12/3/2010 ● Cultura
Le forze democratiche non commettano l’errore di lasciare solo il Quirinale
Può essere discussa quanto
si vuole la controfirma da parte del presidente della Repubblica sul decreto
c.d. ‘interpretativo’, ma occorre essere consapevoli che il Quirinale non è
l’anticamera della Corte costituzionale o del Tribunale amministrativo. Il
nostro ordinamento, come quelli delle democrazie liberali, è un sistema di pesi
e contrappesi. I poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario, cui si aggiungono
le funzioni della Corte costituzionale e le prerogative del capo dello Stato) si
contrappongono e mantengono in equilibrio il sistema, ad evitare che un potere
prevalga sull’altro. La capacità di iniziativa che la Costituzione attribuisce
al presidente riguarda, dunque, la “forma” (giuridica), non il “contenuto”
(politico) delle leggi. Accusare il presidente di non fare l’arbitro e di
firmare leggi che non dovrebbe firmare vuol dire accusarlo di violare la
Costituzione, cioè di sovversione.
Spiace che Di Pietro non vada oltre le reazioni istintive che forse soddisfano
la parte più ‘antipolitica’ della popolazione, senza concentrarsi su proposte
positive finalizzate alla difesa intransigente delle istituzioni. Il presidente
emerito Ciampi ha recentemente dichiarato: “Che senso ha adesso sparare sul
quartier generale? Al punto in cui siamo, è nell’interesse di tutti non
alimentare le polemiche sul Quirinale, e semmai adoperarsi per proteggere ancora
di più la massima istituzione del Paese”. Sempre nell’intervista al Corriere
della Sera aggiunge: “Strage delle illusioni, massacro delle istituzioni”.
Questo è lo scenario attuale dell’Italia. Ci ammonisce altresì dicendo che da
quindici anni l’Italia è uscita dai binari della democrazia progressiva, ed è
entrata “in un altro tunnel, diverso”.
Pertanto, l’errore che oggi si potrebbe commettere è lasciare ancora una volta
solo il Quirinale, non comprendendo che occorre far prevalere l’esigenza di
salvaguardare le uniche istituzioni che hanno difeso, nei limiti previsti dal
nostro ordinamento, le regole della democrazia. E’ dunque da condannare, a mio
avviso, l’atteggiamento e/o la pretesa di chi propugna l’obiettivo del “fiat
iustitia et pereat mundus” (sia fatta giustizia e perisca pure il mondo). Ma che
giustizia è quella che manda in rovina il mondo? Si rischia che in rovina vadano
sia la giustizia che il mondo.
Quindi, una più stretta alleanza popolo-istituzioni appare essere l’unico
baluardo che possa meglio garantirci.
Il presidente Napolitano sta esercitando la sua funzione con intelligenza e
moderazione. Di Pietro – con la pretesa che il capo dello Stato si arroghi un
diritto che non ha – manifesta una inclinazione autoritaria. Qualcuno dovrebbe
farglielo notare. In punto di Costituzione.
Sabato 13 marzo a Roma ci sarà la manifestazione del centrosinistra in difesa
dei “valori non negoziabili” della Costituzione: a cominciare dal lavoro
(articolo 1) e per gli altri diritti (scuola, informazione, cittadinanza,
giustizia, sicurezza sociale), nonché per le istituzioni della democrazia
(presidente della Repubblica, Corte costituzionale, tribunali vilipesi,
parlamento ridotto a ratificare gli editti del sovrano). Se qualche oratore non
si asterrà dal fare la pipì fuori dal vaso, sarò tra quelli che lasceranno la
piazza per recarmi presso la vicina terrazza del Pincio, ormai risistemata, ed
ammirare il panorama di Roma.