26/2/2010 ● Eventi
Vescovo De Luca: "le reliquie di Celestino V in diocesi"
Carissimi, la quaresima di questo anno è arricchita dal
pellegrinaggio delle reliquie del Santo molisano Pietro Celestino, nella nostra
Chiesa locale.
Questo uomo di Dio è vissuto lasciandosi continuamente afferrare dal Signore
Gesù. Le sue scelte, a volte uniche, sono state fatte sotto la guida dello
Spirito Santo.
Durante l’anno, San Pietro Celestino viveva "diverse quaresime", perché si
sentiva attratto in modo profondo dalla vocazione alla santità che è segnata da
una continua conversione.
Anche per noi, questa nostra "unica quaresima", sia tempo favorevole.
Lo annuncia la liturgia del mercoledì delle ceneri: "Ecco ora è il momento
favorevole, ecco ora il giorno della salvezza". (2 Cor 6,2)
Tempo che ci viene donato per entrare progressivamente nella luce e nella gioia
della Pasqua del Signore.
Tutto ha il suo inizio in un gesto, quello dell’imposizione delle ceneri,
austero e nello stesso tempo esaltante, infatti, nel riconoscere la propria
creaturalità, ci si apre allo sguardo d’Amore del Padre Misericordioso e ci si
ritrova, nel "segreto della propria stanza", figli nel Figlio.
Tempo della conversione. Essa consiste nell’incrociare il nostro sguardo con il
Suo: ci ama da sempre; e nel rimanere dentro quello sguardo attraverso una rete
di relazioni fraterne intessute e vissute con quanti incontriamo
quotidianamente, a cominciare dai più sfortunati e da quelli che fanno più
fatica nella vita.
Tre brani evangelici possono dischiuderci il senso del cammino quaresimale,
aiutarci a comprenderne la preziosità, indicarci percorsi per viverlo con
profitto.
1. Gesù viene a casa mia
Primo testo: l'episodio di Zaccheo, lo troviamo in Lc 19,1-10. Leggiamolo
insieme:
Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand'ecco un uomo, di
nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma
non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora
corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva
passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse:
"Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua". 6Scese in fretta
e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È entrato in casa
di un peccatore!". 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io
do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco
quattro volte tanto". 9Gesù gli rispose: "Oggi per questa casa è venuta la
salvezza, perché anch'egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell'uomo infatti è
venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".
Gesù entra e si ferma a casa mia. È questa la prima esperienza che la quaresima
ci offre.
Come Zaccheo, anche noi siamo raggiunti dalle parole di Gesù: "oggi devo
fermarmi a casa tua". La curiosità di Zaccheo fa accadere "l'impossibile", il
ricco che si salva; e nello stesso tempo svela la tenacia della Misericordia di
Dio che non esclude nessuno e va alla ricerca di ognuno.
Il desiderio che vive in ogni uomo è chiamato a compiersi nell'incrociare e
nell'accogliere il "dovere" che spinge Dio a dimorare e riposare nel cuore di
ognuno.
Il centro dell'episodio è il desiderio di vedere di Zaccheo e lo sguardo di Gesù
verso di lui.
Luoghi privilegiati per vedere Gesù ed essere visti da lui, sono la Parola di
Dio, il Prossimo, l'Eucaristia.
Ecco allora tre piste per lasciarsi abitare da Lui e entrare in quell'esperienza
di salvezza e di pienezza che fu di Zaccheo.
La lettura pregata della Parola di Dio trovi, in questo tempo di quaresima, uno
spazio costante nella nostra giornata.
L'accoglienza disponibile e servizievole del Prossimo caratterizzi le relazioni
interpersonali di ogni giorno.
Sia più frequente e consapevole la partecipazione alla Celebrazione Eucaristica.
La prassi del digiuno ci aiuti proprio in questa direzione, a privarci del cibo,
di cose, di televisione, di frivolezze, di noi stessi… per fare posto a Gesù che
deve venire a casa nostra.
2. Io entro in casa Sua.
Secondo testo, l'episodio del fariseo e del pubblicano Lc 18,9-14. Leggiamolo
insieme
"Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l'intima presunzione di
essere giusti e disprezzavano gli altri: 10"Due uomini salirono al tempio a
pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi,
pregava così tra sé: "O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini,
ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte
alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo". 13Il pubblicano
invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si
batteva il petto dicendo: "O Dio, abbi pietà di me peccatore". 14Io vi dico:
questi, a differenza dell'altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque
si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato".
"Salirono al tempio", casa del Padre, lo chiama Gesù. Luogo della intimità,
della relazione filiale, vissuta nell'Amore. Proprio nel vangelo di Giovanni,
Gesù stesso mette in relazione il tempio di pietra con se stesso, nuovo tempio
di Dio. (cfr. Gv 2,1ss)
La quaresima è tempo per intensificare e rinnovare la preghiera, intesa non
tanto come l'atto del pregare, ma come l'ambiente nel quale il cristiano vive.
La preghiera come casa di Gesù costituita dalla sua relazione col Padre. Anche
noi siamo invitati a salire al tempio, è cosa necessaria, vitale. Il pregare
allora è entrare in quella "casa", in quella relazione: "figli, nel Figlio". Va
evitato il rischio di salire senza entrare, di rimanere fuori. È quanto accade
al fariseo, perfetto nella sua posizione, nella scansione della preghiera,
nell'osservanza delle prescrizioni. Tuttavia resta fuori perché è pieno di sé,
delle sue opere, della sua giustizia che diventa giudizio di condanna nei
confronto degli altri. È questa la situazione di ciascuno di noi, essa ci
impedisce di vivere nella casa di Gesù e con Gesù nella intimità col Padre. La
parabola ci vuole avvisare che siamo tutti sufficientemente presuntuosi e ricchi
da escluderci dal Regno. Il pubblicano che, sentendosi lontano da Dio, non può
confidare in se stesso, si accusa e chiede il perdono entra nella relazione
filiale col Padre, abita Gesù perché si lascia abitare dalla sua misericordia. È
paradossale come ciò che non ha nemmeno la sembianza del pregare immette nella
preghiera vera. L'umiltà è l'unica qualità in grado di attirare l'Altissimo, fa
di me un vaso, che, svuotato dall'io, può essere riempito da Dio.
Il sacramento della Riconciliazione e del Perdono è il luogo privilegiato per
vivere questa esperienza di salvezza e da dove ripartire per una preghiera che
sia realmente tale, comunione continua col Padre che si invera in una prassi di
relazioni fraterne con tutti e ciascuno.
3. Il mistero del Figlio entra nella nostra vita e la nostra vita entra
nel Mistero del Figlio.
Terzo testo: La Pasqua come venuta del Figlio dell'Uomo (Lc 21, 25-27). Leggiamo
insieme:
Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di
popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, 26mentre gli uomini
moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le
potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. 27Allora vedranno il Figlio
dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Attraverso il cammino quaresimale non soltanto Gesù entra in casa mia ed io
entro in casa sua: tutto il mistero del Figlio dell’uomo vuole ri-prendere
pienamente possesso di me: è il dono che viene celebrato nella Veglia Pasquale,
cuore di tutto l’anno liturgico e della vita della Chiesa.
Nel suo contesto immediato il brano in oggetto sembra parlare della fine dei
tempi. In realtà, già da ora il mistero del Figlio dell’uomo entra, con tutte le
connotazioni storiche e cosmiche di questa parola, nella nostra vita: noi siamo
chiamati ad accoglierlo e a partecipare della sua divinità.
Paolo scrive: "la nostra vita infatti è nascosta con Cristo in Dio e quando
apparirà Cristo, la nostra vita, anche noi saremo manifestati con lui nella
gloria" (Col 3, 3s).
Siamo già contenuti e avvolti da questo mistero e nello stesso tempo in cammino
verso la sua piena manifestazione. Non andiamo verso la fine del mondo, ma verso
colui che viene e che è il fine stesso della creazione. Noi, suoi discepoli,
siamo chiamati a vivere liberi dalla paura di chi può uccidere il corpo, e a
seguire nella serenità e nella speranza il Signore.
Discepoli e Testimoni del Risorto, speranza del mondo.
Frutto del cammino quaresimale è una vita sempre più afferrata da Cristo,
appartenente a lui e per questo vissuta nella gratuità dell’amore fraterno che
rivela il volto del Padre di tutti. Una amore che non si ferma dinanzi alle
fragilità, ai rifiuti, ai fallimenti, all’ingratitudine e allo stesso peccato.
La Provvidenza ha voluto consegnarci un grande testimone e un compagno di
viaggio eccezionale per il cammino quaresimale di quest’anno: San Pietro
Celestino. Le sue reliquie, pellegrine nelle chiese dell’Abruzzo e del Molise,
faranno sosta, durante tutto il mese di marzo, nella Concattedrale di Larino. Un
grande dono per tutti noi. Nella sua vita e nelle scelte che l’hanno
caratterizzata, si è compiuto pienamente il percorso che la meditazione dei tre
brani evangelici ha dischiuso davanti a noi. Possano la sua testimonianze e la
sua intercessione convincerci a consegnarci liberamente e pienamente alla
Grazia.
17 febbraio 2010, mercoledì delle ceneri. † Gianfranco De Luca, vescovo