20/1/2010 ● Cultura
Politica divorziata dalla Cultura?
“La politica italiana
si genuflette la domenica davanti alle icone della cultura, ma si guarda bene
dall’impegnare se stessa e le risorse per qualcosa che, ai suoi occhi,
elettoralmente non significa granchè, non influenza i grandi numeri come
facevano il sindacato e i partiti organizzati. La cultura, insomma, agli occhi
del potere è meritevole di salamelecchi a non finire. Ma, tutto sommato, è
ritenuta marginale” (così Giuliano Amato, presidente dell’Enciclopedia
italiana).
Per fortuna in altri Paesi del globo terraqueo si ritiene convintamente che la
cultura sia un veicolo di occasioni formative (vedasi sostegno alla ricerca) e
viene vista non soltanto come valore in sé ma come grande forza attrattiva
capace di generare indotti positivi.
Fatta questa premessa e volendo considerare la particolare situazione del Molise
c’è da dire che è la terra delle piccole comunità. Tale fatto non costituisce di
per sé un handicap. E tuttavia al di là delle dimensioni delle singole realtà
economiche c’è un problema di incapacità di collaborare insieme, di fare
sistema. Cui si aggiunge quello del ricambio generazionale, che manca.
Auspicando quindi una buona dose di autocritica da parte delle attuali classi
dirigenti e sperando in una rinnovata volontà dei molisani di credere nel
futuro, cioè nel miglioramento della condizione di vita per i figli e i nipoti,
è legittimo chiedersi: in quali settori sarà possibile prevedere ragionevoli
potenzialità di sviluppo? Direi: Economia verde, tecnologia, turismo, cultura
(puntando ad una sorta di rivoluzione dei saperi capace di formare
professionalità nuove innovando l’istruzione superiore).
In questo quadro d’assieme non può mancare Guglionesi, nel cui territorio
occorrerebbe, a mio avviso, costruire dei processi di riqualificazione urbana
intorno a interventi culturali-pilota atti a generare indotti positivi. Un
esempio tipico di cosa si intenda per “riverberazione di indotti positivi”
consiste nell’interconnessione tra un Istituto culturale (capace di offrire una
didattica di eccellenza) e tessuto urbano che lo ospita. Personalmente, come già
accennato più volte, mi riferisco al ‘modello Fiesole’ e, come tutti i modelli,
può solo servire da guida. E’ un’ipotesi per rilanciare la nostra cittadina,
anche in chiave di ‘competition’ esterna. Si provi a valutarla.
Certo, a Fiesole c’è l’Università di Harvard e la casa madre statunitense ha,
per esempio, attivato un nuovo master per “leader dell’educazione” capaci non
solo di essere buoni insegnanti, ma di gestire una scuola come un manager attivo
nel campo della raccolta fondi, nell’organizzazione di eventi e nel marketing e
capace altresì di motivare docenti e studenti attivando nuovi metodi didattici.
I master “sono corsi di studio che vengono dal basso” sottolinea Gianluca
Fiorentini, il prorettore dell’Università di Bologna. “Sono i singoli
professori o i dipartimenti che si accorgono di un buco da coprire,
un’innovazione tecnologica che non può non essere insegnata. E si rivolgono agli
organi centrali per l’approvazione della loro idea …e di calcolare la risposta
degli studenti e di verificarne la solidità scientifica. A quel punto, il master
inizierà a camminare sulle sue gambe, sorretto solo dai finanziamenti degli
studenti”. In una congiuntura economica difficile, l’istruzione qualificata
si ritiene essere la risorsa vincente. Nella nostra realtà territoriale, senza
bisogno di arrivare alle superfacoltà della Università di Harvard, anche un
ateneo come l’Università del Molise è in grado di organizzare nuovi master per
giovani laureati e di incoraggiare le vocazioni più propriamente “sociali” (ad
esempio: Master in scienze ambientali). In argomento, ho già avuto modo di
segnalare in altro articolo quanto affermato dal Rettore, prof. Cannata,
nell’ambito delle proposte per un nuovo mandato rettorale: “Chi ha
progettualità, può proporli e sarà ascoltato (…)”. (Mi permetto di
aggiungere: il Comune metta a disposizione una struttura adeguata e stipuli una
convenzione e/o un protocollo d’intesa con l’Università, in presenza di un
progetto ‘cucito su misura’ per Guglionesi). Se non piacerà l’ipotesi, la si
porrà nell’affollato archivio dei buoni propositi.
In buona sostanza, all’interno del grande mondo della cultura possiamo prendere
altresì ad esempio il teatro e connesso laboratorio teatrale, la prosa, la
danza, i concerti, l’opera lirica, le orchestre e bande musicali giovanili.
Tuttavia, è necessario sottolineare come, in generale, dette attività-vocazioni
divengano interventi culturali pilota capaci di generare indotti positivi solo
se riescono a far radicare nei nostri Comuni le grandi personalità in grado di
“fare scuola” e quindi di far crescere l’offerta culturale di un determinato
territorio e, con esso, la comunità.