16/4/2010 ● Cultura
"Molise Adriatico" tra terra, mare e globalizzazione
L’Adriatico è luogo di culture-civiltà e il Molise, ancora oggi, è caratterizzato dalla presenza di insediamenti di minoranze etniche (Albanesi,
Slavi) eredi di antiche migrazioni. Aprire il Molise verso il mare Adriatico e
verso quei paesi dell’Est, così da farne una regione cerniera al centro
dell’Italia, costituirà uno snodo importante sia turistico-commerciale che
interculturale.
Il blog "Molise Adriatico", la nuova iniziativa culturale di ‘Ars idea
studio’ di Guglionesi, mi offre lo spunto per evocare la suggestione sempre
toccante della terra e del mare, peraltro ripresa in un testo del filosofo
Giacomo Marramao (Passaggio a Occidente, nuova edizione, Bollati
Boringhieri): “La vera svolta
cosmico-storica della modernità avviene nel momento in cui, sul finire del XVI
secolo, l’isola britannica si stacca idealmente dai destini del continente per
intraprendere la sua avventura sui mari”. E’ l’inizio della prima
globalizzazione. Nella copertina del libro, tutti i colori notturni di Shangai,
verde, rosso, giallo, azzurro, con ideogrammi, numeri arabi, ghirigori con o
senza draghi. “Passaggio a Occidente” (una memoria dei navigatori
impegnati a cercar l’oriente passando per occidente); e il sottotitolo è “Filosofia
e globalizzazione”. In estrema sintesi, Giacomo Marramao prova a dirci che
non siamo più greci o barbari, come aveva creduto Erodoto, e che possiamo essere
tutti greci, se la Grecia saprà riconsiderare se stessa, a cominciare dalle sue
categorie universalistiche, la democrazia e la filosofia. Ci ricorda che duemila
anni dopo, aprendo l’età moderna, Montaigne spiegò che non possiamo dividerci
fra civili e barbari se prima non abbiamo conosciuto i cosiddetti barbari. Vuole
dire che globalizzare non significa occidentalizzare il mondo in una specie di
pensiero unico, ma che tutte le culture debbono compiere un passaggio a
occidente per modificare se stesse e noi. E’ un avvicinamento reciproco, non uno
scontro fra culture-civiltà dal quale una emerga egemone. Naturalmente, quel
passaggio può avvenire a un patto: che l’Occidente si decida a stare nella
globalizzazione col suo volto migliore, che è la sua cultura dei diritti della
persona. Inoltre dobbiamo imparare che ci sono più vie alla democrazia e
all’universalismo di quanto la nostra filosofia non ne abbia finora contemplate.
Finora, non ne abbiamo tenuto conto. Non abbiamo conosciuto abbastanza gli
altri. E’ una questione, osserva Marramao, che abbiamo dimenticato. “L’abbiamo
dimenticato a partire dalla prima globalizzazione, chiamiamola così: la scoperta
del nuovo mondo, l’apertura dei mari, la geniale intuizione di Elisabetta che il
futuro dell’Inghilterra stava nel tirarsi fuori dalle beghe territoriali in
Europa e nel dominare gli oceani. Non a caso il ‘theatrum orbis’ shakespeariano
fu battezzato Globe”. Lì comincia l’avventura dei “due Occidenti”,
quello continentale e quello oceanico. Quale dei due Occidenti appare più
attrezzato per la globalizzazione? Secondo Marramao, quello che supera i limiti
della statualità e si identifica nella Common Law. L’Unione Europea, col
superamento degli Stati nazionali e col suo nuovo costituzionalismo, sembra
avviarsi a incarnare il modello occidentale più attrezzato per la
globalizzazione. Si tenga però presente che “il passaggio a Occidente non è
omologazione tecnologica-economica-mercantile ma è dialogo e confronto
culturale, reciproca conoscenza tra diversi, estranei. (...) Il mio
Passaggio a Occidente si conclude con l’invito a costruire un nuovo modello di
sfera pubblica. Essa è oggi monopolizzata in Italia dalla tv. Bisogna ridare
ruolo alla piazza, ai partiti, ai giornali, ai sindacati, alle università, alle
associazioni. Potremmo chiamarlo il ‘liberalismo sociale’ del terzo millennio.
Dove il potere buono è solo il potere limitato. E la differenza individuale
diviene il criterio e la regola aurea della solidarietà e dell’essere-in-comune”.