14/7/2010 ● Cultura
Abruzzo e Molise di nuovo insieme?
L’idea di riunire le due
regioni è tornata fortemente in auge in questi ultimi mesi con prese di
posizione da parte di esponenti politici e di molti cittadini. Al riguardo,
desidero formulare alcune riflessioni da ritenersi assolutamente provvisorie e
scritte al solo scopo di avviare un dibattito. Il territorio abruzzese, come è
noto, ha una contiguità sotto il profilo storico, culturale ed economico con la
regione Molise con la quale ha formato per secoli un’unità amministrativa
unitaria fino al 1963. Oggi il Molise sta attraversando una crisi economica
strutturale e non ce la fa ad uscirne (anche con l’auspicato ripristino dei
fondi FAS) con il rischio, in previsione del Federalismo fiscale, di essere
messo all’angolo insieme ai territori più piccoli e poco tutelati. La regione
Molise ha un apparato politico che sembra mantenere solo se stesso e produce
pochissimo per i cittadini. Per comodità di dibattito cito alcuni dati.
L’Abruzzo è cresciuto il doppio rispetto a noi, l’emigrazione giovanile da noi
si aggira intorno al 64 per cento, in Abruzzo il 35 per cento.
“Sanità, minori trasferimenti previsti nella Manovra e Federalismo sono le
tre ‘bombe’… che spazzeranno via il Molise in poco tempo” (così Giuseppe
Astore su Primonumero del 10 luglio). Naturalmente, il dibattito in itinere
dovrà poggiare su analisi strutturali, economiche e su indici di gradimento da
parte dei cittadini i quali, una volta chiamati a pronunciarsi con un
referendum, dovranno poter contare su una serie di elementi conoscitivi in base
a cui orientarsi. Alcuni movimenti stanno sorgendo a favore della riunificazione
delle due regioni (vedi Associazione “Majella Madre” e il Gruppo chiamato
“Abruzzo e Molise Uniti”creato su Facebook).
Il consigliere regionale Giuseppe Tagliente, esponente politico vastese, ritiene
che i tempi siano maturi per la riunificazione dell’Abruzzo e del Molise. “Non
vi è dubbio – ha dichiarato di recente – che oggi, soprattutto a fronte
dell’attuazione del federalismo, un raccordo più stretto sotto il profilo
istituzionale provocherebbe ricadute senz’altro più positive mettendo le regioni
dell’Abruzzo-Molise in grado di contare maggiormente sul tavolo della Conferenza
delle Regioni”.
Per parte mia, in questa fase iniziale della discussione, mi limito a dire che
la prospettiva della riunificazione non può restare disgiunta dal fermo auspicio
che le classi dirigenti del Mezzogiorno si rinnovino rimuovendo alcuni degli
antichi vizi. Mi trovo pertanto d’accordo con Panebianco su ciò che ha scritto
sul Corriere della Sera del 10 luglio e provo a riassumere. Anziché continuare
ad imputare ad altri la colpa delle proprie disgrazie, occorre sforzarsi di
porre in essere vere politiche di sviluppo. Va abbandonata quindi la teoria del
colonialismo interno e non tirare troppo la corda nel richiedere ingenti risorse
pubbliche. “Imboccare la via brasiliana (magari sfruttando l’occasione del varo
del federalismo fiscale)”. La “teoria del colonialismo interno” è quella secondo
cui il Sud sarebbe stato vittima della colonizzazione, con annesso sfruttamento,
del Nord. Naturalmente c’è qualche verità e molte bugie. “Tale teoria ha dato
luogo a una ‘sindrome da risarcimento’ ed ha dato luogo a massicci trasferimenti
di risorse pubbliche dal Nord al Sud”. Insomma, al Sud “si devono creare
le condizioni per uno sviluppo economico auto-sostenuto”. Queste cose – è
doveroso ricordare – venivano dette già quando esisteva la rivista Nord e Sud di
Francesco Compagna, a dimostrazione che il pensiero di un meridionalismo
europeista ben si esprimeva e si faceva sentire anche al Nord. “In questo senso
– ha sostenuto Federico Orlando su Europa del 25 giugno scorso - se davvero
avessimo in Italia un federalismo fiscale meritocratico (riconoscente coi
‘virtuosi’ e severo coi parassiti e coi pennacchi, del Sud e anche del Nord), il
Mezzogiorno sarebbe costretto a guardarsi allo specchio e rimboccarsi le
maniche, di buona e di mala voglia. Sarebbe questa la ‘scuola di serietà’ di cui
il Sud ha bisogno per camminare da solo”.
Quindi, volendo trarre una sintesi provvisoria su quanto fin qui esposto, a me
sembra che il Molise facendo a meno dell’Abruzzo pagherebbe un alto prezzo in
termini di ricadute economiche insoddisfacenti per la sua popolazione e di
generale declassamento in sede di Conferenza delle Regioni, istituzione quest’ultima
che si trova a trattare di volta in volta con il governo centrale. Spero che, in
merito, si possano leggere in questo blog ulteriori punti di vista.
Una volta riunite, le due regioni potranno in futuro valutare anche
l’opportunità di optare per la Regione Adriatica (ossia: Marche, Abruzzo e
Molise) già anticipata dalla Fondazione Agnelli.