20/7/2010 ● Cultura
Il tesoro di Sant’Adamo
(...) Era un vecchio alto e
legnoso. Io arrivavo appena alla sua spalla. Entrò nella sua tana buia e tornò
subito fuori con una pala. Doveva averla già preparata prima.
– Per questo ti ho chiamato – disse. Anch’io mi alzai!
– Io non ci vengo.
– Perché, ti vergogni?
– Sì.
– Oramai io sono vecchio –. E sospirò ancora.
Evidentemente ricordava bene le notti del ventitré luglio di certi anni passati,
quando io ragazzo e lui andavamo insieme a divertirci alle spalle dei poveri di
spirito che si affannavano a scavare alla ricerca del tesoro di Sant’Adamo.
Molti secoli prima Sant’Adamo viaggiava dalle nostre parti nel Molise, su un
carro tirato da due candidi buoi. Poco fuori del paese i buoi ebbero sete e non
vollero più andare avanti. Sant’Adamo li fece inginocchiare per chiedere acqua al Signore, e allora sotto le ginocchia dei
buoi nacque una fonte. Poi Sant’Adamo scoprì il nostro paese, e immediatamente
tanto gli piacque che decise di stabilirvisi. E chi sa perché nascose, nei
pressi della fonte, il tesoro che aveva con sé sul carro. Ora al paese tutti
sanno che la notte della settimana del Santo si può cercare il tesoro, con
qualche speranza di trovarlo; beninteso se uno se l’è meritato.
Allora vado solo – disse il nonno incamminandosi con la pala sulla spalla.
Lo raggiunsi: – Ti accompagno. Ma ci vuole fede di trovarlo. Tu ce l’hai?
– Adesso ce l’ho – disse secco.
Scendemmo anche noi la strada che portava alla fonte. Davanti e dopo di noi camminava altra gente. Affrettavano il passo quanto più si avvicinavano al luogo del tesoro. Noi invece procedevamo con calma.
– Tanto, se è destino che devi trovarlo lo trovi pure senza correre.
Mio nonno fece di sì col capo.
– Poco mi resta da campare. Se lo trovo, a te lo lascio.
– Proprio a me? Non a zio Ciccillo?
– Lui ha l’America. A te lo lascio.
– Tu sei buono, nonno.
– Così non parti. Perché, se lo trovo tu parti ancora?
– No – dissi, – non ci sarebbe ragione (...).
[Giuseppe D’Agata, I giorni della speranza, Cappelli editore,
Bologna, 1978, dal capitolo “Il tesoro di Sant’Adamo”, pagg. 75-76].