13/2/2010 ● Cultura
La San Valentino a Iqaluit, nel Nunavut
Il cuore umano obbedisce
ad una legge misteriosa: il bisogno d’amore. L’amore può essere scoperto e
provato ovunque; su un’isola sotto il sole tropicale, ma anche in un clima
rigido come quello dell’Isola di Baffin, nel Nunavut. È a Iqaluit, la capitale
del Nunavut, sull’isola di Baffin, che Kimberley Kwatylyshen, una consulente in
sport, si è innamorata di Franco Rizzi, un elettrecista specializzato nato e
cresciuto a Montreal, figlio di immigrati italiani originari di Sannicandro,
nelle Puglie.
Kim è nata a Dauphin nel Manitoba di madre irlandese e di padre ucraino. É una
bionda, alta, statuaria che si è laureata in Educazione Fisica all’università di
Brandon. Nel 2000 è stata assunta come direttrice generale dei Giochi Invernali
dell’Artico ed è andata ad abitare a Iqaluit. É in questi termini che Kim
ricorda come è stata colpita da Cupido. ‘Era una giornata glaciale di febbraio
del 2001. Ero andata a prendere il cibo che avevo ordinato e che un aereo avevo
portato dal sud dopo una tormenta di neve di cinque giorni. Portavo un giubbone
con un cappuccio che mi copriva a metà il viso mentre facevo la fila dentro il
negozio Arctic Ventures. Ad un certo punto un uomo che faceva anche lui la fila,
mi ha guardato e mi ha fatto un bel sorriso. Anch’io gli ho sorriso e quel
sorriso è stato la scintilla che ha appiccato il fuoco al nostro rapporto. Due
giorni dopo l’ho rivisto, mi ha salutato, ha cominciato a parlarmi e mi invitato
a bere un caffé insieme. Il nostro quarto appuntamento è stato il giorno della
San Valentino. Franco mi ha invitato a casa sua e ricordo benissimo il pranzo
che aveva preparato, bucatini al sugo con parmigiano. É un insieme di cose che
mi sono piaciute in lui: la sua apparenza fisica, certo, ma anche la sua cucina.
Ho scoperto un uomo che amava la vita famigliale, che credeva in valori che
condividevo, con il quale mi vedevo vivere insieme e formare una famiglia’. ‘ Il
sentimento è stato reciproco, spiega Franco. A Pasqua ho invitato Kim a Montreal
per farle conoscere i miei. Sono rimasto colpito dal fatto che lei e mia madre
hanno sùbito legato e sono andate d’accordo. Ci siamo sposati in una chiesa
cattolica a Dauphin nel Manitoba e abbiamo accolto gli invitati al matrimonio
sotto una tenda enorme. Abbiamo servito tanto buon cibo al ricevimento e ballato
con musica ucraina ed italiana. Kim è stata immediatamente conquistata dalla
gastronomia italiana e dopo qualche anno di pratica se la cava veramente
benissimo in cucina. É diventata brava come mia madre’. ‘Persino a Iqaluit, un
centro di 6,000 anime si può mangiare la pizza’ sottolinea Kim durante il nostro
incontro a casa sua a Laval’.
Dopo essersi sposati Kim e Franco hanno abitato per cinque anni a Iqaluit dove
sono nati sia Camilla che Anthony, di sette e di cinque anni. La signora Rizzi
ha immediatamente manifestato un profondo interesse per ogni aspetto
dell’italianità, dal cibo alla moda, dai gioielli ai mobili, ad una conoscenza
di base della lingua ‘ per poter comunicare con la parentela’. La verità è che
Kim ha adottato a braccia aperte la cultura italiana e lo ha fatto a tal punto
che è diventata più italiana di tanti ‘veri’ italiani, come ad alcuni suoi amici
intimi piace sottolineare. É la forza dell’amore e la scoperta della ricchezza
della cultura italiana che l’hanno spinta, a mio avviso, ad ‘italianizzarsi”.
L’isolamento della giovane coppia nel Nunavut l’ha spinta ad interagire con
vicini ed amici soprattutto inuit. Il cibo Inuit è molto diverso da quello
italiano. ‘Gli Inuit mangiano tanto pesce e carne di foca quasi cruda, spiega
Kim. Tuttavia quando abbiamo invitato i nostri amici a pranzo da noi, è piaciuta
loro anche la cucina italiana. Quello che mi ha sorpreso è il modo assolutamente
naturale in cui sia Camilla che Anthony hanno saputo unire le tradizioni inuit e
italiane. Per esempio a Camilla piace mangiare la carne ed il pesce quasi crudi,
proprio come fanno i suoi amici inuit. A lei, però, piacciono tanto anche la
pasta ed i gelati’. Kim smette di parlare e torna con il pensiero a quando
viveva con i suoi a Iqaluit. Poi continua, ‘ L’esperienza più bella vissuta
tutti insieme erano le scampagnate la domenica pomeriggio.Dopo aver cotto la
pasta Franco si mettava alla guida della motoslitta, mentre io ed i piccoli ci
sedevamo dentro un rimorchio di legno e ci coprivamo per ripararci dal freddo
con una coperta fatta con la pelle di caribù. Dopo un lungo percorso sulla neve
e sulla tundra, sceglievamo un posto dove ci fermavamo e mangiavamo all’aria
aperta circondati da una vista che mozzava il fiato.Una sensazione che si può
provare solo nel Nunavut. Bisognava prima però costruire un piccolo iglù dentro
il quale ai bambini piaceva mangiare’. Nel 2006 i Rizzi hanno traslocato da
Iqaluit nella zona metropolitana di Montreal. Al giorno d’oggi abitano in un bel
villino con una facciata di pietra grigia a Laval. Un Inuksuk, una figura umana
stilizzata fatta di pietre come soliti costruire gli Inuit, si trova nel
giardino antistante alla loro casa e la distingue dalle altre. É un segno
tangibile della dimensione inuit della complessa identità della famiglia Rizzi.
Kim lavora ora come direttrice della Canadian Deaf Sports Association. Camilla
ed Anthony frequentano durante la settimana una scuola di lingua francese ed il
sabato mattina vanno a scuola d’italiano. Franco continua a lavorare come
elettrecista specializzato nel Nunavut per la Nasittuq Corporation, una ditta
appaltatrice della Difesa Nazionale che negli anni ’80 è subentrata nella
manutenzione delle più recenti componenti delle basi di protezione militare
ubicate sull’isola di Baffin, una delle cinque zone dislocate dall’isola di
Baffin fino all’Alaska. ‘ Ogni mattina arrivo in elicottero alla base, dice
Franco, e la sera torno sempre in elicottero a Iqaluit. Dopo aver lavorato per
sei settimane nel Nunavut, torno in aereo a Montreal. Faccio la spola nord-sud
continuamente, ma ormai ci ho fatto il callo.Trascorro sei mesi nel Nunavut ed
il resto del tempo con la famiglia. Il Nunavut e la realtà inuit sono ormai
parte integrante di me e di tutta la mia famiglia’. ‘ É proprio vero, conferma
Kim. Anthony aveva poco più di un anno quando lo abbiamo fatto battezzare a
Montreal nella parrocchia Madonna della Difesa.Era la prima volta che viaggiava
al di fuori dell’artico. Nell’entrare in chiesa, rimasto colpito dalle
dimensioni della volta, ha gridato - iglù, Iglù- . La chiesa era sinonimo per
lui di un grande iglù’. Durante il mio incontro con i Rizzi, mi ha colpito che
sia Camilla che Anthony capivano e mi rispondevano in italiano.Quando ho chiesto
a Camilla di definirsi, ha coniato un neologismo. – Sono una Italo/nunavumutiana,
ossia una italo/inuit.Un tipo di persona veramente raro che si può trovare solo
in Canada. Camilla dà un significato concreto a questa definizione nel
salutarmi. Mi si avvicina e mi dà un kunii, un bacio alla inuit. Aspira e mi
tocca lo zigomo con la punta del naso. Mi dice –ciao- e corre ad inseguire suo
fratello che chiama Tuni-Tuni, come facevano i bambini a Iqaluit.
[L'articolo del prof. Filippo Salvatore sarà pubblicato sulla rivista "Panoramitalia"
di Marzo 2010, nella versione in lingua francese]