa si ammirano tele e
dipinti del XVII-XVIII secolo: San Felice da Cantalice, l’Immacolata
Concezione, Sant’Antonio di Padova, la Madonna con Bambino, l’Eterno
Dio Padre e l’affresco del Cristo imberbe rinvenuto nell’ultimo
restauro. Recentemente collocati, in via provvisoria, nella chiesa di Santa
Maria delle Grazie le opere della chiesa della Buona Morte o della Natività di
Maria: la Madonna delle anime del Purgatorio (datata 1795, opera di Alessandro
Fischetti), Sant’Anna con Maria bambina (opera attribuita a Paolo Gamba),
San Michele Arcangelo (opera attribuita a Paolo Gamba) e una coppia di
tele dal tema Cristo porta croce.