14/5/2010 ● Cultura
"Draquila" e la libertà di espressione
Ho visto il
film-documentario Draquila di Sabina Guzzanti. Ritengo che ogni
considerazione al riguardo non possa prescindere dal valutare la rinunzia,
decisa dal ministro Sandro Bondi, a rappresentare l’Italia al festival di
Cannes, colpevole di ospitare l’opera suddetta. Jack Lang, l’ex ministro della
Cultura, ha così commentato il forfait del ministro italiano: “Ha una strana
concezione della libertà. E’ davvero difficile capire come sia possibile che il
partito di Silvio Berlusconi si chiami Popolo delle libertà”.
Il film è inattaccabile. Come tutti i documentari ben realizzati, parte da una
tesi e, a sostegno di essa, menziona dati oggettivi, descrive fatti
inoppugnabili al fine di confutare il trionfalismo del governo esibito in
occasione del dramma abruzzese. Il documentario della Guzzanti colpisce il
governo laddove è più orgoglioso: la presunta rapida risoluzione del terremoto
in Abruzzo. Per contro, a mio avviso, la presenza del nostro ministro a detta
manifestazione avrebbe potuto evidenziare l’apertura del governo alla satira e
alla critica. La satira nei confronti del potere è termometro della libertà di
espressione. Inoltre, la satira e l’ironia possono essere alimentate anche dalle
situazioni più tragiche di dolore e di sofferenza. L’articolo 10 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali sancisce che il diritto alla libertà di espressione, tra cui si
menziona la libertà di ricevere informazioni (dalle fonti della notizia), è
tutelato senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche.
Ciò detto, dissento dalla recente presa di posizione del premier Berlusconi il
quale torna ad insistere che in Italia c’è troppa libertà di stampa.
Scrive il quotidiano La Stampa: “Qualcuno gli ha detto che secondo il
rapporto annuale di Freedom House siamo l’unico paese della zona euro a essere
classificato come parzialmente libero (partly free), oltre la 70esima posizione,
a pari merito con India e Benin, dietro al Cile e alla Corea del Sud?” E che
dire della ulteriore critica del premier all’opera di Saviano (non una critica
culturale che sarebbe legittima), contestandone l’opportunità politica,
accusandola di danneggiare l’immagine del paese! Quasi ci si dovesse mettere le
bende agli occhi e non gridare che le magagne ci sono e che, se si continua a
nasconderle, uccideranno il paese. Saviano ricorda che “Sono molte le persone
in Italia che per il loro impegno nel raccontare pagano un prezzo altissimo”, e
che una dichiarazione come quella di Berlusconi “annienta in quelle persone ogni
capacità di resistenza e coraggio”.
Sentiamo di nuovo Jack Lang: ”La libertà di espressione è connaturata alla
vita intellettuale di un paese. L’uomo politico che giustifica la censura si
condanna alla stupidità (…). Il comportamento del governo italiano è
semplicemente incomprensibile (…). Il boicottaggio del Festival di Cannes da
parte del governo italiano è una forma di censura indiretta. Anche se poi
l’effetto è stato inverso: per il film si tratta di una straordinaria promozione
e ora molti francesi, me compreso, hanno voglia di vederlo”.
Cosa aggiungere se non provare a distendersi sul proprio divano di casa
ricorrendo ad un intellettuale classico: “Impedire l’espressione di un pensiero
significa derubare l’intera umanità” (così John Stuart Mill in ‘Sulla libertà’,
1859).