5/7/2010 ● Cultura
Salviamo il Molise Adriatico e il territorio di Guglionesi
Le minacce che incombono su
territori e paesaggi non possono sfuggire a chi ha a cuore le sorti della nostra
piccola regione e di Guglionesi in particolare il cui agro estesissimo ne faceva
il comune più agricolo (anzi, il granaio) del Molise. E’ ora di levare la voce
tutti insieme.
In una mia precedente riflessione sul paesaggio come bene culturale osservavo
che la campagna non è soltanto un dato geografico, ma costituisce un elemento
fondamentale della vita e della cultura di Guglionesi. La bellezza della
campagna guglionesana non è solo una cosa degna di contemplazione e basta.
Rappresenta altresì il volano di gran parte dell’economia cittadina. Concludevo
quelle brevi annotazioni dicendo sì ad un approccio più dinamico con il
paesaggio, disponibile ad accogliere e orientare le trasformazioni con uno
sguardo proiettato verso il futuro, ma sempre in una logica di equilibrata
ecosostenibilità. No, dunque, all’autolesionismo ambientale. Nella realtà
odierna, per contrastare la frenetica “corsa all’oro” delle energie cosiddette
rinnovabili coi progetti regionali di mega-eolico e mega-fotovoltaico
incompatibili con l’ambiente, ritengo occorra rendere edotta l’intera
cittadinanza con una capillare campagna di informazione circa i rischi che si
corrono in termini di perdita delle bellezze paesaggistiche e culturali in zone
pregiate e ancora incontaminate del territorio guglionesano, nonché del rischio
di probabili infiltrazioni criminali interessati a facili guadagni connessi alla
corsa selvaggia alle ‘rinnovabili industriali’. E’ augurabile quindi che vengano
illustrate chiare e distinte proposte per incentivare fonti rinnovabili di
energia sviluppate in forme ecosostenibili di autogenerazione diffusa (come
l’eolico di piccola taglia che può essere inserito in una determinata tipologia
di territorio, il fotovoltaico integrato, il solare termodinamico e la
geotermia). Pertanto, il Comitato bipartisan che si è recentemente costituito a
Guglionesi per la salvaguardia e la tutela del territorio contro l’eolico
selvaggio valuti l’opportunità di presentare eventuali ricorsi nelle sedi
giurisdizionali regionali e nazionali (nonché in sede internazionale) contro
quei progetti ritenuti lesivi e/o incompatibili con l’ambiente e il paesaggio.
Si tengano presenti al riguardo i contenuti della ‘Convenzione europea del
Paesaggio’ promossa dal Consiglio d’Europa, ratificata con legge 9 gennaio 2006.
Tale atto solenne riconosce alle comunità locali un ruolo centrale
nell’identificazione, nella tutela e nella valorizzazione del paesaggio. Dunque
le minacce inconbono, ma siamo ancora in tempo per salvare il salvabile.
Per quanto riguarda poi il piano di localizzazione delle centrali nucleari, il
Molise non ci deve stare sia perché tale scelta è incompatibile con il suo
modello di sviluppo (Green Economy, Turismo, Cultura) sia come gesto
risarcitorio dopo lo scempio subito per l’eolico selvaggio e per la turbogas.
Insomma, il Molise non può essere visto come terra di conquista. Purtroppo, la
sua attuale classe dirigente viene portata alla gloria dei tg nazionali
unicamente per le inchieste sui suoi sprechi. A proposito dei quali, leggo su ‘Europa’(2
luglio 2010) questa prelibatezza: “Esattamente due anni fa, Repubblica calcolava
che su 550 milioni erogati dallo stato per il terremoto di San Giuliano, il
governatore-commissario al terremoto ne aveva investiti per la ricostruzione
solo 248. Molto meno della metà. E gli altri? Itinerari sentimentali, centri di
equitazione, officine del gusto, museo della zampogna, rete sentieristica nel
bosco, finanziamento del reality di Mediaset On The Road, valorizzazione della
patata turchesca, trasferimento di api, tappa del concorso Miss Italia, e altre
necessità primarie. Chi ha detto qualcosa su questi sprechi? I governanti, gli
elettori, i magistrati? E allora perché meravigliarci se uno stato ridotto a
spendere più del doppio per ricostruire una zona terremotata, poi ci terremoti
tutti, cambiando nomi a vecchie tasse (vedi Ici) o mettendo nuovi caselli
autostradali”.
E’ irreversibile questa situazione più incline alla rassegnazione che al
riscatto etico? Dobbiamo rimpiangere l’Ottocento quando i demografi borbonici
definivano abruzzesi e molisani “non i più buoni ma i più seri del reame”?
Credo siano queste le domande che vanno al cuore del problema: la necessaria
alleanza tra politica ed etica della responsabilità.